Anche quest’anno, come tutti gli anni fin dal 1988, il primo dicembre ricorre la Giornata mondiale di lotta contro l’Aids. E proprio in quest’occasione il Murri, guidato dal direttore Elisa Draghi con, nello specifico, il direttore del reparto di Malattie Infettive, Giorgio Amadio, fa il punto su una delle piaghe più grandi degli ultimi decenni, su cui, nonostante i progressi della medicina, non si può ancora, in alcun modo, abbassare la guardia.
«Cinquantacinque anni fa moriva Robert Rayford, quello che – si legge nella nota del Murri prodotta dal direttore Amadio – è stato poi riconosciuto come la prima vittima di Aids. Il ragazzo, un afroamericano di 15 anni, si presentò all’ospedale di St Louis verso la fine del 1968. Dagli esami emerse una grave infezione di clamidia. Il suo sistema immunitario era compromesso. Fu trattato in tre diversi ospedali per 18 mesi, fino a quando, il 15 maggio 1969, morì. Solo molto tempo dopo, a metà degli anni ’80, la causa della sua morte fu riconosciuta come Aids. Oggi, da allora, sono cambiate tante cose. Adesso abbiamo farmaci che possono bloccare il replicarsi del virus, i danni che causa nel corpo e quindi la progressione della malattia; il risultato straordinario è che l’aspettativa di vita è divenuta quasi pari a quella di una persona non sieropositiva. Recentemente sono stati introdotti in uso nuovi farmaci a lunga durata di azione che rappresentano una innovazione rivoluzionaria nel trattamento contro l’HIV e la loro applicazione su larga scala potrebbe facilitare l’aderenza al trattamento a lungo termine. Il trattamento ogni 2 mesi per via iniettiva con i farmaci cabotegravir e rilpivirina rappresenta oggi una realtà terapeutica consolidata in molti paesi, superando la problematica dell’assunzione giornaliera di farmaci ( in un futuro non molto lontano saranno somministrati ogni 6 mesi). L’altro traguardo degli ultimi anni è che le persone in terapia con viremia (presenza di virus in circolo) azzerata da almeno 6 mesi non trasmettono l’infezione attraverso rapporti sessuali non protetti: da questo nasce l’acronimo U=U, Undetectable=Untransmittable, ossia Non rilevabile=Non trasmissibile. Significa che chi segue una terapia efficace non solo non si ammala ma non ha più nemmeno la possibilità di infettare gli altri con rapporti sessuali.
Un traguardo fondamentale non solo perché dal punto di vista epidemiologico si abbassa così la quantità di virus in circolazione nella popolazione, ma anche perché, a differenza del passato, le persone affette da Hiv sono da considerare come tutte le altre, non devono più essere viste come una sorta di ‘pericolo pubblico”. Il problema è il “se” iniziale: esistono persone, che non si curano semplicemente perché non fanno i test e quindi non sanno di essere ammalate. Sono queste persone, più di quelle sieropositive e in cura, i veicoli delle nuove infezioni; inoltre negli ultimi anni in Italia il numero di nuove diagnosi è stato causato soprattutto da infezioni a trasmissione sessuale, sia da rapporti eterosessuali che omosessuali. Più del 50% delle nuove diagnosi avviene, inoltre in condizioni avanzate di malattia. Inevitabile conseguenza del calo di attenzione su questa malattia di cui i millennials sanno poco o nulla. E’ quindi importante la diagnosi precoce.
Da troppo tempo le campagne di informazione non hanno più coinvolto la popolazione, specie giovani e giovanissimi, sui rischi di un’infezione che si mostra comunque sempre minacciosa. E’ probabilmente questo il motivo per cui sono tanti i casi ‘sommersi’. Con l’avvicinarsi della Giornata mondiale dell’Aids l’attenzione torna alta con l’obiettivo di promuovere il test per l’Hiv tra i soggetti più a rischio. Ai fini della prevenzione va tenuto conto che i giovani, anche quelli che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, nei quali il rischio di infettarsi è maggiore, come i giovani maschi che fanno sesso con maschi (MsmSM), hanno poca o nessuna esperienza di malattia, non hanno visto in presa diretta la malattia negli anni bui, funestati da migliaia di decessi e hanno una percezione molto bassa della gravità potenziale dell’Hiv».
Qual è il quadro che emerge dai dati 2022 sulle nuove diagnosi da HIV in Italia, elaborati dal Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità?
«Nel nostro paese, la situazione epidemiologica – spiega il direttore Giorgio Amadio – si allinea a quella dei paesi più avanzati ma con criticità emergenti. Al netto dei ritardi di notifica, le segnalazioni sono state 1880 ma il dato più preoccupante è rappresentato dal numero elevatissimo di persone che vengono a conoscenza del proprio stato sierologico con grave ritardo; fenomeno, questo, frutto della mancanza d’informazione e di politiche pubbliche di prevenzione».
Perché si fa il test?
«I motivi per i quali si accede al test sono strettamente collegati a quanto finora esposto. Più del 40% delle persone che ha eseguito il test, lo ha fatto in seguito alla comparsa di sintomi o sospette patologie correlate all’AIDS e solo il 24% perché consapevole di aver avuto rapporti non protetti. Al terzo posto, con quasi il 9%, prende consistenza, tuttavia, la percentuale di chi, per fare il test, coglie l’occasione offerta da campagne informative o di screening. La curva delle infezioni ha imboccato, da oltre un decennio, un deciso rallentamento per tutte le modalità di trasmissione; siamo così passati dalle 4000 del 2012 alle 1880 del 2022 che, con i ritardi di notifica si stima arriveranno a circa 2000. Si tratta di un trend, dunque, dimezzato ma che, negli ultimi due anni sembra aver interrotto il suo andamento al ribasso, pur restando sotto i livelli del 2019.
Tolto l’anno del Covid, il 2020, quando si registrò, per ovvi motivi, il minimo storico di nuove infezioni (1303) i valori del 2022 sono in lieve ripresa rispetto ai 1770 del 2021. In un’intervista, la professore Barbara Suligoi, direttrice del Coa, rinvia al prossimo anno una valutazione più compiuta di questa battuta d’arresto che potrebbe risentire, ancora, dei gravi ritardi causati dal Covid nella risposta all’Hiv e nella prevenzione. Di conseguenza, dopo un decennio in continua discesa, anche l’incidenza, (rapporto tra casi segnalati e popolazione) mostra un lievissimo rialzo, attestandosi a 3,2 nuove diagnosi su 100mila residenti (era di 3 ogni 100mila nel 2021). Rispetto all’incidenza, l’Italia resta comunque ben sotto la media europea, pari al 5,1% per l’Europa occidentale, al 4,5% per quella centrale e addirittura al 30,7% per quella orientale, tra le aree del mondo tuttora più colpite dal virus. Su base regionale, le incidenze più alte si registrano nel Lazio (4,8), in Toscana (4,0), in Campania e Abruzzo (3,9), in Emilia-Romagna (3,8). Un caso particolare è costituito dalla Lombardia; da sempre la regione con la più alta incidenza di nuove diagnosi, la regione passa dalle 560 segnalazioni del 2019 alle attuali 218, una quota più che dimezzata con un’incidenza che crolla al 2,1% e addirittura all’ 1,7% a Milano. Nella regione Marche l’incidenza si attesta al 3.2 x 100.000 abitanti».
Un altro aspetto che sta subendo mutamenti rilevanti riguarda la dinamica dell’infezione nelle varie classi d’età: le segnalazioni diminuiscono o restano stabili in tutte le fasce, sia in numeri assoluti, sia in percentuale, ad eccezione però di quella degli over 50 che, percentualmente, è in crescente aumento. Le nuove diagnosi che riguardano i grandi adulti e gli anziani passano dal 17,2% del 2012 al 31,2% del 2022 arrivando a rappresentare un terzo del totale. Nello stesso intervallo, la fascia d’età 25-39 anni passa dal 48% al 36% (incidenza 6,5 per 100mila) mentre la fascia con l’incidenza più alta diventa quella tra i 30 e i 39 anni (7,3 nuovi casi per 100.000);
L’84% delle diagnosi è legato alla trasmissione sessuale, da anni ormai decisamente preponderante rispetto al 4,3% dovuto allo scambio di siringhe tra chi consuma droghe per via iniettiva (IDU). Le diagnosi dovute a rapporti eterosessuali non protetti rappresentano il 43% del totale, quelle dovute a rapporti sessuali non protetti tra MSM, uomini che fanno sesso con altri uomini, sono quasi il 41%. Tra gli eterosessuali che hanno ricevuto una nuova diagnosi i maschi sono circa il 25% , le donne quasi il 18%. Riguardo a quest’ultimo punto due sono le strategie che possono ridurre drasticamente la riduzione della trasmissione e circolazione del virus: la Terapia come prevenzione” (Treatment as Prevention – TasP) e la PrEP: la PrEP o profilassi pre-esposizione consiste nell’assumere una combinazione di farmaci attivi contro HIV prima dei rapporti sessuali (due farmaci uniti in una sola pillola (Tenofovir ed Emtricitabina).
. Persone straniere, il caso delle donne
Il numero di nuove diagnosi da HIV in persone straniere è in diminuzione dal 2016 al 2020 con un lieve aumento negli ultimi due anni post-COVID 19. Segnala il COA significative differenze tra questo target e quello italiano. Ne citiamo una per tutte: in questo gruppo di popolazione le nuove diagnosi riguardano per il 31,6% le donne eterosessuali contro il 18% circa delle italiane. Questo dato rafforza la necessità di porre particolare attenzione alle donne straniere il cui accesso ai servizi di screening e a quelli per la salute sessuale e riproduttiva è ostacolato da molteplici barriere culturali/familiari e amministrative.
L’attenzione al target delle donne straniere si collega strettamente anche a quella dell’HIV nei bambini. I casi in età pediatrica osservati nel 2022 sono sette, di cui uno dovuto a trasfusione effettuata in Albania e sei a trasmissione verticale dalla madre al/alla neonatə. Gran parte delle mamme di questə bambinə proviene dall’Africa centrale. Nel ribadire la necessità di porre grande attenzione alle donne rifugiate e immigrate, si evidenzia comunque un grande successo dei protocolli adottati dal nostro paese per prevenire la nascita di bambini con HIV.
IL FOCUS SUL FERMANO
«Per quanto riguarda la realtà locale, nell’Uoc di Malattie Infettive dell’Ospedale di Fermo, Centro di Riferimento Aids e Centro di Riferimento per la zona Marche Sud per la diagnosi, ricovero e terapia delle Malattie Infettive, continuano ad essere in cura attualmente circa 350 pazienti – il punto di Amadio – il concetto di cura non è riferito solo alla terapia ma implica la presa in carico del paziente ossia un percorso costituito dalla diagnosi, la presa in carico nel progetto di cura, l’inizio della terapia e l’aderenza ai farmaci ed il mantenimento in cura. E’ un concetto peculiare dell’infezione Hiv/Aids che richiede l’erogazione di una assistenza, complessa, per un lungo periodo, talvolta indefinito, subito dopo aver posto la diagnosi e indipendentemente dall’aver avuto accesso al trattamento. Le nuove diagnosi di infezione da Hiv al novembre 2023 sono state 10 (7 nel 2022). Il messaggio importante è diagnosticare e trattare prima tutti e offrire la PrEP, o profilassi pre-esposizione, a chi ne ha bisogno. Queste due strategie combinate hanno dimostrato di ridurre i nuovi casi di Hiv. Per ridurre il numero dei “non diagnosticati” è necessario che chi abbia avuto, o ritenga di aver avuto, comportamenti a rischio faccia il test Hiv. Occorre aumentare l’accessibilità ai test per i giovani, che rappresenta la prima forma di prevenzione, per evitare diagnosi troppo spesso tardive e anticipare l’avvio delle terapie oggi molto efficaci. Oltre a campagne informative mirate, espresse con linguaggi adeguati ed efficaci, occorre far crescere la conoscenza e la consapevolezza del rischio investendo nella scuola, in collegamento con le famiglie e investendo anche nei consultori. Per questo, nel nostro ambulatorio di Malattie Infettive possono rivolgersi direttamente tutti i cittadini che intendano effettuare il Test Hiv e ricevere il relativo counselling informativo. L’ambulatorio è situato al terzo piano dell’Ospedale (vicino la Portineria), raggiungibile dall’ingresso principale». Gli orari di apertura e le relative attività dell’Ambulatorio sono di seguito riportati.
Offerta del test HIV
All’Ambulatorio possono rivolgersi, senza bisogno di prescrizione del medico curante e senza appuntamento, tutti coloro che intendano eseguire un test Hiv. L’esame è gratuito, eseguito in forma riservata o, su espressa richiesta, anonima, ed il prelievo viene effettuato presso l’ambulatorio stesso. Non è necessario il digiuno e l’esito dell’esame non viene influenzato dall’assunzione di farmaci. Il risultato del test è disponibile entro 2 giorni dall’esecuzione del prelievo ematico e la consegna del referto viene effettuata esclusivamente alla persona interessata direttamente da un sanitario del Centro che offrirà, la relativa consulenza specialistica.
Presso l’Ambulatorio si effettuano anche:
Nell’ambito delle attività di consulenza sull’infezione da HIV, è anche effettuata una valutazione integrata del rischio di infezione da virus dell’epatite e di altre infezioni a trasmissione sessuale con indicazioni sulle opportune misure di prevenzione e di profilassi vaccinale, prescrizione di eventuali accertamenti diagnostici e invio alle cure.
Diagnosi di infezione da Hiv
L’ambulatorio di Malattie Infettive effettua inoltre, accoglienza e valutazione iniziale delle persone con nuova diagnosi di infezione da HIV, e relativo avvio alle cure. In questo caso è preferibile fissare un appuntamento, telefonando al numero 0734/6252319
All’Ambulatorio possono rivolgersi, previo appuntamento, le persone con infezione da HIV in trattamento, provenienti da altro Centro di cura, che intendano trasferirsi nel nostro Centro. In tal caso si consiglia di presentarsi con una relazione del centro di provenienza contenente storia clinica e farmacologica.
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