di Claudio Maria Maffei*
Oggi quello che state leggendo (grazie per avere scelto di farlo) è il centesimo “pezzo” che scrivo per Cronache. Ho iniziato poco più di due anni fa la mia collaborazione a questo giornale (Cronache Maceratesi) parlando di Covid e poi ho continuato con questa rubrica domenicale sulla sanità regionale. L’obiettivo della rubrica è richiamare l’attenzione dei cittadini su quello che i politici non dicono, fanno finta di non conoscere o usano scorrettamente a scopo propagandistico. La sanità sta sfuggendo di mano a chi la governa e io cerco di far luce sui dati che lo dimostrano. I dati che presento oggi riguardano due fenomeni importanti cui Saltamartini dovrebbe fare attenzione: i medici che rinunciano a specializzarsi nelle Marche e il ricorso alle prestazioni private in cardiologia. Vediamoli.
Il sindacato medico Anaao-Assomed ha elaborato i dati sulle rinunce dei medici a specializzarsi dopo avere “vinto” la Specializzazione negli anni 2021 e 2022 e ha analizzato questo fenomeno sia per Regione che per specialità. La tabella riporta la elaborazione per Regione e fa vedere come a fronte di una media in Italia di rinunce alla Specializzazione (tra mancata accettazione del contratto o interruzione dello stesso) del 19%, nelle Marche questa percentuale sale al 30%, dato che ci colloca purtroppo al secondo posto dopo il Friuli Venezia Giulia. I dati sulle rinunce in rapporto al tipo di Specializzazione evidenziano invece che le rinunce sono bassissime per la Oculistica, la Dermatologia e la Cardiologia (con una frequenza di rinunce sotto al 2%), mentre sono altissime per la Medicina d‘Emergenza Urgenza per la quale si supera il 60%.
I dati sulle visite private in cardiologia sono invece stati elaborati dall’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) e sono riportati nella Figura che evidenzia la percentuale di visite specialistiche di cardiologia fatte nelle strutture pubbliche in ALPI (e cioè in attività libero-professionale intramuraria). I dati si riferiscono agli anni 2019 e 2021. Le Marche sono passate dal 30% del 2019 al 43% del 2021, anno in cui sono di gran lunga la Regione con una più alta percentuale di visite cardiologiche fatte in regime di libera professione nelle strutture pubbliche. Il dato della Figura non comprende le visite fatte a pagamento negli ambulatori privati; probabilmente se conoscessimo questo dato verrebbe fuori che più della metà delle visite cardiologiche i cittadini marchigiani se le deve pagare. Chiariamo subito che i cardiologi di tutto questo non hanno alcuna colpa visto che con la libera professione offrono un servizio ulteriore al cittadino dopo quello fornito in orario di servizio.
Che c’entra la politica con questi dati dei medici che non fanno la corsa per venire nelle Marche e delle visite cardiologiche che i cittadini si debbono pagare? C’entra e c’entra molto. Non è attrattivo il lavoro nelle strutture pubbliche delle Marche e non offre abbastanza attività ambulatoriale in cardiologia e cioè nella specialità di cui più spesso i cittadini hanno bisogno. Noi abbiamo almeno sulla carta tante cardiologie che ricoverano (14 per la precisione), ma poca disponibilità di prestazioni rispetto alla domanda negli ambulatori cardiologici. I due fatti sono legati tra loro: tanti reparti vogliono dire tante guardie e tante guardie vogliono dire pochi specialisti a disposizione per l’attività ambulatoriale. Lo ripeto fino allo sfinimento: l’impostazione politica di questa Giunta che promette l’ospedale sotto casa a tutti e non riesce a farlo funzionare è sbagliata. Se ne accorgono i medici che non ci vogliono andare a lavorare e i cittadini che non ottengono le prestazioni cui hanno diritto.
*Medico, dirigente sanitario in pensione
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