di Giorgio Fedeli
Tanto si parla del nuovo ospedale di Campiglione. Subito dietro, nella lista degli argomenti sanitari più gettonati, quello di Amandola, o meglio dei Sibillini. Insomma le nuove strutture ospedaliere in fase di realizzazione nel Fermano tengono banco. Ma a fare da contraltare a un dibattito che comunque contribuisce a tenere viva e alta l’attenzione sulla sanità locale c’è un silenzio, a tratti assordante, su quello che ne sarà dell’ospedale Murri di Fermo. Lo storico nosocomio nel cuore della città capoluogo, infatti, a breve andrà in pensione per passare a quello di Campiglione il testimone e in eredità la simbolica “H”.
Nessuno ne parla, nessuno si sbilancia. E anche tra i reparti del Murri c’è chi vorrebbe tanto sapere che ruolo giocherà il Murri nella redistribuzione dei servizi sanitari tra il vecchio e il nuovo. Di certo l’edificio che ospita l’ospedale civile di Fermo è troppo grande, troppo importante, ormai inglobata appieno nel centro della città, per essere ignorato. Sul fatto che nel suo futuro ci sia un qualcosa di sanitario sembra l’ipotesi più accreditata. Se la sua futura destinazione è ammantata da un velo di silenzio, quello che si sa per certo è chi dovrebbe spazzare via quella coltre di mutismo: la politica, a tutti i livelli. E con l’approssimarsi della fine lavori del nuovo ospedale, che come rimarcato più volte dal sindaco Calcinaro, procedono spediti, quel silenzio si fa via via più imbarazzante. Basti dire che diventa a dir poco legittimo per la popolazione, volendo anche solo per un istante ignorare gli interrogativi che i cittadini e i sanitari si pongono su quali servizi caratterizzeranno il “nuovo” Murri, sapere cosa diventerà quell’imponente stabile di tra via Murri e via Speranza.
Anche l’assessore regionale alla Sanità, Filippo Saltamartini, ha qualche renitenza nel pronunciarsi «perché è una questione che coinvolge diversi enti». Ma se la si butta sull’opinione personale, allora lì sì che si lascia andare a una disamina dell’attuale in vista del domani.
«Stiamo parlando di una struttura molto grande ed importante che, se mi chiedete la mia personale opinione, va sicuramente valorizzata. Ma bisognerà confrontarsi col Comune, con vari enti. Ambulatori? Una Rsa? Una struttura di riabilitazione? Una residenza protetta? A mio avviso prima di prendere una decisione bisogna ragionare con gli enti locali e capire quali sono le esigenze del Fermano. L’invecchiamento della popolazione ha fatto inevitabilmente aumentare la domanda delle strutture residenziali. Ora bisogna capire se questa politica è ancora attuale. Sia la Ue che il Pnrr compreso il decreto ministeriale 77 dello scorso anno hanno identificato questi bisogni sanitari della popolazione non più giovane con, ad esempio, l’infermiere di prossimità. Serve capire quindi se si va verso l’assistenza domiciliare o verso quella nelle strutture. Questo presuppone una valutazione complessiva dei servizi che sono presenti sui territori. Bisogna fare un’analisi con i servizi sociali territoriali, con i Comuni per capire cosa farne. Qui sono in campo competenze multidisciplinari. Le Case di Riposo e i servizi sociali, ad esempio, sono di competenza dei vari Comuni. Insomma quali sono i fabbisogni sociali del Fermano».
Uno screening a tutto tondo, dunque. Teoria condivisibile, per molti versi, se non altro per indirizzarsi verso la scelta migliore. Ma a preoccupare è il fatto che si sia ancora allo stato embrionale nella discussione e che nessuno abbia ufficialmente promosso, o quantomeno, un tavolo di concertazione. E quello su cui viaggiano il nuovo e l’attuale ospedale è sempre più un binario a due velocità quando invece viaggiare in sincrono dovrebbe essere uno dei cardini della progettazione pubblica, a maggior ragione se investe servizi essenziali come quelli sanitari.
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