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Calzaturiero, segnali di ripresa ma il gap manodopera pesa sulla produzione. L’analisi e la ricetta di Ubaldi

LAVORO - La disamina dello stato di salute del calzaturiero. Il primo cittadino di Montegranaro: «Il lavoro c'è e ci sarebbe, non si trova però manodopera specializzata. Mi sento di invitare i giovani a mettersi in gioco, oppure i meno giovani a rimettersi in discussione. Se non sapete cosa fare, imparate un mestiere, ritornate alle origini. Specializzarsi sempre più in una professione è la chiave per mantenere vivo questo settore»

Endrio Ubaldi

di Laura Cutini

Si respira ottimismo tra gli imprenditori calzaturieri, c’è fiducia e voglia di ripartire. Ma sul calzaturiero pesano, oggi più che mai, la difficoltà di reperire manodopera specializzata, anche a causa del gap nel ricambio generazionale. E questo incide negativamente sulla produzione. L’analisi del sindaco di Montegranaro, Endrio Ubaldi: «Mi sento di invitare i giovani a mettersi in gioco, oppure i meno giovani a rimettersi in discussione. Se non sapete cosa fare, imparate un mestiere, ritornate alle origini. Specializzarsi sempre più in una professione è la chiave per mantenere vivo questo settore».

 

Sindaco, qual è secondo lei la situazione del distretto calzaturiero veregrense oggi, ormai lontani dalla pandemia, ma ancora sotto l’influenza della guerra in Ucraina? 

«In base a ciò che sento dagli addetti ai lavori ed ho avuto modo anche di constatare, ad esempio alle due precedenti fiere a Milano, quella dello scorso settembre e di febbraio, posso esprimermi certamente in positivo. Ho visto ottimismo da parte degli imprenditori, più fiduciosi rispetto alla tendenza degli ultimi anni. Le difficoltà sono altre, come ad esempio reperire manodopera specializzata».

Ecco a tal proposito, considerata la grande mobilità post pandemia che ha interessato il mondo del lavoro, come si sta evolvendo la situazione occupazionale secondo lei? 

«La situazione è certamente meno preoccupante oggi, rispetto agli anni precedenti nonostante la crisi ucraina, il lavoro c’è e ci sarebbe, non si trova però manodopera specializzata. Questo è l’argomento di discussione più frequente fra gli imprenditori ed i piccoli artigiani. Purtroppo ad oggi è difficile, anche per via dell’evoluzione culturale della società, notevolmente cambiata negli ultimi anni, trovare un ragazzo o ragazza che voglia intraprendere una carriera imparando un mestiere come quello dell’operaio specializzato o dell’orlatrice».

E’ questa quindi la maggiore criticità?

«A mio parere sì. Però è un problema che non riguarda solamente gli imprenditori o gli amministratori. Certamente va incentivata la formazione di figure che stanno scomparendo con i pensionamenti. La realtà è che pochissimi fra i giovani vogliono proseguire il mestiere dei padri o dei nonni. Ritengo con tutta probabilità che, se ci fossero dei percorsi di formazione professionali o degli incentivi, sicuramente avremmo più interesse  da parte dei ragazzi che terminano gli studi e vogliono entrare nel mondo del lavoro».

Quale potrebbe essere un incentivo da parte delle aziende per attrarre nuovi operai, giovani e meno giovani, che magari vogliono imparare un mestiere?

«Probabilmente cercare di parlare con un linguaggio diverso. Ormai le aziende sono sempre meno fabbriche, così come le si intendeva una volta e molto più laboratori creativi. Ecco, cercare di avvicinarsi ad una platea alla ricerca del primo lavoro o di una nuova occupazione, dando stimoli diversi. Parlare ai giovani spiegando loro che imparare un mestiere vale molto di più rispetto a trovare un lavoro. Significa formarsi e specializzarsi in qualcosa che non tutti sono capaci di fare, li renderebbe professionalmente molto più appetibili da parte delle imprese». 

La preoccupazione più grande quindi per le aziende diventa un’altra, la produzione?

«Certamente, perché se da un lato c’è un rilancio della calzatura, dall’altro c’è la difficoltà paradossale di non riuscire a sopperire a tutte le richieste che riguardano non solo il mercato interno ma anche l’estero, nonostante la crisi russa-ucraina. Devo dire che molti imprenditori da quel che mi riferiscono, sono da un lato soddisfatti di come siano andate le fiere del settore, dall’altro preoccupati rispetto ai tempi di consegna dei prodotti, proprio per via della manodopera carente». 

Per quanto riguarda l’ambito sociale, ci sono state delle criticità occupazionali accentuate dalla pandemia o dalla crisi russa?

«Sicuramente gli ammortizzatori sociali hanno favorito un impatto minore da parte delle due recenti criticità sulla popolazione veregrense, per quel che sto constatando durante il periodo della mia amministrazione. Non ci sono stati maggiori difficoltà rispetto agli anni precedenti».

Quale potrebbe essere un messaggio da mandare a chi è in cerca di lavoro, in conclusione?

«Quello che mi sento di dire è: mettetevi in gioco, oppure ai meno giovani, rimettetevi in discussione. Se non sapete cosa fare, imparate un mestiere, ritornate alle origini. Specializzarsi sempre più in una professione è la chiave per mantenere vivo questo settore, per accumulare esperienza ed arricchire sé stessi».

 

 


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