Giorno del Ricordo, Gualtieri omaggia la memoria di Fraticelli. Il dolore degli esuli in “10 febbraio dalle foibe all’esodo” (Ascolta la notizia)

MONSAMPIETRO MORICO - Le parole del sindaco: «Un atto di amore per la verità che mi fa ricordare il giuramento sulla Costituzione fatto la prima volta che venni eletta sindaco dal quale scaturisce il senso più vero di appartenenza alla nazione».

di Antonietta Vitali

«Quanto è rimasto di noi in Italia? Che identità abbiamo ancora? Ho scritto questo libro per non avere la scomparsa della memoria e dell’identità della mia gente». Così il senatore Roberto Menia spiega il perché del suo libro “10 febbraio dalle foibe all’esodo” durante l’evento organizzato dal Comune di Monsampietro Morico per celebrare Il Giorno del Ricordo, solennità civile nazionale istituita in memoria dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata.

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La sua famiglia è originaria della Dalmazia e dell’Istria. Con i suoi nonni e i suoi genitori, delle vicende di questa terribile pagina di storia ha sentito raccontare e raccontare nei vari 10 febbraio che però, per anni, hanno ricordato e commemorato soltanto in forma privata, senza nessun riconoscimento nazionale, come se gli italiani dell’Istria, della Dalmazia e di Fiume, oltre alle terribili angherie subite, meritassero anche il non avere nessuna dignità nella memoria. Con una legge del 30 marzo 2004 di cui il senatore Menia è stato il promotore, viene istituito Il Giorno del Ricordo la cui data, il 10 febbraio appunto, coincide con quello in cui nel 1947, con il trattato di Parigi, viene firmato l’accordo con cui alla Jugoslavia venivano assegnate l’Istria, Zara e buona parte della Venezia Giulia. Le torture perpetrate da parte dei partigiani jugoslavi e dell’Ozna (la polizia segreta jugoslava) iniziarono nel 1943, dopo l’armistizio di Cassibile, per volontà di Tito la cui necessità era di annettere questi territori alla nazione da lui governata.

Inizia una vera e propria snazionalizzazione di queste terre, vengono chiuse le scuole, si proibisce la lingua italiana, i cognomi vengono slavizzati anche con la Chiesa che li cambia quando li scrive sui registri di nascita, e inizia la violenza. Vengono uccisi prima i dottori, gli avvocati, le maestre, i carabinieri, tutti i notabili delle città che rappresentavano la classe dirigente, e viene istituito un vero e proprio clima di terrore fatto di torture e di tanti infoibati, alcuni già morti, altri ancora vivi, nelle foibe, fosse naturali di origine carsica all’interno delle quali sono state fatte scomparire migliaia di persone.

Quelli che si sono salvati sono i 350.000 italiani esuli che hanno scelto di abbandonare quei territori per rimanere in vita. Un esodo verso il resto dell’Italia fatto comunque di umiliazione, violenza, non accoglienza, fame, dolore. «Una storia, quella istriana, sulla quale c’è ancora molto da scrivere – ha dichiarato Emanuele Piloni, presidente dell’Unione Istriani – una storia di italianità che comincia con i Romani, continua con la Serenissima di Venezia, citata da Dante in diverse sue opere. Siamo grati – ha continuato Piloni – al senatore Menia, illustre membro dell’Unione Istriani, per questa legge da lui fortemente voluta e che mette a tacere 60 anni di dimenticanza».

Un lavoro in coordinazione quello avvenuto tra il Comune di Monsampietro Morico e l’Unione Istriani che ha permesso di ritrovare le tracce di Vincenzo Fraticelli, uno dei 79 marchigiani morti nel massacro delle foibe e originario proprio di Monsampietro. Un onore per il sindaco Romina Gualtieri quello di ospitare due nipoti del concittadino scomparso, Simonetta e Maria Rita, giunte da Roma per l’occasione e alle quali è stata consegnata una targa al merito intestata al loro nonno. «Un atto di amore per la verità – ha dichiarato la prima cittadina Gualtieri – che mi fa ricordare il giuramento sulla Costituzione fatto la prima volta che venni eletta sindaco dal quale scaturisce il senso più vero di appartenenza alla nazione».

«Sono importanti iniziative – ha detto il Questore di Fermo Rosa Romano – che non dobbiamo perdere. È fondamentale il ricordo di questi momenti bui della storia affinché restino vivi in noi gli orrori che i regimi totalitari, di qualsiasi colore siano, possono provocare». In sala presenti anche il presidente della Provincia, Michele Ortenzi e i vertici provinciali dei Carabinieri, con il comandante Gino Domenico Troiani, e della Guardia di Finanza, con il comandante Massimiliano Bolognese. Presenti anche il comandante della compagnia Carabinieri di Montegiorgio, Massimo Canale e, per i Vigili del Fuoco di Fermo, Marco Lambruschi, sostituto direttore antincendi capo e capo esperto.

Anche per la senatrice Elena Leonardi «l’istituzione de Il Giorno del Ricordo è di fondamentale importanza perché deve essere un costante monito a che questi episodi non si ripetano più». Il libro del senatore Menia “10 febbraio dalle foibe all’esodo” è una raccolta di racconti di chi ha vissuto tutto questo, testimonianze che andavano scritte per non essere perdute una volta che anche l’ultimo dei sopravvissuti alle foibe non sarà più con noi.

«Tante le storie raccontate, di vita, di morte, di eroismo, davvero tante, eccetto una – racconta Emanuele Piloni – quella di una giovane diciannovenne di Pisino che vedeva quello che succedeva intorno a lei. Morti, perquisizioni, persecuzioni, colonne di deportati, cartelli propagandistici inneggianti a Tito. Un giorno la Ozna chiede agli abitanti rimasti vivi e nelle loro case, ma comunque sopraffatti dal terrore, di firmare una petizione che rappresentasse una specie di consenso spontaneo del popolo a diventare slavi. La ragazza rifiuta di firmare, viene arrestata, dopo un periodo in prigione viene temporaneamente rilasciata, sa che non è salva ma i giorni sono quelli intorno al 10 febbraio del 1947, la fine di tutto quell’orrore è ormai prossima. Dopo il trattato di Parigi sceglie la cittadinanza italiana. Insieme a sua madre sarà una degli esuli, si stabilirà per sempre a San Severino Marche, quando morirà vorrà il tricolore all’interno della sua bara». Non trattiene la sua di commozione né riescono a farlo i presenti in sala quando dice che quella giovane donna coraggiosissima è il motivo per cui rappresenta l’Unione Istriani, quella giovane donna era sua nonna, che per sempre ha sentito di essere orgogliosamente italiana.


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