di Silvia Ilari
Appena qualche anno fa, si trattava ancora di un progetto sulla carta. Ora è realtà. In tanti, martedì pomeriggio, sono accorsi a Piane di Falerone per vedere con i loro occhi i risultati di quelli che gli archeologi chiamano sondaggi. Realizzati durante le fasi iniziali di esplorazione, i sondaggi mirano a individuare siti potenziali senza disturbare il terreno. A illustrare il lavoro svolto, nella cornice del Teatro romano, i rappresentanti dei principali attori coinvolti: amministrazione comunale, Università di Bologna e Soprintendenza.
A fare gli onori di casa, il sindaco Armando Altini: «A Falerone abbiamo questa zona archeologica, che negli anni passati è stata vista come un ostacolo all’insediamento abitativo e produttivo, invece è una grande opportunità, a livello storico, culturale e occupazionale. Lo è specialmente per i giovani. Questa occasione – insieme ad altri progetti come il college all’americana, il polo museale – può essere un volano, un’opportunità promozionale turistica».
«Una prima campagna di rilievi è stata fatta, grazie alla convenzione con l’Università di Bologna, propedeutica a una di scavi ad alto raggio. I sondaggi hanno dato degli ottimi risultati e sono venuti alla luce reperti molto importanti: l’intento di questa amministrazione è sicuramente quello di andare avanti. Qui c’è tanto, è solo sotto il terreno. È necessario trovare degli sponsor e mantenerli nel tempo. In questo modo, con fondi propri o partecipando a bandi cercheremo di fare tutto il possibile» ha specificato.
Sul fatto che si tratti di un’importante opportunità è convinta anche Federica Grilli, ex funzionario archeologo della Soprintendenza, responsabile del progetto, a cui sta per succedere, in questo ruolo l’archeologo Tommaso Sabbatini, anche lui presente all’incontro. Quanto realizzato e scoperto «potrebbe aprire altre possibilità per la valorizzazione della città di Falerio Picenus, di cui conoscevamo molto poco. C’è ancora molto da fare, da lavorare. Non è stata un’azione singola, estemporanea, ma fa parte di un progetto scientifico molto strutturato» ha affermato Grilli, cogliendo l’occasione per ringraziare i proprietari del terreno «l’avvocato Clementi e le signore Concetti» per aver acconsentito ai lavori. «Non è scontato» le fa eco il sindaco. «È un dono per tutta la comunità quindi credo che vadano assolutamente ringraziati» ha continuato la funzionaria archeologa.
La visita ai reperti
Un campo di erba medica, in cui le piante nate in corrispondenza della parte muraria dei resti si sono seccate all’istante: è così che il professor Paolo Storchi, ai tempi in forze all’Università di Bologna e oggi all’Università di Pavia, ha scoperto il nuovo insediamento romano attraverso una foto satellitare.
Queste anomalie visibili in fotografia area sono dette crop marks: consentono ai topografi di analizzare e individuare delle strutture archeologiche nei terreni. Sono fenomeni naturali, limitati a periodi di breve durata e che avvengono solo in condizioni favorevoli.
«Siamo stati molto fortunati» ha sottolineato Storchi, che davanti al primo sondaggio, ha spiegato come abbiano notato come la tecnica di costruzione sia molto simile a quella ravvisata nel teatro. «Questo è un aspetto molto importante, poiché c’è il sospetto che faccia parte di un unico complesso monumentale insieme al teatro» ha aggiunto Storchi ponendo l’attenzione sul pavimento di marmo (come visibile nella foto qui a fianco) e definendolo «qualcosa di oggettivamente straordinario». I marmi che lo compongono sono provenienti da diverse aree del mondo, infatti «i blu sono provenienti dalle Alpi Apuane, i gialli addirittura dall’Africa, altri ancora da Verona» come ha sottolineato l’archeologo.
Oltre alle mura di un edificio, una strada è stata individuata nella seconda area dall’archeologo Giuseppe Guarino insieme al suo gruppo di lavoro sotto la guida del professor Enrico Giorgi di Unibo, attraverso strumenti geofisici e droni. «Grazie a un magnetometro, in particolare, siamo riusciti a individuare la struttura che si trova sotto ai vostri piedi» ha spiegato. «Con la magnetometria siamo riusciti a meglio evidenziarla e si tratta di un edificio che è lungo un 23 metri, più o meno per 7 metri».
«Per ciò che riguarda la strada – ha continuato – ci sono dei marciapiedi ai lati e una colonna con un muro: non è semplice passare lungo la strettoia. Abbiamo ipotizzato, quindi, che potesse trattarsi di una strada con porticato. Quasi certamente era importante, ci troviamo nei pressi di un’area pubblica e all’incrocio con un’altra via: abbiamo un tipo che probabilmente possiamo definire decumano. È agli incroci che spesso nelle città romane si sviluppava il foro, ossia il centro».
Il parco archeologico tra passato e futuro
Una realtà sempre più concreta quella di Falerio Picenus che non ci sta a restare ai margini, come si può notare anche dalle parole del sindaco Armando Altini: «Per diverso tempo non c’è stato il coraggio di approvare un piano particolareggiato per la zona archeologica. Era stato messo da parte 30 anni fa, mai tirato fuori. Noi l’abbiamo fatto, per mettere delle regole, così si conoscono in partenza».
Passeggiando tra gli avventori, non è difficile ascoltare voci che chiacchierano di persone, senza fare nomi, che in passato avrebbero costruito sopra alle aree romane, a seguito dell’urbanizzazione selvaggia del secolo scorso.
Ma accantoniamo il passato ora. Tornando al sindaco Altini, si è detto certo che questi ritrovamenti possano dare più forza al parco archeologico: «Per noi è una base di partenza per una campagna più ad ampio raggio, possiamo cercare e partecipare a dei bandi per finanziare sia l’acquisto del terreno sia gli scavi. Inoltre, possiamo iniziare a parlare con dei privati, come gli imprenditori» ha detto a Cronache Fermane, strizzando l’occhio a Diego Della Valle, che ha già finanziato il restauro del Colosseo. Che ci possa essere un altro monumento di epoca romana nel futuro da mecenate di Mr. Tod’s? Non ci resta che aspettare per scoprirlo.
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