di Alessandro Luzi
«Propongo alla regione Marche di recedere dal contratto che vede Mancini nostro testimonial turistico. In questo momento credo che l’immagine miglior nel mondo per le Marche sia quella di Gianmarco Tamberi ». Questa è la proposta del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, esternata ieri mattina sul suo profilo Facebook. Dopo i recenti fatti di cronaca sportiva è un’ipotesi da considerare. Le dimissioni del tecnico jesino arrivate durante la settimana di Ferragosto, a circa 15 giorni dal prossimo impegno della Nazionale, avevano lasciato tante perplessità con enormi ed inevitabili punti interrogativi sui motivi. Nonostante la mancata partecipazione al mondiale e l’eliminazione alle semifinali di Nations League, il rapporto tra Mancini, la Figc e la squadra non sembrava compromesso. Certo, la scia magica del successo dell’Europeo del 2021 ormai si era dissolta. Tuttavia le dimissioni sono state percepite come un fulmine a ciel sereno. Soprattutto dopo che, durante la prima settimana di agosto, il consiglio federale aveva accentrato il progetto tecnico della Nazionale nelle mani dell’allenatore marchigiano. Di fatto quest’ultimo avrebbe dovuto occuparsi anche del coordinamento dell’Under 21 e dell’Under 20. Allora perché lasciare la panchina?
Mancini non ha espresso nessuna motivazione. Dallo scenario emerso, la scelta sembrava collegarsi a dei dissapori tra l’ex ct e la Figc, magari ad alcune scelte legate alla composizione dello staff tecnico. Intanto però iniziavano a girare voci di un possibile accordo per sedere sulla panchina della Nazionale dell’Arabia Saudita. Domenica, tra i tanti occhi sbarrati dallo stupore, è arrivata la conferma ufficiale. Il tecnico ha accettato un quadriennale da 100 milioni di euro (guadagnerà 25 milioni netti all’anno) ed avrà carta bianca sulla scelta dello staff e collaboratori. Una cifra astronomica. In particolare se si pensa che con la Nazionale italiana guadagnava circa 2 milioni netti all’anno. Ma si sa, le cifre del calcio arabo viaggiano ad altitudini irraggiungibili per gli altri continenti. Poi sta ai singoli professionisti accettarle o meno. Da un lato c’è la qualità tecnica, il prestigio, l’ambizione sportiva, la tradizione ormai ultra centenaria che lega pubblico e protagonisti in un sodalizio d’amore inscindibile (e comunque i salari di calciatori e allenatori non sono certo bassi in termini assoluti). L’altro versante invece è caratterizzato da una distesa di sabbia completamente arida, su cui vengono fissate delle marionette ormai sbiadite dal tempo. Stanno lì, immobili, come in una tela di De Chirico. Svuotate dal loro senso originario, non le riconosciamo più e soprattutto non ci interessano più. Rimangono lì, accantonati, in attesa di essere riciclati in qualche trasmissione sportiva. A questi manichini della ‘terra desolata’ si aggiungerà la figura di Roberto Mancini. Allora, forse, non è meglio togliere dalle nostre vetrine un abito passato di moda?
Certo, la sua presenza in Arabia può essere un volano turistico e commerciale in una terra ricchissima. Quindi, ragionando prettamente in termini economici, la sua immagine può rappresentare una vetrina per le Marche in Medio Oriente. Ma quando si parla di promozione di un territorio va valutata tutta una serie di dinamiche nella loro complessità. Le diapositive dell’Europeo del 2021 sembrano appartenere a un tempo remoto. Sono ingiallite in fretta, più di quanto ci aspettassimo. Ora Mancini ha scelto di viaggiare verso le ombre delle dune arabe, anziché avviare una nuova scalata nel calcio che conta. L’uscita dal mondiale, le convocazioni discutibili, l’involuzione tecnico-tattica della squadra, la qualificazione ai prossimi Europei ancora incerta erano già dei segnali sinistri. Però ci sono modi e modi per concludere un rapporto. I silenzi, le dimissioni inaspettate, ora la firma con la Nazionale araba con tanto di video plasticoso per l’annuncio, hanno alimentato più di qualche malumore. E sono del tutto comprensibili. Quindi se Mancini può rappresentare il trait-d’union con il Medio Oriente, allo stesso tempo potrebbe non essere più un testimonial efficace in Italia e in Europa.
Intanto, con una furia dirompente, recentemente è esploso Gianmarco Tamberi: giovane, grintoso, ambizioso, brillante, con un pizzico di ordinaria follia. Quei folti capelli lunghi gli conferiscono un’aria a tratti da rockstar a tratti da vicino di banco delle superiori. È forse arrivato il momento di veicolare un’immagine rampante delle Marche, anziché quell’aura sbiadita di Mancini?
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati