di Andrea Braconi
Lucio Matricardi è vita. In tutte le sue accezioni. Storie di strada, di amori, di soprusi, di sogni. Storie che meritano di essere raccontate, tra note ed andature ritmiche. E “Non torno a casa da tre giorni” è la loro casa perfetta, lo spazio sonoro dove tutto si plasma. Un album in studio – il secondo per lui e la sua funambolica band – che manifesta una visione ancora più capiente, dove stili per certi versi distanti si stringono dentro arrangiamenti che non conoscono indifferenza. E così il pubblico accorso al Teatro comunale di Porto San Giorgio ha potuto respirarne ogni singolo dettaglio, ogni sfumatura riverberato in poco meno di 2 ore.
“È stupendo suonare qui, dove il progetto è nato e dove ci troviamo per provare – ha esordito Matricardi – dove ogni giorno ci incontriamo con tanti di voi”.
Immancabile il ringraziamento all’Amministrazione comunale e all’assessore Carlotta Lanciotti, così come ai quei compagni di viaggio che da “Sogno protetto” condividono con lui brindisi, sghignazzate, discussioni e manipolazioni da palcoscenico. Tony Felicioli (fiati), Gionni Di Clemente (chitarre), Fulvio Renzi (violino), David Cintio (flauto traverso), Michele Lelli (batteria), Alberto Ricci (basso) e Manuel Coccia (tastiere): sette talentuosi avventurieri, che “vogliono perdersi per ritrovarsi”. “È una grandissima esperienza condividere la musica insieme a loro” ha aggiunto il cantautore sangiorgese, che come per l’anteprima all’Alaleona di Montegiorgio ha voluto con sé anche il monologhista Ezio Testa, assemblatore di parole cadenzate da una travolgente ironia, capace anche di silenziare le coscienze con richiami a quell’Italia delle stragi mafiose che ancora conserva ferite e dolore.
La scaletta di Matricardi, invece, si poggia sul richiamo alle moltitudini che affollano città e abitazioni.
“Mozambico”, l’eterno frastuono dell’umanità quando si incontra una persona e se ne percepisce il viaggio che ha fatto, ciò che realmente porta dentro; un brano scelto dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli per il teaser di lancio della quattordicesima edizione, montato da Antonio Manco con spezzoni dei 40 film in concorso (“Siamo orgogliosi di questo riconoscimento da parte di una manifestazione che tocca in maniera profonda temi ai quali siamo profondamente legati” ha voluto sottolineare a margine della serata).
E poi “Hanno ammazzato Lino”, quella parte buona di noi che rischia di morire di giorno, per poi rinascere.
“La manna dal cielo”, una canzone dove gli artisti hanno messo tantissima energia ed altrettanta vita, un brano che parla di caporalato nei campi agricoli, di un mondo sommerso “di cui sappiamo veramente poco”.
La “Notte messicana” che trascina mani e corpi.
“Non c’è tempo” che tutto stringe.
“La gabbia del canarino” dedicata al papà scomparso e quel leviatano che non smette mai di inseguire, tra un appunto e l’altro.
Infine, la dedica alla sua compagna Michela che sopporta le sue follie clandestine. “I girasoli è una canzone di due persone che si lasciano – ha spiegato tra l’ilarità del pubblico -, ma in realtà parla delle cose belle che rimangono. Perché nella vita rischiamo e ne traiamo sempre qualcosa”.
Una serata di pura magia, segnata dall’iniziale “mangiata colossale” offerta ai musicisti dalla mamma di Matricardi (“Stiamo boccheggiando sul palco cercando di ricordarci testi e note” ha tuonato più volte) e chiusa tra le lacrime di chi ha scelto di esserci.
(si ringrazia Simone Paglialunga per l’utilizzo delle foto)
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