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Don Andrea Andreozzi consacrato vescovo. «C’è uno scarto tra noi e il cielo, dobbiamo ridurlo» (Video e Foto)

FERMO - L'arcivescovo Rocco Pennacchio rivolgendosi al nuovo vescovo: «Non ho dubbi, per come ti abbiamo conosciuto, per la tua indole e la tua storia, che tale consapevolezza ti accompagnerà per tutta la vita. Caro Andrea, la consapevolezza di essere offerta viva sarà il sostegno alla quotidianità della vita, molto diversa dalla solennità e sontuosità della liturgia che stiamo celebrando»
Don Andrea Andreozzi consacrato vescovo

di Daniele Iacopini (foto Simone Corazza)

 

Cattedrale metropolitana piena, oggi pomeriggio a Fermo, per l’ordinazione a vescovo di un altro “figlio” della diocesi fermana, ossia monsignor Andrea Andreozzi. Un pomeriggio di festa e preghiera, di emozione, devozione e di grande partecipazione. Monsignor Andreozzi andrà a Fano: prenderà il posto di un altro vescovo fermano, vale a dire monsignor Armando Trasarti, da poco in pensione, e sarà vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola.
Alla festa di monsignor Andreozzi, quest’oggi, ha preso parte tutta la Chiesa fermana e quella fanese, i rappresentanti dei comuni di Fermo, Fano, Monte Urano, Montappone, Porto Sant’Elpidio, nonché le autorità civili e militari.
L’arcivescovo Rocco Pennacchio, ossia colui che lo scorso 3 maggio, sempre in cattedrale, aveva dato la notizia della nomina a vescovo di Andreozzi, dando lettura del testo inviato dalla Nunziatura Apostolica in Italia, a firma del Nunzio Emil Pail Tscherrig, ha iniziato la cerimonia di ordinazione con i ringraziamenti partendo da «Papa Francesco, che ha guardato la nostra diocesi posando lo sguardo sul nostro presbitero. Grazie ai presidi di Marche e Umbria, e grazie per la presenza del cardinale Gualtiero Bassetti».

«Grazie per la vostra presenza in una chiesa mai così piena di presbiteri – ha aggiunto- grazie ai seminaristi di Marche e Umbria. Grazie alle autorità locali che hanno reso agevole la partecipazione a questa giornata. Saluto tutte le membra del Popolo santo di Dio, presenti qui e a San Domenico (nella chiesa è stato allestito un maxi schermo, ndr), e un saluto a quanti ci stanno seguendo in diretta».

Ed ancora: «Grazie ai volontari, Dio ricompenserà le vostre fatiche. Grazie al vescovo Armando Trasarti e alla diocesi di Fano, le nostre curie rafforzano ulteriormente i legami di amicizia».
E, rivolgendosi idealmente ad Andreozzi, ha ringraziato i genitori del neo vescovo: «Grazie a mamma e papà, che ci seguono dal cielo, da dove si vede ancora meglio quello che sta accadendo…». In cattedrale presenti le due sorelle e il fratello del neo vescovo.
L’ordinazione è proseguita con la lettura della nomina papale. Successivamente, il vescovo Pennacchio ha voluto elencare nell’omelia le linee della missione di un vescovo.
«Il Vescovo è chiamato a predicare il Vangelo con fedeltà e perseveranza, (per questo il libro dei Vangeli verrà tenuto aperto sulla testa dell’ordinando durante la preghiera di consacrazione). È chiamato a custodire il deposito della fede, in comunione con gli altri vescovi e in filiale obbedienza al Papa; è colui che si prende cura del popolo santo di Dio e, insieme ai presbiteri e ai diaconi, lo guida alla salvezza; il vescovo è attento ai poveri che sono immagine di Cristo e si interessa di quanti si smarriscono per edificare in unità il suo corpo che è la Chiesa. Per compiere il mistero che gli viene oggi affidato, don Andrea, con l’aiuto di Dio, si impegnerà ad essere irreprensibile e a pregare incessantemente per il popolo che gli viene affidato».

Citando il libro dell’Esodo, il vescovo di Fermo ha ricordato che Dio definisce Israele «una proprietà particolare, un regno di sacerdoti e una nazione santa. È una definizione antica e attualissima, che ha ispirato la dottrina conciliare sul popolo di Dio. La Chiesa non è una massa anonima – ha sottolineato – un’organizzazione sociale ma, come scrive san Pietro nella sua prima lettera, un edificio di pietre vive, cementate attorno a Cristo, pietra angolare. In virtù del Battesimo i cristiani possono essere chiamati stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio».
«L’espressione sacerdoti per il nostro Dio, che appare nell’Esodo, spinge ogni vescovo a condurre il popolo a lui affidato a esercitare il suo sacerdozio, cioè a realizzare con Cristo, per Cristo ed in Cristo la vocazione alla santità, nella quotidianità della vita cristiana e nella edificazione della comunità. Caro Andrea – ha affermato monsignor Pennacchio rivolgendosi ad Andreozzi – il nostro ministero e quello dei presbiteri, il nostro sacerdozio ministeriale non è autoreferenziale, è ordinato ai fedeli perché vivano pienamente, non in condizione d’inferiorità, il loro sacerdozio cosiddetto ‘comune’; se ciò non accade siamo gravemente inadempienti. Il cammino sinodale ci sta spronando in questa direzione, orientandoci ad edificare la Chiesa corresponsabilmente, sentendoci compartecipi di un destino comune. Edificare la Chiesa diocesana e condurla in unità, questo è primariamente compito del Vescovo».
Il Vescovo, ha affermato monsignor Pennacchio nell’omelia, «è colui che incarna il ministero della riconciliazione che Cristo ci ha affidato. Riconciliazione non vuol dire solo perdono (purtroppo da vescovi si confessa poco) ma anche accoglienza, fraternità, comunione, attenzione a chi rimane ai margini perché, nella sua marginalità, è prediletto da Cristo. Il vescovo esercita questo ministero di riconciliazione innanzitutto con i suoi presbiteri, avendo attenzione specialmente per i preti stanchi e sfiniti, scoraggiati, delusi, sofferenti, soli, bisognosi di ascolto, di misericordia, di amore. Quanto vorremmo dire a tutti i nostri presbiteri: coraggio! La scommessa della fraternità è sempre vincente sull’illusoria consolazione dell’isolamento».

Attraverso i presbiteri, suoi primi collaboratori, e i diaconi, il vescovo guarda e cerca i fedeli battezzati più vicini, quelli della soglia, i lontani, che sono la maggioranza. Insieme, sentiamo la responsabilità di essere strumenti di riconciliazione e di comunione. «La chiamata all’episcopato è per un presbitero una nuova vocazione – ha continuato -, il nuovo inizio di un uomo che il Signore ha chiamato e assunto fra gli altri uomini, perché senta compassione, non si rassegni di fronte al dolore del mondo e sappia versare l’olio della consolazione ed il vino della speranza».

«C’è ancora chi considera questa chiamata una carica a cui ambire, una promozione; altri, un peso troppo difficile da sopportare. Entrambi i concetti sono erronei perché centrano l’attenzione sulla persona del vescovo e le sue doti. Annunciare il Regno, guarire, consolare, ammaestrare e, aggiungo, amministrare, governare, possono far tremare le vene e i polsi. Certo, qualora pensassimo che tutto dipendesse da noi, l’ansia da prestazione, il confronto con altri, la tentazione della vanagloria, insomma, il peso del giogo, che tu hai scelto come simbolo nello stemma, sarebbe insostenibile».
“Solo se consideri che sei mandato per la sua messe, puoi accogliere con disponibilità d’amore – le parole di monsignor Pennacchio – questa prospettiva e così puoi restituire gratuitamente ciò che gratuitamente hai ricevuto – ha concluso – Il segreto per non farsi prendere dalla tentazione del martalismo, come l’ha definito papa Francesco, è rimanere legati a Lui. La grandezza dell’episcopato e la sua condizione di possibilità, come fu per gli apostoli, risiede nel fatto che, in cambio della generosità a donarsi nell’amore, il Signore affida il suo tesoro a noi, vasi di creta, e così rende soave e leggero il giogo. Non ho dubbi, per come ti abbiamo conosciuto, per la tua indole e la tua storia, che tale consapevolezza ti accompagnerà per tutta la vita (…). Caro Andrea, la consapevolezza di essere offerta viva sarà il sostegno alla quotidianità della vita, molto diversa dalla solennità e sontuosità della liturgia che stiamo celebrando. Rimane vero, infatti, che il Vescovo è un uomo come tutti, con le sue fragilità, i suoi momenti di sofferenza, le sue ribellioni, le sue solitudini. Non cerchiamo gratificazioni ma le consolazioni non mancheranno, prima fra tutte la consolazione di essere in Cristo, e poi i legami belli che ti uniscono a quanti ti hanno conosciuto, non ultima la fraternità episcopale che già hai sperimentato con i vescovi della nostra regione quando due anni fa hai predicato gli esercizi spirituali».

La cerimonia di ordinazione è proseguita con l’interrogativo solenne in presenza del popolo della Chiesa. Interrogativo a cui mons. Andreozzi ha risposto con l’altrettanto solenne “Sì, lo voglio!”. Poi si è passati alla consegna dell’anello, della mitra e del pastorale, momenti che hanno segnato e concluso l’ordinazione vera e propria, a cui ha fatto seguito il grande applauso dei fedeli.
In chiusura di cerimonia, le prime parole del nuovo vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola.

«In questi giorni – ha affermato monsignor Andreozzi – mi è tornata spesso in mente la frase che ripeteva il mio professore di religione: ‘Cosa c’entra tutto questo con le stelle? Servono a recuperare il cielo, la luce migliore che ciascuno di noi può riflettere davanti a Dio. Stelle che sono la nostra sete di infinito. Le stelle ci aiutano a ricordare tutti, coloro che sono privi di vita in fondo al mare…” (chiaro il riferimento alle tante vittime dei naufragi di questi anni).
«C’è uno scarto tra noi e il cielo – ha continuato – tra noi Chiesa e il mondo. In questo senso si gioca la nostra vita, cercando di ridurre le distanze. Il cielo fa gustare a ciascuno e restituisce a noi il gusto di fare luce e spendere la parte migliore di noi stessi».
E ha concluso: «Chiedo perdono dinanzi a tutti, consapevole dei miei limiti. Questo anello che ho ricevuto era di mio padre, sono grato a lui…».


Monsignor Andrea Andreozzi ha 55 anni, è stato ordinato presbitero nell’ottobre del 1996. Nel corso degli anni, numerosi i ruoli coperti, a partire dalla nomina a vicario parrocchiale a San Michele Arcangelo a Monte Urano. Successivamente, è stato nominato docente di Sacra scrittura presso l’Istituto Teologico Marchigiano e, nel 2007, è stato nominato parroco pro-tempore e legale rappresentante della parrocchia San Pio X a Porto Sant’Elpidio. Ed ancora: nel 2010 è stato nominato membro del Consiglio di amministrazione della Pia fondazione autonoma “Fondazione Terzo Millennio per la cultura, l’arte e l’educazione”, in rappresentanza del giornale diocesano La Voce delle Marche. E quattro anni dopo, nel 2014, è diventato direttore spirituale del Seminario arcivescovile di Fermo. A seguire, per lui, anche l’incarico di responsabile dell’Unità pastorale di Porto Sant’Elpidio e vicario foraneo sempre di Porto Sant’Elpidio. Nel 2015 viene nominato membro di diritto del Consiglio presbiterale, mentre nel novembre del 2018 è stato nominato vicepresidente del Consiglio di amministrazione della Pia Fondazione autonoma diocesana “Fondazione Caritas in veritate”. Dal 2020, infine, è rettore del Pontificio seminario regionale umbro “Pio XI” di Assisi.


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