«Ho deciso di candidarmi a sindaco in rappresentanza delle liste che compongono la Coalizione Civica per Porto Sant’Elpidio. L’ho deciso assieme ai miei compagni di viaggio, convinti che ora più che mai ci sia nel paese la volontà e la necessità di cambiare rotta». E’ quanto annuncia Alessandro Felicioni che questa sera presenterà la sua compagine in vista del voto amministrativo a cui saranno chiamati i cittadini di Porto Sant’Elpidio fra tre mesi.
«L’immagine che ha dato del paese l’amministrazione uscente è quella di una città stanca, che si trascina inseguendo le emergenze ed assumendo iniziative estemporanee e prive di una visione complessiva.
Porto Sant’Elpidio ha bisogno di una nuova classe dirigente, di persone che da un lato abbiano a cuore il proprio paese e dall’altro abbiano la forza e la libertà di assumere decisioni unicamente finalizzate al bene comune e non a logiche diverse, di qualsiasi genere.
Penso che per il paese e soprattutto per me i tempi siano maturi. Cinque anni ad osservare ed imparare dall’interno come funziona la macchina amministrativa per riproporsi a guidarla e a migliorarla. Questo era lo scopo della mia candidatura cinque anni fa. Ho lasciato il precedente gruppo, per diversità di vedute su alcuni punti ma le idee. L’indipendenza e l’autonomia di pensiero, però, non posso lasciarle perché fanno parte della mia persona. E quindi sono qui, a riprovarci. Con nuovi compagni di viaggio e con la speranza di rincontrarne molti altri, già conosciuti, lungo il viaggio.
Al di là dei nomi, delle liste e delle strategie, quello di cui ha bisogno il paese è un approccio nuovo, seppur del tutto naturale, al modo di amministrare il nostro paese.
Un metodo che fa prendere le decisioni tenendo conto solo del bene dei cittadini, senza vincoli di sorta, favori da fare, da restituire, diktat imposti da personaggi che non sanno nemmeno dove si passa per arrivare qui, e che pontificano solo per i loro scopi, spesso in conflitto con quelli della comunità cittadina. Per fare questo serve gente strutturata, non è semplice. Gente che ha costruito qualcosa con le proprie forze e che vive del suo, del proprio lavoro, dei propri sacrifici. Gente che ha vinto e che ha perso nella vita, ma sempre lottando lealmente; gente che pensa di dover fare qualcosa per il paese e di difenderlo, perché sa che ogni singola pietra, ogni singolo albero, ogni singolo granello di sabbia è anche suo, è un bene comune. È una eredità, da lasciare ai figli e a tutte le generazioni future e va preservata e curata.
È soprattutto a queste persone che ci rivolgiamo. A quelli che per competenza, per esperienza, per amore verso il paese, possono mettere a disposizione qualcosa, senza chiedere nulla in cambio.
Questo approccio viene prima di qualunque programma che dovrà essere costruito cammin facendo, sempre però seguendo un filo conduttore: le esigenze concrete dei cittadini.
Funziona così: c’è una visione del paese a medio lungo termine. Come vogliamo la città tra 10-20 anni. La immaginiamo come una località turistica che sa accogliere chi la visita e che sappia farsi apprezzare. La vediamo in grado di valorizzare il proprio patrimonio paesaggistico e di conservare dignitosamente i propri luoghi caratteristici. Ricca di attività commerciali ed imprenditoriali solide, capaci di dare sicurezza economica e sociale alle proprie famiglie e di rendere le strade del paese vivaci e gradevoli per chi vi passeggia. Sicura, soprattutto nei luoghi centrali e sensibili (Comune, piazza, vicino le scuole, lungomare) ma anche nei vicoli più scuri. Con i conti in ordine, come una famiglia previdente che tiene da parte i propri risparmi per far fronte alle emergenze ma soprattutto per poter realizzare i migliori progetti per il bene della propria famiglia. Questa è la nostra visione».
«Per non farla rimanere tale, però, occorre lavorare giorno dopo giorno, ognuno nel suo ruolo. I cittadini – aggiunge Felicioni – devono avere a cuore il paese, dalla panchina, ai giochi per i bimbi, alla pineta e devono capire che è roba loro, come la propria casa o le proprie cose; va quindi tutto trattato con cura e va protetto. L’amministrazione deve creare i presupposti per stimolare i cittadini ad aver cura del proprio paese; deve creare le condizioni per svolgere le proprie attività e vivere il paese nel miglior modo possibile. Per fare tutto ciò serve gente preparata, gente che ha a cuore il paese, che può togliersi tempo ed energie, che non ha terreni da lottizzare, né qui né altrove, non ha palazzine da innalzare, che può scegliere i lavori da fare e a chi farli fare seguendo come unico criterio il benessere del paese.
I primi anni saranno duri: bisogna mettere in sesto il paese, prima di pensare alla visione. Le strade, il verde pubblico, l’edilizia scolastica, l’illuminazione, la viabilità. Tutti prerequisiti per poter pensare a concretizzare una visione. Quindi poche cose da fare, ma mirate e da fare subito. Mi vengono in mente alcuni argomenti: risolvere la questione Fim, coinvolgendo il privato e trovando una soluzione che eviti la cementificazione fuori contesto e dannosa, a favore di soluzioni può funzionali allo sviluppo turistico del paese. Sbloccare la questione ex Ligmar, dialogando con chi ha ora in mano l’area (Tribunale) e interessando privati per un progetto condiviso che assicuri un ingresso adeguato dalla parte nord del paese e offra nuove prospettive agli abitanti del quartiere. Realizzare una strada che dal casello dell’autostrada porti direttamente al mare, permettendo un accesso diretto ed immediato anche da sud. Mettere mano alla questione legata alla gestione del cimitero, razionalizzando i costi ed intervenendo direttamente per abbassare i prezzi del servizio. Attivare e rendere vivibile in Gigli, creando e facendo affermare, nel tempo, un centro congressi importante anche per rendere appetibile la parte commerciale. Valorizzare villa Baruchello e tutti gli altri spazi verdi del paese, con manutenzioni costanti e programmate e con eventi calendarizzati».
«Fondamentale sarà però, da subito, operare per far risorgere il senso di comunità, di identità di appartenenza al paese; e per questo non bastano strade, marciapiedi, verde in ordine, cattedrali da demolire o impacchettare, scogliere: serve ricucire il tessuto sociale, con interventi di contrasto a tutte le vulnerabilità cui vanno incontro le categorie più fragili (giovani, disabili, anziani, soggetti a rischio esclusione sociale). In primis servono politiche di tutela della famiglia perché è da lì che parte tutto: dalla vita reale e dalle difficoltà quotidiane. Poi viene la Fim, e tutto il resto.
Forse così non si avranno risultati immediati, non ci saranno troppi nastri da tagliare, ma potremmo magari sperare che tra qualche tempo gli abitanti di Porto Sant’Elpidio trovino facile riconoscersi come un’unica comunità che ha una sua identità precisa e che, per ciò stesso, è in grado di affrontare i problemi con maggior coesione e tranquillità. Se questo è l’approccio, il metodo, il gruppo, il risultato elettorale viene in secondo piano.
Abbiamo dialogato con tutti e a tutti abbiamo detto che vorremmo un’amministrazione libera, lucida nelle scelte, decisa, competente ed ambiziosa. Abbiamo detto quali erano le linee guida del programma che ci piacerebbe portare avanti e abbiamo lasciato le porte aperte a tutti quelli che pensano di poter condividere queste idee. Stanno discutendo.
Intanto, però, io parto. Noi partiamo. Se e quando avranno risolto le loro questioni interne, avranno deciso con chi si può o non si può andare, avranno fatto i loro conti, magari ci ritroveremo; oppure no e ognuno andrà per la sua strada. Non è un problema. Per me è anzi naturale perché quel poco che ho capito di questo mondo è che il modo più onesto che abbiamo di fare politica è essere noi stessi e trasmetterlo alla gente. È il più onesto ma anche – conclude – il più rischioso perché il risultato dipende solo da ciò che sei, da ciò che dici e da come hai dato prova nella tua vita di poter fare quello che dici. È l’unico modo che conosco».
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