di Daniele Iacopini
Si parla del nuovo ospedale e, contestualmente, il pensiero va al “Murri”. La speranza di avere un nuovo nosocomio finalmente dotato di tutti i necessari servizi diagnostici e sanitari (almeno questa è la speranza…) si scontra con il magone per il destino di una struttura che fa parte della storia non solo cittadina ma dell’intero territorio provinciale.
Non c’è famiglia fermana che non abbia una sua vicenda da raccontare legata al “Murri”, bella o triste che sia. E questo perché da ben 90 anni l’ospedale fa parte indissolubilmente della vita della città.
Costruito nel 1933 su disegno dell’ingegner Domenico Perugini, il nosocomio fu intitolato ad Augusto Murri (Fermo 1841 – Bologna 1932), uno dei più grandi clinici del suo tempo, apprezzato anche come uno dei massimi esponenti del rinnovamento in senso pratico e positivista della medicina e tra i massimi filosofi della scienza contemporanea.
Dunque, un pezzo di storia cittadina che ricorda un illustre personaggio fermano. Ma questo rischia di non bastare più. E allora la domanda che da qualche anno ormai, vale a dire da quando si è iniziato a parlare del nuovo ospedale di Campiglione, è la seguente: che ne sarà del “Murri”?
Parlare del futuro della struttura, inoltre, non significa solo parlare di sanità, di medici e di pazienti, di cure, di visite e di interventi. Parlare del “Murri”, o meglio, parlare della sua possibile e futura assenza dal centro cittadino, significa anche introdurre elementi di carattere sociale, economico, urbanistico, ecc…
C’è tutta un’economia che gira attorno all’ospedale, ci sono famiglie che lavorano, negozi che vedono garantita la necessaria sussistenza. Ci sono aspetti di carattere sociale, come dicevamo. E ci sono questioni di carattere urbanistico, che è possibile riassumere in pochi quesiti: che ne sarà di questa mastodontica struttura posta all’interno della città, struttura più volte ammodernata, ampliata e oggetto di lavori per un generale miglioramento?
Come evitare che diventi un enorme agglomerato di stanze e corridoi privi di umanità? Come evitare un possibile degrado o, invece, eventuali speculazioni? Più in generale: come riconvertire l’economia cittadina di quel quartiere, che sul Murri contava? Come evitare il possibile spopolamento della città, già provata da una crisi del commercio, da edifici danneggiati dal sisma, dal decentramento di scuole e uffici (pubblici e privati), ecc…? Perché un fatto è certo: se è vero che l’amministrazione regionale deve occuparsi, per competenza costituzionalmente attribuita, della salute dei cittadini e delle strutture sanitarie (e quindi poco potrebbe interessarsi al futuro della città), il cerino rischia di rimanere in mano al Comune. E non sono problemi di poco conto.
Abbiamo chiesto al sindaco Paolo Calcinaro un parere sulla questione, certi del fatto che la sua proverbiale e maniacale conoscenza delle dinamiche cittadine non possa escludere un’attenta valutazione del tema.
«Penso che sia necessaria una riflessione attenta, una riflessione che investa anche la Regione e le sue scelte future. Personalmente ho delle idee in proposito, attività che potrebbero essere allocate al “Murri” e servizi importanti che farebbero dell’attuale struttura un punto di riferimento ancora importante per la città».
«Mi riferisco – continua Calcinaro – all’attività ambulatoriale, che troverebbe nel ‘Murri spazi idonei. Poi penso a spazi per le cure intermedie, lasciando ovviamente al nuovo ospedale di Campiglione la competenza per le acuzie». Ma non solo: «Al Murri potrebbero essere attivate le cosiddette ‘Case della salute’, spazi dove lavorano team multidisciplinari con medici di base, pediatri, professionisti sanitari, ecc… Sarebbe anche un modo per alleviare il ricorso e, dunque, il lavoro del Pronto Soccorso e contribuire all’efficacia dell’attività medica».
Infine, per il primo cittadino il “vecchio” Murri” potrebbe accogliere la facoltà di Infermieristica, visto che da settembre arriverà anche il biennio magistrale. In questo caso la scelta sarebbe dell’amministrazione comunale e potrebbe essere un modo anche per liberare spazi a favore delle altre facoltà in via Brunforte.
«Penso che queste proposte – conclude Calcinaro – siano piuttosto interessanti e sicuramente ricevibili anche da parte dell’ente regionale».
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