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L’alluvione del 2022, il presidente di Anci Marche Paolo Calcinaro: «Vicinanza ai sei sindaci indagati»

LE INDAGINI sono in mano alla Procura di L'Aquila. Il primo cittadino di Fermo: «Da avvocato aggiungo che l’avviso di garanzia darà modo ai colleghi di illustrare agli organi inquirenti le modalità nelle quali un sindaco si trova a dover operare in occasione di eventi imprevisti, immediati e imponenti»

Paolo Calcinaro

Il presunto mancato tempestivo allarme ai cittadini della media vallata del Misa e Nevola circa la pioggia da record che il 15 settembre 2022 investì una parte della provincia di Ancona è il tema su cui sta indagando la procura di L’Aquila e che ha portato a scrivere 14 persone nel registro degli indagati, 6 delle quali sono i sindaci che hanno ricevuto un invito a comparire per sottoporsi all’interrogatorio.

«Intanto come Presidente di Anci Marche esprimo la massima vicinanza ai sei colleghi sindaci – dice Paolo Calcinaro, sindaco di Fermo – e da avvocato aggiungo anche che l’avviso di garanzia darà modo ai colleghi di illustrare agli organi inquirenti le modalità nelle quali un sindaco si trova a dover operare in occasione di eventi imprevisti, immediati e imponenti”. Secondo Calcinaro “va anche considerato, infatti, che la teoria delle azioni possibili in queste calamità è lontana dalla concreta possibilità di operare che ha un sindaco in situazioni tanto imprevedibili».

L’inchiesta ha coinvolto i sindaci di Arcevia (Dario Perticaroli), Letizia Perticaroli (Serra De’ Conti), Riccardo Pasqualini (Barbara), Federica Fanesi (Ostra), Carlo Manfredi (Castelleone di Suasa), Marco Sebastianelli (Trecastelli) ai quali è contestato il reato di “cooperazione in omicidio colposo plurimo” per una serie di condotte che avrebbero causato la morte di 13 persone.

La ricostruzione ipotizza un blackout collettivo di comunicazioni alla base del ritardo con cui sarebbe scattato l’allarme anche se in quella circostanza si verificò un record delle precipitazioni che non si verificava dal 1929.

«Per i Sindaci soprattutto dei comuni piccoli – insiste il presidente di Anci Marche – non ci sono le risorse sufficienti per osservare con tempestività i fiumi, torrenti, canali e perfino i fossi così come c’è il rischio di non poter raggiungere tutta la popolazione specie quella anziana meno avvezza ai mezzi elettronici moderni e ai social network che invece fungono spesso da prezioso divulgatore di informative immediate”. A questo si aggiunga anche la crescente difficoltà a fare previsioni rispetto alle allerte di fenomeni repentini e sempre più imprevedibili.

Sul fronte di protezione civile i comuni chiedono tecnologie, fondi e snellimento della burocrazia. “Il progresso tecnologico è fondamentale per sperimentare, come si sta facendo in queste settimane nelle Marche, nuovi strumenti – insiste – ma ai comuni occorrono fondi (e non tagli come quelli di cui si sta parlando) per poter investire nella realizzazione delle opere”. Il nodo è proprio l’abbattimento della burocrazia. “Occorre snellire i procedimenti di opere pubbliche per arginare i fenomeni di dissesto idrogeologico che devono godere di semplificazioni – conclude Calcinaro – perché oggi dietro la lentezza burocratica e la sovrapposizione di pareri si impedisce la realizzazione di opere invece necessarie che contribuirebbero a salvare delle vite anche in episodi estremi».


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