Un Fermano sempre più solo, ‘povero’, non rappresentato e caratterizzato da guerre intestine e fuochi ‘amici’. E’ questo il dato che, al netto dell’esito delle urne delle politiche 2022, dovrebbe far riflettere, più di ogni altro, per un rilancio del nostro territorio, a partire dal peso specifico e dall’incidenza che la nostra provincia ha su scala regionale e nazionale.
Partiamo da qualche dato, e lo facciamo dalle due province limitrofe, quelle che spesso vengono prese come termine di paragone, senza voler ‘scomodare’ anconetani o pesaresi troppo spesso visti come abissalmente distinti e distanti (quell’etichetta di ‘Marche sporche’ fa inorridire).
Ebbene se proprio vogliamo andare alla conta, l’Ascolano fa il carico di parlamentari: sei ‘in house’ e un settimo da fuori regione. Sì perché hanno origini ascolane Giorgia Latini (uninominale per la Lega) che si è affermata a Macerata, il neo senatore Guido Castelli (ascolano, proporzionale Fratelli d’Italia per le Marche), Giorgio Fede (sambenedettese, uninominale M5S) che si assicura il posto di deputato della Repubblica. Confermata anche Lucia Albano (sambenedettese, proporzionale Fratelli d’Italia) eletta alla Camera. Roberto Cataldi (ascolano, uninominale M5S) si aggiudica uno scranno al Senato, dopo la precedente esperienza alla Camera. Eletto anche Augusto Curti (di Force, proporzionale Partito Democratico) alla Camera. A questi si aggiunga Rachele Silvestri (proporzionale Fratelli d’Italia) confermata deputato, da candidata nel collegio L’Aquila Teramo, nel vicino Abruzzo.
Passiamo ai maceratesi. Non certo un’escalation come quella ascolana ma la provincia a nord del Fermano può comunque contare sulle elette Irene Manzi e Elena Leonardi. La prima era candidata capolista nel collegio proporzionale alla Camera e ora si appresta ad entrare a Montecitorio. La seconda era candidata era candidata al collegio uninominale al Senato. E ora prepara la valigia per Palazzo Madama. Nel voler pesare la provincia a nord del Fermano impossibile, poi, non tenere in considerazione l’amministrazione regionale a forte trazione maceratese. Basti dire che il governatore Francesco Acquaroli e l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini arrivano proprio da quelle terre.
E poi c’è il Fermano, vera cenerentola delle Marche, da oggi anche sul fronte parlamentare. Con l’esclusione dal Senato di Mauro Lucentini (Lega), e una partita impossibile giocata, comunque con impegno e dedizione da Meri Marziali (per il centrosinistra) all’uninominale sconfitta da Francesco Battistoni, la nostra provincia resta a bocca asciutta. Nessuno scranno né alla Camera né al Senato, se si esclude quello riconquistato dal senatore Pd Francesco Verducci che, a detta del segretario provinciale dem, Luca Piermartiri, continuerà a rappresentare il Fermano a Roma ma che istituzionalmente rappresenta la terra che lo ha fatto eleggere, ossia il Piemonte.
Un quadro avvilente quello che da anni si va delineando per una provincia, la nostra, che certamente si contraddistingue, e non solo sul fronte politico o amministrativo (basti considerare che quando un gruppo di sindaci inizia timidamente a far quadrato su qualcosa, vedasi infrastrutture, seppur con i sempre distinguo e desiderata di campanile, diventa notizia), da una litigiosità fatta di faide, guerre intestine, fuochi incrociati a cavallo tra un civismo intriso di partitismo e i partiti stessi in cerca di riscatto, che certo non contribuiscono a riaccreditarla su scala ultra provinciale, anche quando le segreterie di partito devono assegnare i collegi blindati. E ora non resta che sperare, nell’ottica di un riequilibrio territoriale, in un assessorato regionale che il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro vorrebbe anche di peso. Ma troppe volte il Fermano è stato chiamato a subìre, ad essere tagliato fuori, ad essere ignorato. Che sia stata, la partita delle politiche 2022, l’ultima occasione mancata? Auspicabile anche se difficile da immaginare un repentino cambio di rotta, almeno se prima non si inizia a parlare ad una sola voce senza troppi cerchiobottismi, o addirittura trincerandosi dietro silenzi che da diplomatici diventano inevitabilmente autolesionistici.
Giorgio Fedeli
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