di Giorgio Fedeli
A sinistra già tempo di rammarichi e mea culpa? Molto probabile. E se si miscelano ipotetiche responsabilità partitiche e amministrative il rischio che ne emerga una tempesta perfetta è più che fondato. Un passo indietro, dopo aver amministrato da tempo immemore la città, dal Pd francamente ci si aspettava una strategia d’azione migliore. E invece lo strappo con l’assessore al Bilancio dimissionario Marco Traini rischia di lacerare ancor più il centrosinistra che, senza più appigli né al governo della Regione né a quello capitolino, aveva probabilmente una sola linea d’azione a disposizione, ossia quella della compattezza. E invece no. Certo, dove risiedono le responsabilità? Nella guida locale di partito che, dopo la reggenza del segretario comunale Patrizia Canzonetta, è desaparecida? O in amministrazione con in testa il sindaco Nazareno Franchellucci (di cui in queste ore ci si attende una mossa per capire se e se sì con chi sostituirà Traini) dal quale qualcuno tra i dem si aspettava un piglio pre-elettorale più corposo? E se fosse, invece, un mix di entrambi i fattori? D’altronde il Pd ha il merito di aver fatto da paracadute a Emanuela Ferracuti chiamandola in giunta, quando c’è stato lo strappo con la sua lista. Stesso dicasi per la nomina assessorile proprio di Marco Traini che arrivava dalle Farmacie comunali, e a cui Franchellucci ha dato la delega al Bilancio. E invece, di tutta risposta, si ritrova a dover fronteggiare una forza centrifuga ormai inarrestabile. Di Traini parlino le dimissioni con le dichiarazioni al vetriolo sulla scelta del Pd e del centrosinistra di scegliere Paolo Petrini come candidato sindaco, un personaggio politico ribattezzato “uomo di partito” dallo stesso ex assessore che, con la lista di cui ha annunciato che sarà della partita (non come candidato sindaco, però) può rosicchiare voti e consenti proprio ai dem. La Ferracuti che dialoga con i civici ed è pronta ad accodarsi, magari anche allo stesso Pd, e l’altro assessore, Vitaliano Romitelli che si sta guardando intorno. Se si considera che con l’incarico in giunta, il Pd ha di fatto sterilizzato nelle trattative la pasionaria ex segretaria Canzonetta, il quadro è completo. Restano, certamente, l’ex sindaco Daniele Stacchietti in ballo e, ovviamente, il primo cittadino di cui però ancora, a distanza di soli tre mesi dal voto, non si sono capite ancora bene le intenzioni. Si candida in lista? Si ritira dopo due legislature? A breve l’ardua sentenza. Insomma il Pd poteva, anzi doveva, giocarsela meglio se non altro per la storia del centrosinistra cittadino, da sempre locomotiva partitica di Porto Sant’Elpidio, che oltretutto non è nemmeno l’ultimo borgo delle Marche in termini di peso specifico politico nello scacchiere regionale. Avrebbe potuto dialogare e cercare di ricucire lo strappo con gli assessori in fuga o, in alternativa, e qui torna in ballo il sindaco, ai primi sentori, avrebbe potuto mostrare i muscoli proprio nei loro confronti, come pure nei confronti di un presidente del Consiglio, quella Milena Sebastiani che ha contraddetto l’amministrazione sulla scelta, tanto per fare un esempio, di lasciare Marca Fermana (in tempi di Prima Repubblica sarebbe equivalso a una crisi politica detonante). E invece nulla. Così oggi ha un candidato sindaco che sicuramente è un personaggio di spicco, dall’indiscutibile valore politico (è stato già sindaco, vicegovernatore delle Marche, onorevole della Repubblica) ma che non può giocoforza, in virtù proprio dei suoi trascorsi illustri, rappresentare fisiologicamente il nuovo. Certo, sono tre anni che non ha più la tessera dem ma questo basterà a farne, agli occhi dell’elettorato, un homo novus? Difficile da credere. Però il rinnovamento potrebbe anche arrivare. Ma per sancirne l’ufficialità bisognerà attendere i nomi dei candidati in lista. Dicevamo, un Pd, che poteva, doveva giocarsela meglio senza troppi attendismi, con una trattativa magari anche muscolare con i suoi interlocutori, ma comunque diretta e sicuramente più tempestiva anche perché se da una parte non è più quel partito catalizzatore, primo in Italia, dall’altra ha un centrodestra che ancora cavalca l’onda dei successi elettorali e che nella nostra regione non manca occasione per ribadire il “modello Marche”. Piaccia o no, parlano i voti.
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Ma il centrosinistra aveva uno spiraglio rappresentato proprio da un centrodestra che a Porto Sant’Elpidio non è ancora aggregato. Il primo a lanciarsi nell’agone politico è stato Laboratorio Civico, con il candidato sindaco Gianvittorio Battilà, appoggiato praticamente subito dalla Lega e da Forza Italia. E proprio i due coordinatori comunali del Carroccio e degli Azzurri hanno teso, in queste ore a rimarcare come «coerentemente con le scelte espresse dalla base» abbiano deciso di sostenere la candidatura di Battilà «candidato civico vero» anche se sia gli Azzurri che il Carroccio, nel convergere su Lc hanno perso due nomi di spicco in città, rispettivamente Enzo Farina e Mauro Tosoni. Ma non è l’unico candidato civico «vero». Sì perché anche Alessandro Felicioni, anima fondatrice proprio del Laboratorio Civico, per divergenze di vedute, ha deciso di lasciare Lc e creare una sua formazione con Pezzola e Ripa. Una formazione, si diceva, «le cui porte sono aperte a tutti» purché ci sia sintonia sulle linee guida. Stesso dicasi per Ciarpella che (e qui non parliamo ancora di un candidato sindaco ufficialmente) si è lanciato nell’avventura civica lasciandosi alle spalle il suo trascorso in Forza Italia con, al seguito, proprio l’ex coordinatore comunale degli Azzurri, Enzo Farina di cui si diceva pocanzi. A lui potrebbe unirsi Azione. Ma non Italia Viva (e già questa divisione varrebbe un approfondimento a parte) che invece potrebbe avvicinarsi a Felicioni, insieme all’ex assessore Traini. E poi, dulcis in fundo, c’è FdI, primo partito in Italia, al governo in Regione e da cui tutti si attendono una prestazione memorabile alle prossime elezioni elpidiensi. Il primo a far trapelare odore di elezioni nei mesi scorsi, con il suo consigliere e coordinatore provinciale Andrea Balestrieri che, sul tema candidatura a sindaco, ha dichiarato di essere «pronto». Ma ad oggi non si conosce quali siano le reali intenzioni dei meloniani. Dopo il punto della sua coordinatrice Gioia di Ridolfo che ha rimarcato che «Balestrieri è il nostro candidato sindaco» (ma ci sta, nella partita sullo scacchiere delle coalizioni, che un partito parta lancia in resta con un suo esponente), e dopo gli inviti a ricomporre una compagine di partiti di centrodestra e civici, ad oggi è ancora dalla collocazione indefinita. A voler posizionare il partito dei patrioti in una qualche formazione allargata, in pole ci sarebbe la simpatia nutrita nei confronti di Ciarpella (e forse proprio questo potrebbe essere il motivo all’origine della divergenza di vedute tra Azione e Iv). Ma al momento nulla di ufficiale. Insomma chi ci capisce è bravo. Ecco dunque che in uno scenario che a definire confuso (per non dire confusionario) un fatto è certo: nessuna compagine, almeno restando nel circuito dei partiti, è riuscita in questa fase di studio a imprimere un’accelerazione netta sui competitor. Va bene la guerra di posizione in politica, va bene attendere la prima mossa dell’avversario per calibrare le proprie scelte, va bene anche la fase di studio come pure non bruciare il proprio candidato. Ma a tre mesi dal voto, queste regolette, forse anche superate, no, non valgono più. A tre mesi dalle urne sarebbe stato meglio già offrirsi alla città, ognuno con le sue idee e i suoi progetti. E chissà che gli elpidiensi non debbano appigliarsi (e per carità, nelle amministrative non è certo deplorevole) al volto più affidabile, convincente, rassicurante. Magari, senza volerlo, gli attori in campo hanno spinto inevitabilmente i cittadini a non dare troppo peso a compagini e intrighi di corte. Chissà che la politica elpidiense non sia riuscita involontariamente a far spuntare un fiore di virtù dalle sue ceneri.
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