di Francesco Silla
C’era da aspettarselo che il suo intervento, incentrato sulla riforma sanitaria nazionale ma, soprattutto, quella marchigiana, sarebbe stato “il piatto forte” dell’intervista. E così, in effetti, è stato. L’ex direttore dell’Av4, Licio Livini, infatti, ieri sera ai microfoni di Zoom, il programma di approfondimento di Radio Fm1, intervistato dal direttore Giorgio Fedeli, è stato il grande mattatore della puntata.
E sulla riforma partorita dall’amministrazione Acquaroli non ci è andato per il sottile: «Dovrebbero darle le gambe. Invece al momento non vedo nemmeno una protesi». E ancora: «E’ tanta apparenza e poca sostanza. L’hanno scritta ad agosto e fatta partire il primo gennaio. Ma come si fa? Ci sono ancora dei commissari straordinari che possono occuparsi solo dell’ordinario. Mi sarei anche aspettato una perequazione tra territori che, invece, non è arrivata. Il Fermano sconterà la mobilità passiva».
L’ex direttore Av4, in aperto contrasto con l’assessore regionale alla Sanità, Filippo Saltamartini, fin dal suo ultimo periodo alla guida dell’Area vasta fermana, è stato ospite di Zoom insieme al professor Maurizio Temperini e all’avvocato Giovanni Lanciotti dell’associazione “Giorgio La Pira”, e al dottor Alessandro Ranieri, coordinatore d’Ambito del comune di Fermo. Livini ha parlato della “necessità e urgenza della riforma sanitaria”. Questo, infatti sarà l’argomento che tratterà anche questa sera alle 21,15, nella sala della Croce verde di Fermo proprio in seno all’incontro dibattito organizzato dall’associazione “La Pira”, mentre Ranieri parlerà dell’assistenza di prossimità.
Un’anticipazione, quella di Livini a Radio Fm1, che ha fatto scintille, partendo dalla riforma su scala nazionale: «C’è la necessità di aggiornare qualcosa che ormai si è invecchiato. Il sistema sanitario nazionale va tutelato ma deve essere riposizionato. Siamo rimasti indietro sull’informatizzazione. Stiamo ancora al palo sul fascicolo sanitario elettronico. Il Covid ci ha insegnato molto ma facciamo ancora orecchie da mercante. E non ci sono stati impegni economici significativi. Ormai abbiamo capito che le promesse della politica restano tali ma se la sanità non funziona il Paese va in crisi su tutti i fronti».
E si entra nel vivo del dibattito, con la discussione che, dal nazionale, approda nelle Marche: «Il cittadino marchigiano chiede risposte su temi scottanti come liste di attesa, medicina generale ed emergenza. Sulla riforma non mi nascondo: è fatta tanto di apparenza e poco di sostanza. Se vogliamo ridurre le distanze tra la sanità e la gente non dobbiamo avvicinare ai cittadini le direzioni ma i servizi. Andavano affrontate prima le questioni più scottanti. La riforma andava accompagnata gradualmente, non la si può scrivere ad agosto ed attuarla dopo solo quattro mesi. Le Aziende (le nuove Ats) hanno piena autonomia. E questo all’atto pratico cosa significa? Va rivisto tutto quello creato in precedenza? Sono stati nominati cinque commissari che, però, possono fare l’ordinario, capisco le loro difficoltà. Non sono direttori, non possono parlare di programmazioni o investimenti. La riforma, oltretutto, non è stata preceduta da un piano sanitario, non ha contenuti gestionali, o organizzativi. Non c’è un atto aziendale. Un direttore che arriva non sa nemmeno cosa va a dirigere. Gli si vuole dare piena autonomia che però significa anche patrimonio, territorio, quanto personale ha, quante unità operative, quanti dipartimenti. E quelli a cavallo tra Aree vaste che fine fanno? Penso alla cardiologia, alla gastroenterologia, alla riabilitazione. Insomma è una riforma che almeno per il momento non ha quella sostanza che come cittadino vorrei. Mi aspettavo almeno una perequazione tra territori. Le province del sud delle Marche soffrono troppo rispetto a quelle del nord e questa era l’occasione per riallineare i territori. Il nostro comprensorio soffre su servizi, investimenti, personale. Molti servizi a Fermo non li abbiamo. Dunque, con un’Azienda autonoma, il cittadino del Fermano che – rimarca Livini – deve ricorrere a qualcosa che qui non ha, penso all’emodinamica o alla radioterapia, è costretto a emigrare e la direzione di Fermo deve pagare la mobilità passiva. Se la riforma è solo una risistemazione politica vanno comunque date risposte concrete. Per essere vicini alla gente la prima leva sono i medici di famiglia, qualcosa va fatto. Oggi mancano le guardie mediche, i medici di medicina generale, quelli del 118. Noi su Sant’Elpidio a Mare abbiamo sviluppato un progetto che ha riunito proprio i medici di famiglia che gestiscono la Casa della Salute. Ed oggi ne vediamo i risultati. Spendiamo milioni per sistemare le mura della sanità ma dentro chi ci portiamo?». L’ex direttore Av4 lancia anche una proposta: «Facciamo passare dentro la medicina generale, e questo è un discorso che va fatto su scala nazionale, anche le guardie mediche con un ruolo unico. Parliamo di 13mila medici di continuità assistenziale e 43mila di medicina generale. Sarebbe un camice bianco ogni mille abitanti, ovvero un’assistenza più garantita».
A fronte di problemi ormai cronici si è arrivati solo ora a una riforma. Perché si è atteso così tanto, anni ed anni? «Io lavoravo su un territorio e rispondevo all’Asur. Questo ha reso me e i miei colleghi (i direttori delle Aree vaste) abbastanza tutelati sulla gestione. Il modello Asur era giusto per le Marche. Però ha avuto dei limiti. Comunque questa riforma può funzionare ma le vanno date le gambe e io invece, ad oggi, non vedo nemmeno una protesi. Non c’è nulla. Bisogna affrontare di petto i temi per rispondere al cittadino. Parliamo di carenza di personale ma rispetto a cosa? A una situazione da “tutto aperto” o a un sistema che garantisce più servizi ma spalmati su varie strutture? Io avevo 635 infermieri. Oggi si ragiona su 700. Sono aumentati? Allora c’è qualcosa che non torna. Non abbiamo uno standard assistenziale che detta i numeri dei sanitari. Andrebbe fatta una attenta valutazione sui territori. Io ero da solo a gestire l’azienda, oggi ci sono un commissario e due sub commissari. Ho affrontato il terremoto e pure il Covid. Qui sfido chiunque, e sul Murri che si è “sporcato”, la sfida l’accetto ancora meglio. Non si può misurare, come ha fatto il sindacato, il numero del personale rispetto agli abitanti ma va rapportato rispetto ai servizi che si hanno. La riforma regionale era un’occasione per fare anche un piano strategico per le emergenze. Il Covid ce lo ha insegnato: non possono essere gestite come è stato fatto. Abbiamo avuto la pandemia, facciamo gli scongiuri sul futuro. Se però ognuno si fa il suo nel proprio orticello, risuccederà quello che è successo a noi a Fermo con il Murri “sporco”. Vanno individuate delle strutture strategiche su scala regionale che in caso di emergenza entrano in campo. Il Covid hospital di Civitanova che fine ha fatto?».
Una critica che viene mossa da anni alla politica è che con le sue scelte spinge il cittadino verso la sanità privata: «Non va demonizzata, è una risorsa che fa il suo lavoro in maniera onesta e trasparente – conclude Livini – nelle Marche occupa una fetta non così rilevante. Io mi ci sono rimesso in gioco e mi sono organizzato con un centro medico (Aion di Civitanova Marche, ndr) aperto di recente. Mi rimetto in discussione, lo faccio perché ho ancora passione. Voglio anche io cimentarmi in quest’ambito».
Ai microfoni di Radio Fm1, si diceva, anche il presidente dell’associazione “La Pira”, Maurizio Temperini che ha spiegato gli obiettivi della neonata associazione: «Sorge dall’amicizia di alcune persone di Porto San Giorgio e Fermo, con l’intento di dare questo senso di unità nell’ambito del territorio. Questo ci ha portati a scegliere argomenti di stretta attualità come l’assetto del territorio, il turismo e la sanità, per capirne le problematiche. L’obiettivo però è soprattutto quello di una sempre maggiore collaborazione e unione tra Porto San Giorgio e Fermo. Esempi pratici di questa unione di intenti potrebbero essere un programma estivo unico, che riesca ad attirare maggiori turisti, e una collaborazione sull’assetto territoriale, dall’urbanistica alle strade. Quindi una sinergia sui servizi, che riesca a rendere il territorio più fruibile e organizzato. Altro importante scopo è quello di coinvolgere i giovani sui temi che affronteremo nei vari incontri organizzati, per rigenerare nelle future generazioni la voglia di partecipare alla vita pubblica. L’associazione ha solo uno scopo formativo e divulgativo, puntando all’incontro tra le generazioni».
Il microfono è poi passato all’avvocato Giovanni Lanciotti: «Confrontandoci tra componenti dell’associazione, ci siamo posti il problema: sono pronti gli enti a creare una comunità intercomunale? Io sono convinto che la sinergia debba scaturire, in primis, dagli amministratori dei Comuni stessi. Sono certo che se hanno a cuore l’ente che amministrano, non possono fare a meno di strutturarsi in un modo diverso rispetto a come è stato fatto fino ad ora. In un mondo che va verso la globalizzazione e la digitalizzazione, le nuove generazioni non sono attaccate come le nostre al campanilismo. Dobbiamo cercare di far passare quest’idea attraverso gli amministratori, per poi arrivare alla popolazione. Oggi la partecipazione politica è in calo, ecco perché il nostro è un obiettivo difficile. Ovviamente, andando nel concreto, la strada per strutturare questa unione nel territorio parte dalla comunione di intenti sui servizi. Sull’incontro (previsto, si diceva, per questa sera alle 21,15 nella sala della Croce verde di Fermo), credo che il territorio, in materia di riforma sanitaria, debba rispondere compatto a livello amministrativo».
In chiusura la parola ad Alessandro Ranieri, coordinatore d’ambito, che ha sviluppato il tema dell’assistenza di prossimità: «Il sociale è stato sempre un soggetto più piccolo ma comunque essenziale nella dimensione sanitaria. Ci stiamo dirigendo verso un approccio sempre più territoriale, di comunità competente, che cerca di gestire la dimensione delle politiche pubbliche sociali in maniera condivisa. L’esperienza degli ambiti parte proprio da una gestione associata, per tornare ai temi cari all’associazione “Giorgio La Pira”. Nell’ambito 19, i 31 Comuni hanno, attraverso il comitato dei sindaci, una funzione di indirizzo. L’assetto sociale si sta spostando verso un’ottica che avvicina il cittadino a tutta una rete di servizi. Questo è l’approccio che vogliamo ripercorrere anche attraverso i fondi del Pnrr, che con la missione 5 cerca di associare risorse economiche non tanto alle strutture ma alla prossimità. Tutti i Comuni in questo caso hanno capito che l’unione fa la forza; le problematiche ci sono, ma stiamo riuscendo ad adattare le procedure e le strutture all’intero territorio».
Appuntamento dunque questa sera alle 21,15 nella sede della Croce verde di Fermo, in piazzale Tupini, per l’incontro-dibattito dell’associazione “Giorgio La Pira”, nel corso del quale Licio Livini e Alessandro Ranieri promettono di aggiungere “carne sul fuoco” rispetto a quanto anticipato a Zoom, ieri sera.
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