di Giorgio Fedeli (foto Simone Corazza)
Colpo di scena questa mattina all’interrogatorio, o meglio nel pre-interrogatorio, di Manjit Singh, il 56enne accusato di aver ucciso il 29enne Satwant Singh, 29enne di origini indiane che ha perso la vita dopo una furibonda lite, la notte del 17 ottobre scorso in un appartamento di via Turati, a Bivio Cascinare.
E proprio lì, una volta che le sue condizioni sono migliorate, i carabinieri gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare che di fatto si è concretizzata con il trasferimento del 56enne al carcere di Montacuto. Da lì questa mattina è arrivato al tribunale di Fermo, assistito dall’avvocato Alessandro Ciarrocchi, per essere interrogato dal gip. Il 56enne è arrivato in tribunale intorno alle 12 in ambulanza, scortato dalla Polizia penitenziaria.
Ma poco prima dell’interrogatorio, lo stesso Manjit, indagato per omicidio e sottoposto a misura cautelare in carcere, ha manifestato dolori tali da impedirgli, ha riferito a Ciarrocchi, di parlare. E così ha chiesto, e ottenuto, una proroga dell’interrogatorio. In altre parole il giudice per le indagini preliminari ha posticipato all’11 novembre la data in cui Manjit verrà ascoltato. Il gip vuole, comunque, anche un parere medico dal carcere per accertare che il 56enne non sia realmente in grado di parlare.
Comunque, poco prima di sottoporsi all’interrogatorio, poi rinviato, ha parlato con il suo difensore, l’avvocato Ciarrocchi: «Contesta la versione secondo cui si sia inferto volontariamente una coltellata. Mi ha detto, con un filo di voce, che è stato aggredito e si è solo difeso – racconta l’avvocato Ciarrocchi – il mio assistito, Manjit Singh, arrivato in tribunale su una carrozzina, questa mattina ha manifestato difficoltà fisiche, non riusciva a parlare. Pochi giorni fa era in prognosi riservata. Contesta comunque l’accusa di omicidio. Sostiene di essere stato aggredito e di essersi difeso». Bocca cucita su chi abbia, quindi, potuto sferrare la coltellata letale a Satwant Singh.
«Nella vicenda – aggiunge Ciarrocchi – ci sono dei contorni da chiarire. C’è un solo coltello. E la coltellata è stata sferrata nella stanza dove si trovava il mio assistito, in camera da letto. Satwant Singh, invece, era in un’altra stanza. L’accusa sostiene che sia stato lui a sferrare la coltellata al 29enne e che Manjit si sia autoinferto un fendente. Questo viene contestato dal 56enne. E’ riuscito solo a pronunciare poche parole, rischiava di soffocare».
Ma ci sono comunque delle testimonianze raccolte dai carabinieri e acquisite agli atti dalla magistratura: «Anche in questo caso c’è da fare chiarezza. Ci sono elementi di discordanza – rimarca l’avvocato Ciarrocchi – una è stata ritenuta più credibile, in quanto più dettagliata, dall’accusa. L’altra è più fumosa soprattutto sulla ricostruzione cronologica. A molto servirà comunque conoscere l’esito dell’autopsia sul corpo del 29enne» che di fatto ha confermato la morte per accoltellamento e sul corpo di Satwant Singh non sono stati rinvenuti segni che possano indurre a pensare a una colluttazione. «Però potrà aiutare a capire come è stata inferta la coltellata. Il mio assistito è incensurato, è in Italia da 10 anni, un bracciante agricolo. Vogliamo approfondire ogni aspetto della tragica vicenda».
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