di Maikol Di Stefano
Un viaggio in bicicletta da Massa Fermana ai Balcani. Una vera avventura quella vissuta da Rudy Di Flavio, 30enne che dopo aver raggiunto sulle due ruote a pedali Santiago lo scorso anno, questa volta ha replicato spingendosi fra Croazia, Bosnia e Montenegro. Oggi l’abbiamo incontrato per capire meglio cosa c’è dietro alla scelta di un simile viaggio.
Ciao Rudy, mi viene subito una domanda forse banale, ma perché proprio la bici come mezzo per compiere questi itinerari?
La bicicletta è secondo me il mezzo migliore per viaggiare, perché ti permettere di vivere le emozioni e il contatto del cammino, ma tenendo un’andatura più sostenuta. Tante volte mi dicono: perché non l’auto? La verità è che con i mezzi a motore ti chiudi come in una bolla, dove attraversi tutto, ma non tocchi quasi nulla. Invece per me non è tanto la meta o il numero di chilometri fatti ad avere importanza, ma proprio il connettersi con culture e paesaggi diversi dal vivere quotidiano.
Solitamente nei viaggi si collezionano momenti, esperienze ed istantanee differenti. L’emozione più grande che ricordi di questo tuo ultimo itinerario?
Probabilmente è il viaggio in sè, in tutte le sue emozioni. Tra tutte posso dirti che la Bosnia mi ha riempito il cuore nella sua accoglienza. Persone che ti offrono un tetto, un pasto caldo, un posto dove poter piazzare la tenda per la notte. Ecco, il contatto umano, pensare che senza conoscerti ti aprono le porte, ti fanno stare in famiglia, la riuniscono e ti onorano per fare festa con te. Ecco tutto ciò che spesso si sente raccontato, ma si fa fatica a vivere.
Sono oltre 1600 i chilometri percorsi dal 30enne fermano. Li ricorda tutti con grande trasporto ed emoziono Rudy. «Ci tengo a far capire che l’importante sta in quello che vivi, non nei traguardi che raggiungi. Capisco che sembra una frase fatta, quasi banale, ma io ho veramente passato alcuni istanti unici. Ho dormito con una tenda in un cimitero, davanti una chiesa abbandonata, nel giardino di famiglie sconosciute. Mi sono lavato nei fiumi, arrivato stremato con una tanica d’acqua e a fine serata decidere se usarla per cucinarmi o lavarmi. È uno stress emotivo e fisico che ti connetti con ciò che sei, con chi sei veramente, ma che nel vivere quotidiano spesso metti da parte perché “preso dalle cose della vita” e allora capisci che puoi davvero vivere essendo te stesso».
Cosa ti sei riportato di questo viaggio?
Tante cose sia personali che non, come la consapevolezza di poter veramente girare il mondo con poco. Basta piazzare una tenda, lavarsi nel fiume, rinunciare all’eccesso che ci sembra essenziale. Così come la certezza di saper cosa voler vivere e vedere, credo che quest’esperienza mi porterà a cercare qualcosa che sia oltre l’Europa. Partire e conoscere una parte del mondo che non conosce il turismo, ma è curiosa di aprirsi al mondo che vuole incontrarla.
Com’è tornare alla vita quotidiana?
Il fatto sta che quando vedi una partenza come vacanza ovviamente inizia e finisce lì. Quando invece tu vedi il “viaggio”: ovvero conoscere, crescere, quando torni ti accorgi di aver visto veramente solo un briciolo di questo mondo. Allora ti viene voglia di prendere e partire. Conoscere nuovi posti, andare a confonderti e confrontarti con questo nostro mondo che è ben lontano da quello che troviamo chiuso in uno smartphone. Non voglio passare e vedere, ma entrare a sotto la pelle di culture e popolazioni, fermarmi e vivere queste realtà.
Cosa ti ha sorpreso dei luoghi che hai conosciuto?
In Bosnia sicuramente quell’ospitalità perché tutti mi raccontavano di un paese chiuso, ma invece ho trovato veramente una “frontiera aperta” con paesaggi bellissimi. In Montenegro vorrei tornarci e viverlo più lentamente, dando ad esso maggiore attenzione e cura. Ha sicuramente a livello di monti e parchi un mondo di bellezze che ti colpiscono.
Che consiglio daresti a chi vorrebbe intraprendere un viaggio come il tuo?
Prendere e partire senza troppe paranoie. Accettare tutto quello che viene durante il viaggio. Crearsi un’idea, ma sapersi mutare giorno per giorno. Lasciare stare i troppi pensieri su la bicicletta migliore, il materiale tecnico, la preparazione fisica. Io non sono un ciclista, ma ho avuto voglia di mettermi lì. Affrontare anche i momenti difficili, di sconforto, perché capitano le crisi e vanno superate. Sofferenza fisica, ma anche mentale, nervosa. Il dover trovare ogni sera un posto dove dormire, come lavarsi, come mangiare. L’incontrare persone lungo il cammino con cui condividere alcuni momenti, ma essere sempre pronti a salutarsi e andare con i propri tempi. Cercare la propria struttura nel quale sentirsi “vivo” e che cambia per ognuno di noi. Tutto questo non passa per la qualità della bicicletta o del materiale tecnico e nemmeno dal punto di vista economico. Dormire in tenda, mangiare la frutta dagli alberi a bordo strada o qualcosa nei supermarket quanto può costare? Meno di tante altre operazioni di vita quotidiana.
Quindi le tue prossime mete?
Diciamo che verso ovest ci sono andato e sono arrivato all’oceano, verso nord anche sono arrivato al limite (Nordkapp), quindi mancherebbero il sud e il lontano est. Mi affascinano molto i paesi dell’Asia centrale, STAN e Mongolia.
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