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Smog e frane: «Solo l’arretramento di A14 e ferrovia potrà salvare la costa»

PORTO SAN GIORGIO - Incontro, ieri pomeriggio, organizzato dalla Fondazione San Giacomo della Marca e dal comitato per l'arretramento della A14, al David Palace hotel, al quale hanno preso parte, davanti a una sala gremita, diversi amministratori ed ex amministratori del territorio. Tra i relatori, il presidente Massimo Valentini e diversi esponenti del mondo accademico

di Serena Murri 

“Le ragioni dell’arretramento di A14 e FS Marche sud un’alternativa progettuale”. Questo il titolo dell’incontro di ieri, organizzato dalla Fondazione San Giacomo della Marca e dal comitato per l’arretramento della A14, presso il David Palace hotel di Porto San Giorgio al quale hanno preso parte, davanti a una sala gremita, diversi amministratori ed ex amministratori del territorio.

Ad introdurre l’incontro, Massimo Valentini, presidente della Fondazione San Giacomo della Marca: «Siamo contenti di dibattere su un tema estremamente importante per il territorio e in particolare per le Marche sud. Abbiamo voluto un momento di confronto per entrare nelle tematiche e conoscere aspetti tecnici della questione, coinvolgendo docenti universitari. Abbiamo iniziato tre anni fa col chiedere l’arretramento ferroviario, un passo propedeutico a portare l’alta velocità nelle Marche. Questo governo ha promesso che entro il mese di dicembre avremo la documentazione delle alternative progettuali per l’arretramento ferroviario, l’alta velocità e lo spostamento dei treni merci e l’uso dell’attuale tracciato come metropolitana di superficie. Segnerà una svolta per la nostra regione e condizionerà il futuro e l’assetto infrastrutturale di tutta la regione».

La realizzazione della «terza corsia – sostiene Valentini – da Porto Sant’Elpidio a Pedaso e il mini arretramento da Pedaso a San Benedetto del Tronto, è un’opera costosa con una galleria di 16 km da Pedaso e con importanti opere compensative. Per i Comuni della costa ci vorranno 10 anni, non è una soluzione immediata. Siccome i tempi sono lunghi, le scelte vanno fatte analizzando i problemi che ci sono e che segneranno i prossimi 100 anni per questo territorio. No a scelte sulla logica del breve periodo».

Il comitato intende dare il suo contributo concreto sulle problematiche esistenti e durante l’incontro ha voluto prendere in considerazione anche gli aspetti che queste infrastrutture avranno sul territorio, tenendo conto dell’impatto ambientale, del rischio idrogeologico e dell’inquinamento atmosferico.

Simone Rodolfo Masera, docente all’ Università di Camerino, ha spiegato che la normativa prevede la partecipazione attiva alla progettazione da parte della comunità, in primis per evitare contenziosi futuri. Si sono toccate tematiche inerenti l’equilibrio idrogeologico della costa e nelle aree interne. Ssecondo il geologo Gilberto Panbianchi, docente dell’Università di Camerino, sulla base dei dati del portale della Regione, è emerso che «tra il Chienti e Porto Sant’Elpidio, si trova una frana di pericolosità media. A Porto San Giorgio, i tratti più vicini all’autostrada hanno una pericolosità di rischio idrogeologico medio elevata. Vi sono situazioni critiche da verificare, come per la zona del vecchio cimitero di Porto San Giorgio, con frane di pericolosità media. La zona tra Marina Palmense e Pedaso è a rischio frana elevato. Da Pedaso a San Benedetto del Tronto lungo la costa e tra Cupra e Grottammare c’è un elevato rischio». Tutti aspetti che dovranno convergere nella progettazione infrastrutturale.

Massimo Valentini

Nuove infrastrutture creeranno un impatto su aspetti come l’inquinamento, dunque. Giorgio Passerini, docente Univpm, ha infatti posto la questione delle 58 mila morti premature in Italia, ogni anno, per polveri sottili: «Muoiono in media 300 persone al giorno per l’inquinamento dell’aria. Lo spostamento all’interno della A14 avrebbe un effetto positivo sull’entroterra. Quanto alla ferrovia, ci sono 12 mila tir al giorno da togliere dalla A14. Arretrare l’autostrada e la ferrovia significa salvare vite». In sostituzione di Francesco Chelli (Presidente Istat) è intervenuto un suo collaboratore, Matteo Mazziotta, che ha parlato di inverno demografico e di perdita di un terzo della popolazione in 20 anni. Mazziotta ha citato dati che evidenziano una concentrazione di fragilità nella parte sud della regione di cui bisogna tenere conto. Non sono mancate le polemiche alla fine, da parte di alcuni dei presenti che non vedono nell’arretramento una soluzione ma piuttosto «una distesa di cemento» ma il dibattito è stato rimandato da Valentini a sedi più opportune.


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