La stretta monetaria preoccupa le imprese, che si devono confrontare con la crescita del costo del credito, quindi con la riduzione dell’erogazione dei prestiti accessibili. Una spina nel fianco per chi aveva programmato in questo 2023 nuovi investimenti e che rischia di far diventare la tanto attesa ripresa economica un’ulteriore occasione persa.
Il timore trova seguito nell’ennesima azione della Banca centrale europea, che ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base, portando il tasso di riferimento al 4%. Un’azione voluta per calmierare il picco dell’inflazione, che è sì scesa ma non come sperato. Anche in Italia, a maggio, l’inflazione ha ripreso a calare dopo la risalita registrata ad aprile, al livello di marzo 2023 (+7,6%). Meglio della media nazionale, le Marche, con il 7,4%.
«Questo stato di incertezza non ci aiuta, perché anche la Bce non è stata chiara circa le sue previsioni sul calo dell’inflazione – le riflessioni del segretario generale di Confartigianato Giorgio Menichelli -. Così la produzione rallenta (il manifatturiero è diminuito dell’1,6% nel periodo febbraio-aprile) e le aziende non hanno possibilità di ripartire. Capiamo che la Banca centrale europea abbia il compito di mantenere stabili i prezzi, ma fermare gli acquisti comporta delle notevoli conseguenze. Intanto, l’aumento dei tassi di interesse rischia di sterilizzare nuovi investimenti e nel nostro territorio questa preoccupazione e ancora più sentita: in vista della partenza della progettazione per Next Appennino, l’aumento del costo del denaro può costituire un brutto freno. Ci auguriamo che la congiuntura non azzoppi questo indispensabile strumento di ripresa, perché costituirebbe un’ulteriore batosta per un territorio che ancora sta faticando a risollevarsi».
«Ma, più in generale, è proprio la stretta monetaria ad incidere negativamente su tutta l’economia – prosegue Menichelli -. Basti solo guardare allo scorso anno, quando, in chiave regionale, i maggiori costi derivanti dall’aumento dei tassi di riferimento dell’Eurozona sono stati traducibili a giugno in 79 milioni di euro delle Marche. La salita del costo del credito amplifica la compressione della redditività determinata dalla straordinaria pressione dei costi dell’energia e delle materie prime, mentre riduce la domanda per investimenti. Ci troviamo allora affossati, non potendo più neanche contrarre mutui. Quello che ci auguriamo è che anche il nostro Governo continui a chiedere maggiore equilibrio alle istituzioni europee”.
“Veniamo da un decennio di tassi azzerati poi negativi – aggiunge il direttore generale del Confidi Uni.Co, Paolo Mariani -. Oggi le imprese debbono affrontare uno scenario completamente nuovo, reso ancor più complesso da fattori quali la crisi energetica, e il conflitto bellico che hanno acuito le spinte inflazionistiche. È in tale contesto che il divario tra i tassi attivi e passivi praticati dalle banche ha superato i 300 punti base. La Regione in questo periodo ha prorogato sino al termine del corrente anno la validità della Legge 13 e di ciò gli va dato plauso. Tale strumento è fondamentale in questo periodo perché, concedendo un contributo in conto interessi, sostiene concretamente le imprese in particolar modo le micro/piccole nell’accesso al credito ed agli investimenti. Siamo certi che con l’avvio della nuova Programmazione questa misura possa essere ulteriormente affinata al fine di sostenere l’economia regionale come già fatto con successo dal 2020 ad oggi. Infatti vorrei sottolineare come grazie alla Legge Regionale, ben 5.143 imprese hanno usufruito del contributo tramite UNI.CO generando 467 milioni di finanziamenti».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati