di Pierpaolo Pierleoni
«Se Ceroni continua così, alla fine i debiti della Steat arriveranno a 20 0 30 milioni. Sta dando letteralmente i numeri, che non tornano. I bilanci della Steat sono stati tutti depositati e validati dagli organismi di controllo. Il resto sono chiacchiere e propaganda».
Nuova puntata dello scontro a distanza sui conti dell’azienda di trasporto pubblico del Fermano. Dopo i chiarimenti del presidente Remigio Ceroni, torna alla carica il suo predecessore Fabiano Alessandrini, che ironizza sull’uscita dell’ex parlamentare.
«La perla della sua teoria è che “pagando le rate dei mutui il debito aumenta“, come se la rata pagata non servisse ad estinguere il finanziamento – punge Alessandrini – Cose che neanche in primo ragioneria! Poi, senza alcuna spiegazione, dice che “in 10 anni sono stati pagati 1,5 milioni di interessi”. Che significa? In quella cifra ci sono anche gli oneri bancari, che in un’azienda da 100 dipendenti e 10 milioni di fatturato hanno un peso consistente. Ma cosa vuole dire Ceroni? Non andavano acquistati i nuovi autobus? Non andavano realizzati i depositi? Dovevamo perdere i finanziamenti statali e regionali per non pagare la nostra quota? E se invece sì, con quali soldi? Con quelli della mancata ricapitalizzazione dei Comuni soci, incluso il suo Rapagnano? Secondo le linee guida di Asstra nazionale e la normale tecnica contabile, un’azienda è virtuosa quando gli oneri finanziari non superano il 2% del fatturato, e Steat in questi anni, nonostante la sottocapitalizzazione storica che ha costretto la società a ricorrere ai finanziamenti per investire, non ha mai superato l’1,5%. Questo è l’indicatore finanziario da valutare, non il rapporto tanto sbandierato tra indebitamento e fatturato. Come direbbe lui siamo all’abc dell’economia. Vogliamo poi parlare della strabiliante scoperta che per prendere un finanziamento fondiario occorre l’ipoteca? Qui siamo ad Alice nel paese delle meraviglie, anzi a Ruby nipote di Mubarak».
Alessandrini torna poi sulla possibile vendita di Monte Cacciù, tema che sta accendendo il dibattito nelle ultime settimane. «Il problema non è che il vecchio cda tentò di vendere l’area tre anni fa, ma che Ceroni voglia venderla oggi alla metà del valore originario – prosegue Fabiano Alessandrini – Noi tentammo la vendita in previsione dell’asta di santa Lucia, volevamo valutare tutte le soluzioni, compreso il riacquisto di monte Cacciù dalla Provincia che ha il diritto di prelazione. Non abbiamo svalutato l’area che rimane edificabile, il mercato alterna i momenti di interesse. Poi abbiamo finanziato diversamente Santa Lucia e cambiato obiettivo su monte Cacciù. Nel 2020/2021, anche in previsione della normativa sui crediti di carbonio, decidemmo di valorizzare il parco, facendo valutare la CO2 annua immagazzinata, c’è una relazione allegata al bilancio sociale Steat, abbiamo preso anche il premio Unesco a Tipicità. Per la parte sud abbiamo chiesto al comune di Fermo la trasformazione d’uso in turistico ricettiva, sia per la casa colonica esistente che per il terreno circostante con la possibilità di installare piccole strutture ecocompatibili. L’idea era di creare una struttura capace di accogliere il turismo scolastico nazionale a Fermo, molto richiesto dalle agenzie con cui collaboriamo».
Alessandrini chiude rivendicando «l’idea di valorizzare l’area. Non c’era nessuna speculazione. Resta misteriosa la volontà di vendere l’immobile ora, svalutato, in pendenza di una domanda di variante urbanistica al comune di Fermo».
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