«Le diseguaglianze sono in continuo aumento, la crisi incrementa la povertà, il carovita ha eroso il potere di acquisto di salari e pensioni. Le famiglie non arrivano più a fine mese, non pagano le bollette, saltano i pasti e rinunciano a curarsi. Già, la situazione sta proprio peggiorando». Maurizio Valentini, segretario generale Spi Cgil Fermo, commenta così i dati delle pensioni della provincia di Fermo 2023.
Sono 58.262 le prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’INPS nella provincia di Fermo, di cui 32 mila pensioni di vecchiaia (pari al 56,3% del totale), circa 3 mila pensioni di invalidità (4,9%), 11 mila pensioni ai superstiti (19,8%), 1.700 pensioni/assegni sociali (2,9%) e 9 mila prestazioni a invalidi civili (16,1%). E’ quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Inps sulle pensioni erogate nel 2023 (escluse le gestioni dei lavoratori pubblici), elaborati dall’Ires Cgil Marche.
L’importo medio delle pensioni vigenti nella provincia è di 856 euro lordi, con valori medi che variano dai 1.094 euro delle pensioni di vecchiaia ai 478 euro delle prestazioni per gli invalidi civili.
«Nella provincia di Fermo – rimarca Valentini – gli importi delle pensioni di vecchiaia sono di gran lunga inferiori a quelli nazionali: -265 euro lordi medi mensili. Particolarmente significativa è la differenza negli importi delle pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti che, nella provincia, sono di 1.284 euro, ovvero -297 euro mensili rispetto ai valori medi nazionali. Significativa è anche la differenza tra uomini e donne: se i primi percepiscono 1.327 euro lordi, l’importo corrisposto alle donne è di 830 euro, ovvero mediamente 497 euro in meno ogni mese rispetto agli uomini; la differenza per le pensionate ex lavoratrici dipendenti arriva a -713 euro mensili. Nella provincia di Fermo 34 mila prestazioni pensionistiche, pari al 59,4% del totale sono inferiori a 750 euro al mese (stessa incidenza a livello regionale): dunque, 6 pensionati su 10 percepiscono un importo che non consente loro di superare la soglia della povertà. Una condizione pensionistica nella quale si conferma il gap di genere: gli uomini con pensioni fino a 750 euro sono il 39,9% del totale, per le donne tale percentuale sale al 74,1%. Queste, dunque, sono caratterizzate da una maggiore esposizione alla povertà».
«Come sindacato pensionati abbiamo avanzato alcune proposte – fa sapere Nadia Offidani, responsabile provinciale Previdenza dello Spi-Cgil – e cioè: per le pensioni basse occorre rivalutare la 14esima mensilità e allargare la platea dei beneficiari fino a 3 volte il trattamento minimo, e ripristinare il meccanismo della perequazione automatica previsto dalla Legge di bilancio del Governo Draghi».
Da ultimo, ricorda Maurizio Valentini che «l’introduzione e l’estensione della quattordicesima mensilità è il frutto di due accordi sottoscritti da Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil con Governi di centrosinistra nel 2007 e 2016. Ecco, dunque, il senso dell’ultimo aumento delle pensioni».
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