Il dolore alla spalla, a carico dell’apparato muscolo-scheletrico, è molto frequente. In ambito ortopedico e fisiatrico, dopo la lombalgia, rappresenta una delle cause che inducono il paziente a richiedere cure mediche. Il dolore colpisce numerose categorie di pazienti: dallo sportivo al sedentario, dalla casalinga all’operaio. La sua elevata frequenza e l’impossibilità di collocarlo in una specifica categoria professionale devono farci riflettere.
Ai microfoni di RadioFm1, ne abbiamo parliamo questa mattina con Michele Del Bello, esperto fisioterapista, specializzato proprio nella terapia manuale e riabilitazione dell’arto superiore, nonché direttore del Centro di Fisioterapia e Medicina Rialab di Montegiorgio.
Ascolta l’intervista:
Perché questa articolazione viene interessata più di altre da episodi algici, in assenza di una giustificazione apparente?
La risposta può essere sicuramente ricercata nell’anatomia dell’articolazione. L’ampia mobilità, caratteristica peculiare di questo complesso articolare, mal si associa alla stabilità necessaria per ridurre i rischi di possibili conflitti tra le diverse strutture anatomiche presenti. Possiamo avere due tipi di instabilità: strutturale (il 20% circa) e funzionale (per l’80%). Questo significa che da un punto di vista funzionale e posizionale, un alterato rapporto articolare delle superfici articolari determina un impingement (conflitto) che nel tempo può portare a lesione della cuffia dei rotatori.
Durante una valutazione fisioterapica quali sono i segni e i sintomi che possono indirizzare verso una prima diagnosi?
Le caratteristiche del dolore e l’analisi di movimenti e posizioni che lo accentuano o lo attenuano possono indirizzare molto la valutazione del paziente già durante l’esame obiettivo. Per un corretto inquadramento clinico è importante conoscere le caratteristiche del dolore di spalla riferite dai pazienti in anamnesi. Nessuno, meglio di chi prova il dolore, può riferirci quali siano i sintomi prodotti da una specifica patologia. Un’importante considerazione è rappresentata dal fatto che nelle patologie del sistema muscoloscheletrico vi sono sempre delle posizioni delle superfici articolari o dei movimenti che accentuano il sintomo e altre che lo attenuano. Conoscerle significa essere in grado di raggiungere un buon livello di accuratezza diagnostica attraverso anamnesi ed esame obiettivo, prima di ricercare eventuale conferma attraverso gli esami strumentali. Ci sono test funzionali come il Two finger test e il Load and shift che servono per valutare rispettivamente la posizione delle superfici articolari e la stabilità.
Quali sono le caratteristiche specifiche del dolore nella patologia della cuffia dei rotatori?
Il dolore si presenta sia durante i movimenti attivi, sia durante il mantenimento di posizioni passive che favoriscono la compressione o l’allungamento del tendine interessato. L’intensità del dolore può essere minima o elevata, in relazione alla gravità della patologia tendinea: infiammazione, lesione parziale o totale. Nei movimenti attivi il dolore si manifesta con la comparsa del sintomo in uno specifico Rom, che solitamente si aggira tra i 60° e i 120° di abduzione (arco doloroso). Il movimento, specialmente se eseguito in intrarotazione, favorisce un contatto anatomico dinamico tra la componente tendinea della cuffia dei rotatori e la volta coraco-acromiale. Gesti apparentemente semplici, come sfilarsi una maglietta, infilarsi un cappotto o mettere le braccia conserte, risultano dolorosi. Il dolore può essere la causa della carenza di forza che il paziente lamenta. Nel caso di una infiammazione, conclusa la fase algica, la forza viene recuperata gradualmente, favorita dalla ripresa dei gesti quotidiani o dall’esecuzione di esercizi specifici. In presenza di una lesione tendinea, invece, alla riduzione del dolore non si associa il completo recupero della forza, in un rapporto direttamente proporzionale all’estensione della lesione.
Dal dolore è possibile identificare anche il muscolo interessato da infiammazione o lesione?
Il movimento deficitario è correlato al tendine interessato. Dolore, minor forza o impossibilità di compiere il movimento di abduzione giustificano un coinvolgimento del muscolo sovraspinato, zona elettiva e frequente sede iniziale del problema; la limitazione in extrarotazione, data anche dal motivo che la testa dell’omero non scivoli in posteriore, implica l’estensione della lesione con coinvolgimento del sottospinato, mentre le problematiche che si presentano in intrarotazione pongono l’attenzione sul sottoscapolare.
Quali sono le posizioni algiche e antalgiche caratteristiche della patologia della cuffia dei rotatori?
Durante il riposo il paziente manifesta dolore se si appoggia sul lato della spalla interessata: l’appoggio sulla spalla provoca una pressione diretta sulla cuffia. Il paziente lamenta dolore nel momento in cui, girandosi nel letto, appoggia il gomito sul materasso e vi porta sopra il suo peso. Anche il decubito laterale sulla spalla sana è doloroso. In questa posizione il braccio patologico tende a scivolare verso il basso, favorendo la trazione del tendine. Le posizioni antalgiche, riferite dai pazienti con patologia di cuffia, sono tutte accomunate dalla ricerca della minore compressione diretta (minor conflitto) e dall’assenza dello stiramento tendineo. Le posizioni meno dolorose e più ricercate dai pazienti sono sostanzialmente tre: 1) il decubito supino, col braccio sollevato e mantenuto in appoggio sulla fronte o sopra il capo, sul cuscino. Questa posizione mette in accorciamento il tendine, favorendo una scomparsa del sintomo; 2) il decubito prono, con il braccio a pendolo fuori dal materasso. Il peso del braccio crea un aumento dello spazio subacromiale, con conseguente minore compressione delle strutture anatomiche subacromiali; 3) infine, il decubito laterale sulla spalla sana, con cuscino posizionato tra il fianco e il braccio interessato al dolore. Il cuscino porta il braccio in leggera abduzione e ne impedisce lo scivolamento verso il basso; il tendine, non più sottoposto a trazione, manifesta minor dolore.
Quali consigli dare al paziente per alleviare il dolore durante il riposo notturno?
Purtroppo, quando il dolore è molto elevato, è impossibile trovare una posizione confortevole per un lungo lasso di tempo. La posizione in decubito, infatti, favorisce un maggior afflusso di sangue alla spalla, con conseguente stiramento dei tessuti o aumento del loro volume, mentre in posizione semiseduta o eretta il sangue defluisce dalla spalla, con attenuazione del dolore. A volte quindi il paziente è costretto a dormire in posizione semiseduta, posizionando più cuscini dietro il tratto cervico-dorsale, o a dormire sulla poltrona/divano, o ad alzarsi dal letto. Inoltre, la posizione semiseduta o quella eretta favoriscono un aumento dello spazio subacromiale per effetto della trazione verso il basso data dal peso del braccio. Il minor afflusso di sangue può essere ottenuto anche con l’applicazione di crioterapia locale. Alcuni pazienti applicano il ghiaccio sulla spalla per dieci minuti prima di andare a letto e ripetono l’operazione quando la ricomparsa del dolore li risveglia. La vasocostrizione locale, prodotta dal freddo, aumenta l’autonomia del paziente nel mantenere la posizione in decubito.
Michele Del Bello, fisioterapista specializzato in terapia manuale e riabilitazione della mano e dell’arto superiore, visita al Centro Fisioterapico Rialab di Montegiorgio in via Faleriense est 33, del quale è anche direttore.
Per info: www.rialab.it
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