di Alessandro Luzi
Il 27 ottobre del 1962 l’Italia perdeva uno dei suoi uomini più lungimiranti e innovativi del secondo dopoguerra, ovvero Enrico Mattei. Originario di Acqualagna, la sua figura ha scalfito in modo indelebile la ricostruzione post bellica. La sua aspirazione consisteva nel rendere il nostro Paese indipendente dal punto di vista energetico e contrastare il monopolio delle Sette sorelle: le principali compagnie petrolifere multinazionali (Exxon, Mobil, Texaco, Standard Oil of California (Socal), Gulf Oil, Royal Dutch Shell e British Petroleum). Come? Introducendo la ‘formula Mattei’: pagare la stessa cifra per i diritti e in più coinvolgere il Paese produttore al 50% nella produzione e nello sviluppo delle proprie risorse; inoltre lasciare loro il 75% degli utili. Insomma, un rapporto commerciale ‘umano’ in grado di garantire possibilità di sviluppo anche agli Stati produttori. Purtroppo però, per via di un probabile attentato, il suo sogno precipitò insieme a quell’aereo che 60 anni fa, in una notte piovosa, planò nel fango delle campagne di Bascapè, nel Pavese, per via di una esplosione avvenuta in volo. Un tragico episodio di cui ancora non sono emersi i responsabili, così come tanti altri del resto. Su quell’aereo viaggiavano anche il pilota Irnerio Bertuzzi e il giornalista William McHale.
Nonostante il suo ruolo di presidente dell’Eni, colosso petrolifero italiano, ha sempre mantenuto e coltivato i rapporti con la nostra regione. Anche il suo staff era formato da marchigiani, tra cui ricordiamo Raffaele Girotti, ingegnere di Falconara. Secondo la testimonianza di Carlo Labbrozzi, ex dipendente Eni e presidente dell’associazione Ex Allievi del Montani, i suoi legami hanno raggiunto anche il Fermano. In particolare era in sintonia con Bruno Zacchilli, dirigente dell’Iti Montani fino al 1972. Nonostante quest’ultimo provenisse da Fabriano, i due si conoscevano molto bene in quanto Mattei aveva trascorso diversi anni a Matelica, dove la famiglia si era trasferita nel 1919. La fama dell’Istituto aveva travalicato i confini regionali e si era diffusa in tutto il territorio nazionale. Dato il prestigio acquisito per via dell’eccellente preparazione tecnica e professionale impartita agli allievi, il presidente dell’Eni attingeva mano d’opera proprio dal Montani: una scuola moderna, proprio come Mattei.
Il plesso era diventato una vera e propria fucina di periti avviati alla carriera professionale nell’azienda. «Sono stati tantissimi i tecnici che sono andati a lavorare lì – afferma Labbrozzi -. Addirittura i migliori venivano assunti prima di conseguire il diploma scolastico. Questo avveniva soprattutto nei periodi di forte bisogno di mano d’opera e in quegli anni questa situazione certamente non era rara. L’ufficio personale dell’Eni selezionava accuratamente i profili migliori, dopodiché venivano assunti e subito impiegati nei cantieri. Erano richiesti gli allievi di tutti gli indirizzi scolastici, in particolare di chimica, meccanica, elettrotecnica e radiotecnica. Poi venivano collocati a seconda delle esigenze».
Insomma, gli ambiti della scuola e del lavoro viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda e le interconnessioni erano decisamente efficienti: gli Istituti formavano adeguatamente i giovani; le aziende li assumevano. Certo, erano altri tempi. Però andrebbero attuate delle riforme strutturali per rinnovare il coordinamento tra la sfera scolastica e quella del lavoro, attualmente troppo distanti. Del resto la memoria va mantenuta in vita attraverso il presente, altrimenti rischierebbe di diventare un semplice ricordo. Da questo 60esimo anniversario della morte di un uomo lungimirante come Enrico Mattei si potrebbe trarre proprio una riflessione legata al lavoro, in particolare al contrasto della “fuga dei cervelli” attraverso una riorganizzazione della scuola, un potenziamento della ricerca scientifica e delle riforme “moderne” per favorire nuove assunzioni. Difatti Mattei ambiva anche a emancipare il sud d’Italia connettendolo al nord Africa. Questo processo di conseguenza creava nuovi posti di lavoro. Inoltre, dato lo scenario attuale, il suo piano di indipendenza energetica potrebbe essere rispolverato e adeguato alle esigenze odierne.
«Ho lavorato per circa 30 anni all’Eni e posso testimoniare che era una grande azienda, stracolma di passione e ricca di talenti – conclude Labborzzi -. Ancora si respirava lo spirito di Mattei e grazie alla sua figura è ancora oggi tra le maggiori compagnie petrolifere del mondo».
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