di Alessandro Luzi
Non si può parlare di un vero e proprio crollo, come nel noto brano di Gianni Morandi. Tuttavia è bastata qualche ora di pioggia intensa per far tornare alla ribalta le fragilità ambientali del nostro territorio. Ieri, infatti, i vigili del fuoco del comando provinciale di Fermo sono stati chiamati ad una raffica di interventi per mettere in sicurezza alcune aree costantemente a rischio idrogeologico. Frane, smottamenti, allagamenti e ‘strade groviera’ sono ormai una costante. Stavolta anche il fiume Tenna è stato interessato da una piena importante ma fortunatamente la situazione è rimasta sotto controllo. Insomma, ogni qualvolta arrivano delle perturbazioni atmosferiche, c’è da augurarsi che le precipitazioni siano di lieve entità. Il maltempo dei giorni scorsi non era certo da catalogare come evento eccezionale, eppure è stato sufficiente a creare dei disagi. Oltre alle zone collinari soggette a smottamenti, a tornare sotto i riflettori è lo stato dei fiumi. Ad oggi in che condizioni versa il bacino idrografico fermano? Cosa è stato fatto per mettere in sicurezza gli alvei? Non è dato saperlo. La sensazione è che dopo la tragica notte tra il 15 e 16 settembre il tema sia finito nel dimenticatoio.
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Situazione diversa invece per l’Ete Vivo e l’Aso. Infatti se per quest’ultimo si sta delineando un Contratto di Fiume per la sua gestione, per il primo l’iter ancora deve essere avviato ma è emersa una sensibilità sul tema. Infatti i Comuni interessati dal corso d’acqua, su invito da parte delle sigle ambientaliste del Fermano, si sono dimostrati propensi a remare verso l’accordo. Almeno questo è il clima emerso nell’incontro del 2 dicembre scorso. Prima però serve sottoscrivere il “Manifesto d’intenti”: un documento per istituire un “Comitato promotore” volto ad attivare un processo partecipativo che conduca alla stipulazione del Contratto di Fiume. L’appuntamento è stato fissato al 14 marzo e in questo incontro dovrebbe saltar fuori dal cilindro anche l’ente capofila, ovvero l’associazione o il Comune con il compito di coordinare i lavori. L’Ete Vivo versa in situazioni critiche quindi l’accordo potrebbe essere uno stimolo per far fronte alle problematiche attuali. Preoccupa lo stato di degrado delle acque, sia per la presenza di rifiuti solidi industriali e civili. Dalla lista non sono esenti i rischi di carattere idrogeologico che puntualmente si presentano durante le massime piene. «Poi ci sono gli elementi di pressione ambientale – fanno sapere le associazioni ambientaliste Circolo Legambiente Terramare, Aloe, Chi Mangia la Foglia!, Circolo Laudato Sì, FAI, Impara L’Arte, Italia Nostra Sezione di Fermo, Lipu, Luoghi Comuni, Marche Place, Slow food – come il ridotto deflusso idrico di magra del corso d’acqua principale e secondari; la scarsa presenza di aree boschive soprattutto lungo le fasce laterali; l’eccessiva estensione delle superfici impermeabili; l’artificializzazione degli alvei e degli argini conseguente agli inopportuni interventi per la mitigazione dei fenomeni di erosione; presenza di scarichi abusivi sia liquidi che solidi lungo gli argini degli alvei. A tutto ciò si aggiunge la mancanza di una manutenzione ordinaria dell’alveo. Tali elementi di pressione fanno sì che il fiume Ete Vivo sia tra i bacini idrografici della Regione Marche in cui la presenza dell’uomo e gli impatti ecologici derivanti dalle sue attività sono particolarmente intensi. L’intero bacino del fiume, fatta eccezione dei tratti più a monte, presenta una situazione idrologica ed ecologica compromessa. La gestione idraulica del corso si trova in una condizione di rischio che non garantisce un’ottimale sicurezza per la rete viaria per la mancanza di aree di laminazione e una manutenzione ordinaria dell’alveo, per la gestione sostenibile delle maggiori piene».
La Regione Marche, già nel 2014 aderì alla carta Nazionale dei Contratti di Fiume con Dgr n.1470 del 29 dicembre. Quindi una volta avviato, dovrebbe essere un percorso in discesa, favorito anche da Palazzo Raffaello. Ma perché questi accordi sono così importanti? «Di fatto costituiscono uno strumento di programmazione strategica integrata per la pianificazione e gestione dei territori fluviali – affermano le sigle ambientaliste – Ciò è in grado di promuovere la riqualificazione ambientale, paesaggistica e sociale attraverso azioni di prevenzione, mitigazione e monitoraggio delle emergenze idrogeologiche, ecologiche e paesaggistico/naturalistiche». Attorno all’accordo infatti si riuniscono tutti gli organi del territorio per tutelare un patrimonio comune. Tra i protagonisti ci sono la Regione, la Provincia di Fermo, i Comuni e le associazioni ambientaliste. Anche il prefetto di Fermo, Michele Rocchegiani, ad un’intervista rilasciata ai microfoni di Radio Fm1 aveva sottolineato l’importanza di «tenere aggiornata la mappatura del territorio. In passato è mancato proprio questo importantissimo momento. Per svolgerla la prefettura deve fornire tutto il suo supporto e supportare le amministrazioni locali in questo compito decisamente articolato».
Non meno importante è la parte economica. Il Contratto di Fiume è anche uno strumento per intercettare risorse all’interno del nuovo ciclo di programmazione dei fondi comunitari 2021/2027, fondi Fesr, Fse, del Psr Progetto Life, e Pnrr all’interno del progetto per Io sviluppo delle “Aree Interne”. Insomma, l’incontro del 14 marzo potrebbe segnare una svolta importante per iniziare ad invertire la rotta sulla sicurezza ambientale della nostra provincia.
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