di Francesco Silla
Ospite ai microfoni di Radio Fm1, intervistata da Alessandro Luzi, la dottoressa Cecilia Di Ruscio, medico e specializzanda in anestesia, ha regalato uno sguardo sulla quotidianità afghana, tra lo shock della guerra, un quadro sociale disastroso, una sanità arretrata, ma con tanta umanità.
«Partire e fare un’esperienza di questo tipo è stato un desiderio che portavo dentro da molto tempo – ha spiegato Cecilia Di Ruscio – sia per la curiosità per tutto ciò che è lontano sia per il peso di avere il privilegio di vivere in questo lato del mondo, decisamente più agiato. Ciò mi porta a lavorare per chi non ha quei diritti e privilegi. Io sono partita con Emergency. Mi piace sempre ricordare la frase di Gino Strada: “I diritti si chiamano diritti se sono di tutti, altrimenti sono privilegi”. Per questo sono convinta che quest’ultimi vadano condivisi e diffusi nelle zone più in difficoltà sotto questo punto di vista. Ciò mi ha spinta a partire con Emergency».
Poi l’approfondimento sul viaggio in Afghanistan: «Sono stata a Kabul e nella valle del Panshir per un periodo di cinque mesi e venti giorni. Praticamente non potevamo muoverci nella città. L’ospedale di cui Emergency si occupa è un ospedale per vittime di guerra. Tutti i giorni quindi avevamo a che fare con ferite da arma da fuoco e ferite da armi bianche. L’ospedale è prettamente chirurgico con tre sale operatorie e una sala rianimazione che, in un paese come l’Afghanistan, sono veramente tanto. È una grande risorsa. Io mi occupavo, insieme agli altri anestesisti della gestione delle sale operatorie. Nel caso di urgenze ospedaliere, venivamo coinvolti anche nella gestione dei reparti».
«Quello che ho vissuto in Afghanistan è un approccio alla medicina diverso, molto più umano – ha continuato la dottoressa Di Ruscio – c’è un’attenzione diversa al prossimo, che poi è quello che uno si porta dietro dall’esperienza. L’altro ospedale che invece Emergency ha nel Panshir, dove ho passato la seconda parte del mio periodo in Afghanistan, è un ospedale che offre interventi di chirurgia elettiva. C’è anche una parte dedicata alla ginecologia: un punto di riferimento per quel territorio, insieme al reparto pediatrico. Emergency non si occupa quindi solo di tutto quello che riguarda le emergenze ma offre anche un’assistenza di base e di primo soccorso. Inoltre cerca di portare un’assistenza sanitaria equa e valida in tutto il paese, questo è fondamentale».
«La maggiore difficoltà che ho incontrato è rendersi conto che non puoi fare di più. I pazienti spesso arrivano in ospedale in situazioni critiche dopo ore e ore di viaggio e, a volte, gli sforzi sembrano non essere abbastanza. Avere vicino delle persone che stanno vivendo il tuo stesso shock e le tue stesse esperienze è uno dei modi per trovare la forza di andare avanti. All’inizio ti ritrovi con delle persone sconosciute. Questo spaventa, ma ognuno di noi era spinto dalla stessa voglia di aiutare, quindi si è creato un gruppo con un obiettivo comune».
Di Ruscio si è soffermata poi sui macchinari utilizzati: «Emergency offre un’assistenza di primo livello, offrendo quasi tutto quello che è possibile. I farmaci spesso sono difficili da reperire. Molti provengono dall’Italia, altri dall’India. Quello che sai quando ti appresti ad affrontare un’esperienza del genere, è che devi sempre stare attento all’utilizzo delle risorse e al dosaggio perché sono veramente esigue».
La dottoressa volontaria ha concluso ricordando qualche episodio che l’ha particolarmente colpita: «Porto un ricordo meraviglioso di tutto il popolo afghano con cui ho avuto ottimi rapporti di lavoro. Gli Afghani sono molto premurosi e umani. Hanno dei modi e delle attenzioni verso l’altro che da noi forse si sono persi. È un’esperienza che consiglio di intraprendere perché offre la possibilità di fare veramente tanto e di sentirti partecipi di qualcosa di bello. Per esempio, oltre all’attività clinica eravamo impegnati anche in quella didattica perché da vari anni, ormai, Emergency è riconosciuta come scuola di specializzazione per la chirurgia, ginecologia e pediatria e, da un anno circa, anche per le discipline di anestesia e rianimazione. Quindi è stato molto bello poter contribuire alla formazione di questi medici afghani così bravi e motivati».
Un ringraziamento per le foto ad Emergency e a Laura Salvinelli.
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