L’ex governatore della Calabria Scopelliti a Fermo col suo libro: «Libero, ora sono un uomo felice. Riprovare in politica? Non più» (Videointervista)

FERMO - Il politico definisce terminata la sua esperienza politica: «Tocca a una nuova generazione, ma sono felice che oggi governino quelli con cui ho condiviso ideali e passioni»
L'intervista a Giuseppe Scoppelliti ai microfoni di Radio Fm1

 

Giuseppe Scopelliti

Da astro nascente della politica italiana a detenuto, dagli hotel a 5 stelle alla cella numero 16 di un carcere, da pubblico amministratore tra i più influenti e popolari del Mezzogiorno ad uomo con una vita da ricostruire. Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della Calabria, è arrivato oggi a Fermo, per presentare il suo libro “Io sono libero”, iniziativa patrocinata dalla provincia di Fermo. Prima dell’incontro nella sala consiliare della Provincia, è stato ospite ai microfoni di Radio Fm1 per un’intervista in cui ha raccontato la sua opera e ripercorso la vicenda giudiziaria che lo ha visto condannato a 4 anni e 7 mesi per falso in atto pubblico.

«L’idea del libro nasce in carcere, da un altro detenuto – esordisce l’ex governatore – All’inizio ero scettico, poi la proposta mi ha stimolato e man mano si è concretizzata. L’esperienza del carcere non l’avrei mai immaginata. Quando ricopri un ruolo pubblico sai a cosa puoi andare incontro, ma la mia fu una sentenza, a mio avviso, politica e soffro nel dirlo, da uomo delle istituzioni. Stare in carcere dà la sensazione di essere al cimitero, sei murato ma vivo. Sono passato dal frequentare hotel a 4 o 5 stelle alla alla cella 16 del cubicolo del carcere di Reggio Calabria. Sapevo di aver perso una partita combattendo a mani nude contro un sistema aggressivo».

Da dx Giuseppe Scopelliti, Nunzia Eleuteri e Andrea Marcantoni

Scopelliti definisce il carcere come «uno dei momenti di maggiore solidarietà nella società attuale. Quando entrai c’erano i nomadi che mi salutavano con affetto, ricordando che avevo dato una casa a 126 famiglie dopo aver sgomberato un campo nomadi. Poi c’erano gli italiani, mi volevano bene, perché quando ti sei occupato della collettività e non hai fatto del male a nessuno, la gente si avvicina e ti vorrebbe anche aiutare. Io partecipavo a tutte le attività, da quelle spirituali a quelle sportive, amavo fare i dolci. Il tempo passa se riesci a riempirlo. Ho sperimentato un mondo in cui la polizia penitenziaria e gli educatori svolgono un lavoro eccezionale. Diverso è l’aspetto trattamentale, questo è il grande neo, l’aspetto che manca è lavorare per garantire la riabilitazione di chi esce dal carcere. Durante la detenzione ho letto anche tante carte e posso dire che su 10 detenuti, 1, forse 2, sono probabilmente innocenti. Un dato che fa pensare. Dovrebbe pagare solo chi sbaglia».

Rivendica con orgoglio, Scopelliti, la sua attività politica: «Ero un leader, riconosciuto come il grande sogno, prima di Reggio Calabria, poi della Regione. Girando la mia città, c’è chi mi dice che oggi vincerei con percentuali anche maggiori del 70% con cui vinsi nel 2007, tanti che non mi votarono oggi lo farebbero per far rinascere Reggio Calabria. Per la mia azione divenne la decima città metropolitana d’Italia. Ho rappresentato una speranza sopita, spero che qualcuno in futuro sappia farlo di nuovo, più e meglio di me».

La presentazione del libro in Provincia

La vicenda giudiziaria dell’ex sindaco e governatore ruota intorno ad una figura, la sua dirigente al bilancio a Reggio Calabria, Orsola Fallara, morta suicida il giorno dopo aver ammesso le proprie responsabilità su una serie di ammanchi economici ed incarichi che aveva affidato. Scopelliti, condannato in tre gradi di giudizio, non poteva non conoscere l’attività della sua stretta collaboratrice. «Non c’era un documento, un’intercettazione, una sola prova a dimostrare il mio coinvolgimento – ricorda – La condanna si fonda su una prova logica, io dovevo essere corresponsabile, anzi l’ideatore delle sue azioni. Se non si fosse tolta la vita, Orsola Fallara sicuramente mi avrebbe scagionato da ogni accusa. Sono l’unico pubblico amministratore in Italia, e resterò l’unico, ad essere andato in prigione per falso ideologico, senza attenuanti e da incensurato. I revisori dei conti presero la metà della mia pena, eppure il controllo sui bilanci era proprio loro compito. Consiglieri e assessori non furono neanche indagati, eppure gli atti approvato erano collegiali. La Fallara chiuse la sua conferenza stampa prima di morire scusandosi con me. La Corte non ha mai voluto acquisire il video con le sue dichiarazioni».

Resta a Giuseppe Scopelliti l’amarezza, ma rimarca di essere «un uomo libero, lo sono stato sempre e forse per questo sono stato visto come un pericolo. La Calabria forse doveva restare nel degrado. In Regione ho ridotto il disavanzo da 254 a 30 milioni di euro. Sono 220 milioni di euro sottratti a pochi. Ma questo metteva le mani in tasca a chi si era nutrito per anni di quelle risorse. A quel punto la platea dei nemici cresce. A Milano mi recai da un luminare del diritto, lesse gli atti e disse che il diritto era stato calpestato. Anche un altro professore, altro legale di assoluto valore che mi difese, non riusciva a vedere dove fosse la mia colpa».

Scopelliti definisce «eccellente la riforma delle intercettazioni e quella sull’abuso d’ufficio del ministro della giustizia Nordio, ma serve una riforma più generale. Viviamo una fase di debolezza della politica, spero che Giorgia Meloni abbia la forza per cambiare le cose. Io l’Italia l’ho sempre chiamata nazione e non paese, ma oggi non è giusta, non è forte e non è libera».

Parole che sanno di impegno politico, ma l’ex governatore esclude un ritorno nell’agone. «Appartengo ad un’altra stagione, tornare sarebbe un errore. Vedo oggi tante persone cresciute politicamente con me, anche qui nelle Marche. Qualcuno mi dice: dovresti stare tu al mio posto. Ma sono felice perché c’è qualcuno che sta portando comunque avanti il mio sogno. La politica è una “malattia”, ma mi sono disintossicato e sono felice di quello che faccio. Tifo per tanti ragazzi che ho visto crescere e spero possano regalarci un’Italia diversa».


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