di Alessandro Luzi
Bottiglie di spumante, brindisi, abbracci, festeggiamenti si contrappongono ai silenzi ed i toni sommessi degli sconfitti. Accade al termine di ogni tornata elettorale ed ovviamente così è stato anche ieri. Ma, al netto delle sensazioni dei candidati, è doveroso prendere atto dell’elevata percentuale di astensionismo, segno di una disaffezione alla politica sempre più diffusa. Porto San Giorgio e Sant’Elpidio a Mare (dove addirittura i non votanti sfiorano la soglia del 47%) non sono dei casi isolati, infatti l’affluenza alle urne rispetto alle ultime amministrative del 2017 è scesa anche nel maceratese e nell’anconetano. A registrare il dato peggiore è Civitanova Marche con una partecipazione che si attesta attorno al 51% degli aventi diritto al voto.
Dice bene allora Vesprini quando lunedì, ai microfoni di Radio FM1, ha affermato di voler ripartire dalla partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica. Ormai la distanza tra i cittadini e la classe politica è evidente e tale fenomeno è ancora più allarmante in quanto investe tutti i livelli di amministrazione. Anzi, a risentire maggiormente di questo trend sono proprio le elezioni volte a rinnovare i Consigli Comunali, ovvero dove le istituzioni sono più vicine al cittadino. Ciò dovrebbe motivare a recarsi alle urne per scegliere il sindaco del proprio Comune ed i rispettivi consiglieri, invece non è così.
Da dove ripartire allora per ricostruire quella coscienza collettiva perduta e fermare questo costante declino? La ricetta non è certo semplice ma è opportuno definire dei percorsi da intraprendere. Già prendere atto di questo tracollo della classe politica in toto sarebbe un buon segnale ma dai recenti comunicati stampa dei rispettivi partiti e dai commenti dei candidati apparsi ieri sui social, l’astensionismo sembra ancora non interessare. Intanto, parafrasando Julio Velasco, da un lato i vincitori festeggiano e dall’altro gli sconfitti “spiegano”, ringraziano e stimolano riflessioni sul risultato.
Oltre a Vesprini, a sbilanciarsi sulla questione su invito del direttore Giorgio Fedeli, sono stati gli ospiti della maratona elettorale andata in onda lunedì pomeriggio su Radio Fm1, Paolo Calcinaro, Marco Marinangeli, Alan Petrini, Fabrizio Cesetti, Luca Piermartiri, Alessandro Del Monte e Michele Ortenzi. Hanno evidenziato alcuni fattori che possono aver contribuito ad incrementare l’astensionismo come, per esempio, le elezioni eccessivamente al ridosso della stagione estiva, i toni sommessi delle campagne elettorali, la perdita dei valori fondanti di una determinata parte politica. Nel calderone aggiungiamo anche i residenti che dimorano altrove per motivi lavorativi e le seconde case abitate soltanto nel periodo estivo. Ma, obiettivamente, sembrano elementi di contorno.
Invece uno dei punti cruciali del problema è posto in risalto dal sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro: «Il consenso va recuperato stando tra la gente. Non è facile ma va cambiato l’atteggiamento di governare rimanendo rinchiusi nelle proprie stanze». Infatti storicamente la partecipazione alla vita collettiva è sempre stata favorita dai dibattiti pubblici nelle piazze, dalle riunioni, dalle attività promosse dai centri sociali e dalla parrocchia di quartiere. Erano gli incontri pubblici stimolare e suscitare nelle persone quel sentimento di appartenenza ad una comunità. Invece negli ultimi anni la politica si è arroccata sempre di più nelle sedi governative, dimenticandosi troppo spesso dei cittadini. Per non parlare dei giochi di ruolo prettamente partitici, dell’assegnazione delle cariche amministrative e delle strategie tra coalizioni. Tali dinamiche risultano astruse e spesso destano una certa amarezza negli elettori. Infine, a contribuire alla sfiducia generale ci sono le promesse “creative” espresse durante le campagne elettorali, gli slogan vuoti e ridondanti, i santini elettorali con i volti palesemente alterati, la serie di stoccate personali. Insomma, tutto ciò viene percepito dal sentire comune più come uno show fittizio. Questo modo di fare avvicina la politica al marketing, quando in realtà sono due sfere ben distinte: l’una mira al bene comune, l’altro a quello individuale; l’una fornisce prospettive alla società, l’altro cerca il consenso immediato.
La panacea all’astensionismo non c’è ma per provare ad invertire il trend, probabilmente è necessario intraprendere una politica “a misura d’uomo”, ovvero più premurosa alle esigenze e le istanze del cittadino, troppo spesso posto ai margini o ritenuto inadeguato a comprendere alcune dinamiche. Per recuperare la fiducia non basta rivolgersi alla platea durante i due mesi di campagna elettorale ma essere presente tra loro quotidianamente, sia fisicamente che attraverso la cura degli spazi e dell’arredamento urbano. La politica, oggi più che mai, ha anche il compito di costruire degli orizzonti futuri.
Se Gaber cantava “La libertà è partecipazione”, allora attualmente siamo un po’ meno liberi in quanto poco partecipativi. Tuttavia le colpe non sono della collettività stessa ma della classe politica, l’unica in grado di arginare questo fenomeno.
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