di Serena Murri
“Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima!”. Questo lo slogan della manifestazione apartitica contro la violenza sulle donne, organizzata oggi a piazzale Azzolino, per ricordare Giulia Cecchettin. Forse sarebbe stato auspicabile avere una piazza più piena, soprattutto di uomini, presenti in minima parte. Perché, in fondo, sono proprio gli uomini i grandi assenti fuori e dentro il dibattito sulla violenza delle donne. È la loro la voce che manca e che non dovrebbero aver paura di farsi sentire, nella consapevolezza che non tutti gli uomini sono uguali.
Ad aprire la manifestazione, Greta Vesprini che ha ricordato: «Siamo tutti qui per Giulia e tutte quelle donne che non hanno voce e che non devono stare in silenzio. Ho sentito dire che il fidanzato di Giulia che l’ha uccisa era un bravo ragazzo e che il patriarcato non esiste ma il patriarcato è proprio quello che vuole il possesso dei nostri corpi. Il patriarcato è quando non si accettano i no. E’ fare catcalling per strada e quelle molestie, fisiche e verbali, che tutte le donne hanno subito. Il patriarcato sono le battute sessiste nello spogliatoio di calcetto. Non tutti gli uomini sono così. Eppure noi donne vogliamo essere amate come noi amiamo, con rispetto. Non tutti gli uomini hanno colpe ma tutti sono responsabili. Il privilegio maschile esiste ed è enorme. È un sistema che va scardinato e questo deve partire dagli uomini. Anche chi non lo fa è responsabile, se non si educano gli altri uomini. Se vedi altri uomini con certi atteggiamenti, è lì la tua responsabilità, nel farli riconoscere. Per Giulia e per tutte quelle vittime di questa società patriarcale».
A riportare i dati dalla Regione delle donne che hanno fatto richiesta di aiuto nei centri antiviolenza, c’era Meri Marziali, sindaca Monterubbiano ed ex presidente CpO della Regione: «705 donne vittime di violenza all’interno delle mura domestiche. Rispetto all’anno precedente abbiamo avuto un incremento di 40 donne e negli anni precedenti, quelli immediatamente dopo la pandemia, c’è stata, lo stesso, un’importante richiesta di aiuto da parte delle donne. Numeri che sono solo un sottoinsieme delle donne che realmente chiedono aiuto. Questi dati sono l’emersione di quello che già c’è e vuol dire che le donne stanno acquisendo una nuova consapevolezza che la violenza non è un fatto privato. Va sentito ancora di più alla luce del femminicidio di Giulia, che non sia un femminicidio vano come spesso è accaduto».
È intervenuta poi Elisabetta Baldassarri, per la Comunità volontari per il mondo: «La violenza domestica è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite come un problema di salute pubblica e sociale. Emerge una minore tolleranza della violenza fisica nella coppia ma quasi l’11% degli intervistati dichiara di accettare ancora il controllo dell’uomo sulla comunicazione (cellulare e social) della propria moglie o compagna. Sono ancora troppi gli stereotipi sulla violenza sessuale. Parlarne aiuta a far crescere la consapevolezza del fenomeno. Secondo Amnesty, nel mondo una donna su tre subisce violenza fisica e sessuale. Nell’Unione Europea, circa 9 milioni di donne di età superiore a 15 anni sono state stuprate, in Italia sono state più di 5 mila le donne vittime di violenza. Il 39% ritiene che una donna, se davvero lo vuole, è in grado di sottrarsi ad un rapporto sessuale». Anche ridere alle battute sessiste è essere parte del problema.
Anche la giornalista Sandra Amurri ha detto la sua: «Una donna non si sente sola solo se ha accanto altre donne». È arrivata anche Laura Gasparri, dell’associazione On the road e Cav Percorsi Donna
«Il femminicidio di Giulia Cecchettin costituirà uno spartiacque tra un prima e un dopo. Pensavo a Franca Viola, prima donna in Italia ad opporsi ad un matrimonio riparatore, un momento fondamentale. Adesso è possibile parlare di violenza contro le donne in piazza e parlare di patriarcato. La comunità deve intervenire e aiutare a denunciare, e capire come dobbiamo intervenire nel quotidiano. Dobbiamo costruire la risposta dell’intera comunità e cosa siamo disposti a fare per cambiare la nostra società e la nostra cultura, prendendo posizione tutti i giorni. Dobbiamo riconoscere i segnali e parlarne». Alla fine di tutti gli interventi, la manifestazione si è conclusa con un momento di «rumore» nella piazza, con voci e chiavi per Giulia, per non restare in silenzio e continuare a manifestare tutti i giorni.
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