Su 365 giorni gli artigiani di Fermo devono lavorarne 186 per pagare i tributi. Ne restano 179 per iniziare a guadagnare per sé. In sostanza, la metà del lavoro se ne va in tasse. E dire che l’imprenditore fermano medio potrebbe anche ritenersi più “fortunato” rispetto ai suoi colleghi marchigiani: è quanto emerge dal report dell’Osservatorio CNA (leggi qui) sulla tassazione chiamato “ Comune che vai, fisco che trovi ”, presentato ieri a Roma, alla presenza del vice ministro all’Economia Maurizio Leo.
L’Osservatorio ha analizzato 114 Comuni italiani: il total tax rate, cioè la tassazione a cui è sottoposta l’impresa, nel Comune di Fermo si attesta al 50,9%, contro il 52,7% valore medio italiano; il 4 luglio è la data da segnare sul calendario, cioè il giorno in cui, secondo lo studio condotto, si smette di lavorare per pagare le tasse e si inizia a lavorare per i consumi famigliari. A livello nazionale il tax free day è il 10 luglio. Questi numeri posizionano Fermo al 14esimo posto su 114 Comuni, quindi tra quelli con la tassazione relativamente più conveniente: in testa c’è Bolzano con il 46,7%, chiude Agrigento con il 58%; gli altri capoluoghi di provincia delle Marche occupano la classifica dal 42esimo posto in giù.
«Non c’è di che festeggiare, questo è sicuro» è l’amaro commento del Presidente CNA Fermo Emiliano Tomassini, che però sottolinea: «I dati evidenziano una variazione che vede il total tax rate ridursi di 7 punti percentuali e mezzo, visto che nel 2019 si pagavano il 58,4% di tasse, in linea con la riduzione media nazionale. Senza dubbio, ad incidere sono state alcune azioni su cui la CNA ha lavorato molto, come la deduzione Imu del 100%, l’eliminazione dell’Irap e la rimodulazione dell’Irpef. L’obiettivo deve essere abbassare ancora di più la tassazione e soprattutto migliorare i servizi offerti».
Spiega il Direttore Generale Andrea Caranfa: «Imprenditrici e imprenditori meritano un fisco più leggero, più semplice e più equo. Le differenze nella tassazione dipendono dalla Tari e dalle rendite catastali, che non sono allineate ai valori commerciali. Anche se la pressione fiscale è scesa, resta comunque elevata. Dallo studio emerge purtroppo che ad una tassazione alta corrispondono i servizi peggiori. Questo non aiuta la voglia di fare impresa».
A complicare la vita dell’imprenditore ci sono poi ben noti problemi quali la mancanza di manodopera, la crisi energetica e il rebus dei crediti incagliati nei cassetti fiscali: «Le piccole imprese – osserva Tomassini – fanno molta fatica di fronte ai repentini cambiamenti di uno scenario in continua evoluzione, altalenante, che genera forte incertezza e preoccupazione. Come CNA chiediamo di ridurre la pressione fiscale garantendo, maggiore equità nel prelievo tra i diversi redditi da lavoro, e di invertire sensibilmente la tendenza di questi ultimi anni di trasferire sulle imprese gli oneri dei controlli».
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