di Antonietta Vitali
Nel 1958 Herbert Simon e Allen Newell, psicologi matematici e informatici statunitensi attivi soprattutto come ricercatori e studiosi dell’intelligenza artificiale, dissero che «nel 1968 un computer sarà il campione di una partita di scacchi». E poi, ancora, nel 1965, fu solo di Simon l’annuncio che «in 20 anni i computer saranno in grado di fare ogni attività che gli umani possono fare». E, da allora, l’umanità intera, alla sola idea di poter essere sostituita in tutto e per tutto da dei computer, trema. A parlare di Intelligenza Artificiale si era iniziato nel 1956, nel New Hampshire (Usa), quando si tenne un convegno al quale parteciparono alcuni studiosi di spicco nel ramo dello sviluppo di sistemi intelligenti.
Da allora sono passati circa 70 anni, perché si avverasse la prima profezia sulla partita a scacchi si è dovuto aspettare fino al 1997, sulla seconda “profezia” il tema è ancora attuale, se ne parla in maniera sempre più dinamica, ed è stata proprio l’oggetto del dialogo “Intelligenza artificiale vs umano sentire” svoltosi questa sera al Teatro comunale di Porto San Giorgio.
A scendere in campo, o meglio sul palco, per spiegare questi due mondi opposti, due professionisti di assoluto prestigio nei propri settori di riferimento, Emanuele Frontoni, professore ordinario di informatica presso l’Università degli Studi di Macerata, e Daniela Lucangeli, professoressa ordinaria di Psicologia dell’Educazione e dello Sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova ed esperta di Psicologia dell’Apprendimento.
Moderati da Nunzia Eleuteri, giornalista ed editrice di Cronache Fermane, Cronache Picene e Radio FM1, hanno accompagnato gli spettatori in un percorso di comprensione di questi due universi paralleli per i quali il grande dilemma non è tanto se riusciranno mai ad incontrarsi, ma se uno, quello artificiale, riuscirà mai a sostituire quello umano.
«L’intelligenza artificiale – ha spiegato Emanuele Frontoni – è fatta da una catena neuronale semplice, può immagazzinare una serie infinita di dati che nessuna mente umana riuscirebbe mai a custodire nelle proprie “secrete”, tanti elementi che permettono di analizzare l’umanità sotto ogni punto di vista. Se qualcuno pensa che questa analisi avvenga solo sui social può stare tranquillo, siamo tutti costantemente sotto osservazione, anche, ad esempio, al supermercato». Ci contano, ci osservano, sanno le nostre preferenze in modo da suggerirci cosa comprare, l’anno scorso sono stati “spulciati” circa 16 mln di consumatori e sono lontani persino i tempi in cui uno stilista creava una nuova collezione moda seguendo solo il suo estro creativo. Oggi si analizza Instagram e le circa 80.000 foto all’ora che riguardano lo street style da studiare per capire i nuovi gusti del pubblico. Però, nonostante tutta questa memoria di cui è capace l’IA, anche quella generativa, cioè in grado di creare lettere, comunicati stampa, poesie, compiti di matematica dopo aver analizzato una serie illimitata di casistiche precedenti, l’intelligenza artificiale non ha nessuna capacità di ragionamento, immensa la sua la capacità di immagazzinare dati ma orizzontale, statica.
Come funziona invece il cervello umano? Per illustrarne il suo funzionamento Daniela Lucangeli è partita da un esercizio che ha coinvolto tutto il pubblico presente in sala. Un viaggio nelle scatole della memoria del tempo rivedendo se stessi ai giorni attuali, poi a vent’anni, poi alle scuole medie, poi alle elementari, fino al primo ricordo della nostra infanzia in cui ci siamo resi conto di esistere. Per scoprire, alla fine di questo esperimento, come eravamo, cosa pensavamo, quale era la nostra angoscia più grande, quale invece la nostra gioia più ardente, cosa avremmo voluto fare da grandi, come ci vestivamo, e renderci conto che il viaggio è stato tutto all’interno delle nostre emozioni vissute nel corso delle esperienze fatte. Allora l’intelligenza umana non è cognitiva, razionale, algoritmica, semantica, organizzata gerarchicamente per funzioni ma è emozionale, cioè sente e questo sentire lo trasforma in informazioni che vengono catalogate in due “compartimenti”, uno che riconosce il pericolo, l’altro che riconosce cosa tenere perché ci fa bene. Gli strumenti con i quali riconosciamo a quale compartimento appartiene ciò che stiamo vivendo è quello delle emozioni, gioia, speranza, desiderio quelle buone, mentre ansia, angoscia, paura, quelle che segnalano un pericolo. L’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante, ha riferito il professor Frontoni, viene usata anche per capire la quantità di acqua di cui può necessitare un terreno, è di aiuto alle ricerche sulla salute umana, può creare volti, voci, stili e tendenze che non esistono nella realtà. Il pericolo che quella profezia di Simon del 1965 si avveri si avverte sempre di più ma, per la professoressa Lucangeli, come quando si ha sete e si cerca acqua, o come quando si ha freddo e si cerca il calore, «se la nostra paura è quella che l’intelligenza artificiale possa sostituire quella umana allora si deve fare in modo di aumentare l’educazione all’autonomia e al discernimento». Impossibile evitare l’innovazione, possibile invece educare a non subirla e questo è il punto su cui lavorare per fare in modo che queste due forme di intelligenza coabitino e collaborino insieme, facendo amicizia tra loro senza paura, senza sottomissione dell’una sull’altra. La necessità che si rende quindi evidente, sempre per la professoressa Lucangeli, è quella di «investire tutto il nostro meglio per far crescere l’umano perché non è la tecnologia ad averci indeboliti, ma siamo noi ad aver perso passione per noi stessi e per i nostri simili».
Un incontro, quello di questa sera a teatro, messo in piedi grazie ad Andrea Marcantoni, uomo di connessioni che ha reso possibile l’amicizia tra i due relatori. Un dialogo su due universi diversi di cui si è detto entusiasta anche il sindaco di Porto San Giorgio, Valerio Vesprini. E quasi tutto porta a pensare che lo spoiler dell’importante progetto di creazione di un hub a Porto San Giorgio come centro studi e ricerca legato alla psicologia umana, detto in maniera simpatica sul palco durante l’evento, possa tramutarsi in realtà molto presto.
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