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«Non siamo fannulloni. D’estate vogliamo lavorare ma a volte mancano le condizioni». Le testimonianze dei giovani

FERMANO - Se ristoratori e balneari cercano manodopera, i giovani volenterosi ci sono. I ragazzi: «Spesso i compensi sono bassi, comunque sono esperienze formative. Lavoriamo per sostenere le spese personali». Molti cercano un impiego estivo ma le condizioni sono sempre meno appetibili. Che fare? Serve una riforma del lavoro a 360 gradi

 

di Alessandro Luzi

Si sa, l’estate è la stagione dei tormentoni. Quei motivetti banali ma efficaci entrano in testa e, così come l’intensità del caldo, si affievoliscono soltanto a settembre. I tormentoni però non sono soltanto musicali. Irrompono infatti con prepotenza nel dibattito pubblico alcuni temi, ormai diventati veri e propri evergreen. Un argomento da hit parade è la carenza di personale negli chalet e nei ristoranti. Ecco, anche quest’anno ci risiamo. Proprio qualche giorno fa è emerso che a Porto Sant’Elpidio entrambe le categorie sono in difficoltà nel reperire personale. In realtà è uno scenario che rispecchia il trend di tutto il territorio nazionale. Dalla pandemia il problema torna sotto i riflettori ciclicamente, con tutte le polemiche a seguito. Ebbene sì, perché si sono create due vere e proprie fazioni contrapposte: da un lato i titolari di chalet e ristoranti, dall’altro i ‘giovani’. I primi sono etichettati come ‘schiavisti’, gli altri come ‘fannulloni’. Una semplificazione brutale di un tema decisamente complesso. È vero, la manodopera in questi settori è in diminuzione ma giocare a scaricabarile sulle responsabilità non giova a nessuno. E forse né chi ha uno stabilimento né i ragazzi hanno delle vere e proprie responsabilità. Anche perché i ragazzi che vogliono lavorare ci sono. Come per esempio Andrea, diciottenne, da due anni fa il bagnino di salvataggio: «Qui mi trovo bene quindi ho deciso di ripetere l’esperienza. È utile per mettere da parte dei soldi per l’inverno e togliermi qualche soddisfazione personale. Lo scorso anno è stato pesante perché dovevo prendere il treno e arrivare in altre località del litorale. Ho dovuto anticipare anche la quota per l’abbonamento del treno, poi rimborsata nell’ultimo stipendio. Visto che vivo da solo questa cosa mi aveva messo un po’ in difficoltà. Comunque in generale lo stipendio è adeguato per il ruolo che svolto. Forse meritiamo qualcosa in più perché abbiamo tanta responsabilità e abbiamo speso dei soldi per avere il patentino però va bene così. Mi accontento anche perché dallo scorso anno il salario è leggermente aumentato». Infatti, a detta dei ragazzi, ogni anno i bagnini di salvataggio guadagnano sempre un po’ di più, come anche nel caso di Mattia: «Secondo me il primo anno non ero pagato a sufficienza, poi la stagione successiva la retribuzione è aumentata. Ora è più equa. Tuttavia varia a seconda delle cooperative. Per quanto riguarda l’ambiente di lavoro mi trovo molto bene, c’è un clima disteso e sono tutti molto disponibili». «Lo stipendio è rapportato alla nostra professione – ha raccontato Pietro, bagnino di salvataggio -. Sono contento di questo ruolo e mi permette una certa autonomia nelle mie spese quotidiane».

Se i bagnini di salvataggio sembrano non avere particolari criticità, lo scenario cambia quando parliamo di ristoranti e chalet. «Ho lavorato sia come bagnino di terra che come cameriere – è la testimonianza di un giovane -. Per quanto riguarda la prima professione, non avevamo giorni liberi ed è stata una stagione durissima. Lo stipendio era molto redditizio ma è stata un’esperienza logorante. Anche l’ambiente di lavoro era decisamente agitato. Cosa diversa quando ho fatto il cameriere ma lì la retribuzione era bassa. Per entrambe le professioni avevo un contratto regolare affiancato da una retribuzione non regolarizzata. Quest’anno ho cambiato di nuovo chalet e, vista la maturità, per il momento sto lavorando a chiamata». Addirittura due ragazzi, entrambi camerieri, non hanno nessun contratto: «Nel nostro caso conviene sia a noi che al titolare. Questo allo stesso tempo ci permette di gestire l’orario di lavoro e i nostri impegni universitari. Poi lo stipendio inevitabilmente è più alto. Infatti è sufficiente per mantenerci gli studi e sostenere qualche spesa personale». Priscilla invece era stata assunta in regola, ma a discapito del salario: «Sono stata in uno chalet, in un bar e in un campo estivo. Non mi sono mai lamentata della retribuzione però a volte non era rapportata alla mole di lavoro. Comunque avere un’occupazione estiva mi ha consentito di crescere individualmente e ottenere una certa indipendenza economica». Caso diverso per Edoardo, cameriere, e Mattia, bagnino di terra: «I nostri compensi sono ottimi e abbiamo un contratto in regola. Certo, all’inizio è dura e poi ci si abitua ai ritmi di lavoro».

Insomma, per le micro e piccole imprese come chalet e ristoranti, sostenere i costi dei contratti per gli operatori non è semplice. Dall’altro lato invece ci sono i giovani: molti vogliono trovare un impiego nei tre mesi di sosta scolastica ma le condizioni sono sempre meno appetibili. Allora che fare? È evidente che serve una riforma del lavoro a 360 gradi. I costi della vita sono impennati ma i salari sono sempre gli stessi ed i gestori hanno poche possibilità di manovra.

Intanto c’è chi sceglie altri settori, magari più vicini alle passioni personali. «L’anno scorso ho aiutato mio padre in officina. Quest’anno sono alle colonie, faccio l’operatore turistico su un info point e presento anche qualche evento – ha riferito Andrea -. Vorrei specializzarmi nel settore dello spettacolo quindi ho scelto delle professioni più in linea con ciò che mi piace. Questi tre impieghi mi impegnano circa 12 ore al giorno però mi diverto molto. Non vengo pagato molto però sono un apprendista è per ora il compenso è sufficiente». «Sto trascorrendo la mia estate in una parrucchieria – ha raccontato Tommaso -. L’ambiente mi piace molto, conoscevo la titolare, è vicino casa quindi ho colto l’occasione. Anche la retribuzione è ottima».

Quindi la voglia di mettersi in gioco non manca di certo. Piuttosto non ci sono le condizioni favorevoli per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro. Allora, oltre a fare rumore, le etichette di ‘schiavisti’ e ‘fannulloni’ non servono. Il tema è complesso e ogni anno la situazione sta diventando sempre più complicata. Perciò, visto che siamo in un Paese a forte vocazione turistica, la politica deve intervenire e in fretta. Altrimenti i tormentoni stancano e, ai danni degli addetti ai lavori, finiscono nel dimenticatoio.


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