di Leonardo Nevischi
Che qualcosa all’interno del Laboratorio Civico stesse scricchiolando lo si era già avvertito nelle ultime uscite pubbliche, ma adesso, ufficialmente, “alea iacta est” (il dado è tratto). Il capogruppo Alessandro Felicioni, infatti, si è dimesso dal consiglio comunale di Porto Sant’Elpidio. Un fatto che negli ultimi cinque anni si era già verificato un paio di volte, ma questa sembra essere quella definitiva.
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Alla base di tale scelta c’è il «non riconoscersi più in alcune dinamiche e prese di posizione che sembrano guidate da una logica volta al risultato finale e la difficoltà a comprendere alcuni diktat legati a un nome o a un percorso non negoziabili». Proprio per questo, dicevamo, i segnali di uno scollamento tra le anime civiche del Laboratorio erano piuttosto evidenti. Perché riavvolgendo il nastro, a luglio, uno scatto di Pierpaolo Lattanzi immortalava civici e centrodestra uniti, sorridenti e apparentemente pronti a fare fronte comune per sconfiggere alla tornata elettorale della prossima primavera quel Partito Democratico che per oltre 50 anni ha lasciato solo le briciole agli avversari. Il tutto condito da una didascalia che più chiara non si poteva: «Non succede, ma se succede…». Poi, a fine ottobre, il dietrofront del Laboratorio Civico: «Siamo pronti a correre anche da soli» e porte semi-chiuse al centrodestra. E da qui il diverbio tra Felicioni, il capogruppo di Fratelli d’Italia Giorgio Marcotulli ed il consigliere regionale Andrea Putzu. Ora, alla luce degli ultimi fatti, è facile ipotizzare che non tutti i civici fossero d’accordo con il loro capogruppo e, forse, qualcuno aveva caldeggiato l’ipotesi di un’unica coalizione sulla falsa riga di quanto successo a Porto San Giorgio con l’elezione a sindaco di Valerio Vesprini.
Una guerra intestina che inevitabilmente ha cambiato gli scenari. Fino ad oggi era mancata la coesione, ma a questo punto l’uscita di scena di Felicioni potrebbe compattare civici e centrodestra, facendo tremare una coalizione di centrosinistra ancora silente e spettatrice. Tutte ipotesi che solo il tempo potrà confutare, ma ciò che è certo è che il Laboratorio Civico non è morto con l’abdicazione di Felicioni. «Siamo vivi. Quello che abbiamo scritto il 31 ottobre lo abbiamo condiviso tutti insieme, noi e l’ex consigliere Alessandro Felicioni, e confermiamo di essere pronti al confronto» ha detto Pierpaolo Lattanzi, che in quanto secondo più votato del Laboratorio Civico alle elezioni del 2018 dovrebbe entrare in consiglio comunale raccogliendo il testimone di Felicioni.
Per questo motivo, è stato lui a farsi portavoce delle intenzioni del direttivo civico composto da Gian Vittorio Battilà, Paolo Tofoni, Marco Romagnoli, Monica Genovese e Angelo Murgese, non disdegnando di lanciare qualche frecciatina all’ex capogruppo Felicioni. «Questo è ciò che resta del Laboratorio Civico, o forse tutto quello che conta – ha detto -. Negli ultimi due giorni sono state fatte tante chiacchiere e sono state dette e scritte tante falsità. Si può legittimamente cambiare idea ma le motivazioni che si forniscono devono essere oneste. Abbiamo percepito meschinità e l’intenzione di sottendere ad altri percorsi. La nostra serietà e la nostra linearità di comportamento è rimasta invariata: eravamo e siamo un contenitore di idee e siamo a disposizione di chiunque vorrà supportarci con la propria candidatura per gestire questa città».
«Abbiamo già un programma di 260 slides pronto per essere presentato – ha concluso Lattanzi -. Aspettiamo di capire chi vorrà essere con noi».
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