«L’azione repressiva, doverosa e necessaria, non appare sufficiente ad arginare il fenomeno. I femminicidi, gli episodi di stalking e i procedimenti penali a carico di minori sono purtroppo in aumento».
Non va per il sottile il procuratore generale della Corte di Appello di Ancona, Roberto Rossi, che questa mattina ha commentato le emergenze criminali riscontrate nelle Marche durante l’anno in corso.
«Dal punto di vista organizzativo – ha detto – gli uffici di procura del distretto si sono rapidamente adeguati alle nuove normative del settore, anche a seguito di incontri promossi da questa procura generale. Sono state adottate linee guida per tutti gli uffici requirenti finalizzate a rendere quanto più efficace e tempestiva l’azione di contrasto a queste forme di criminalità».
L’efficacia dell’azione repressiva «posta in essere – ha detto – è dimostrata dal numero delle misure, cautelari o coercitive, richieste con riferimento ai reati della cosiddetta violenza di genere: 282 misure richieste nel corso dell’anno dalle procure del distretto, così suddivise: Ancona 57; Fermo 57; Ascoli 33; Macerata 31; Pesaro 71 e Urbino 33. Nondimeno – ha aggiunto – i dati dell’ultimo anno relativi al distretto delle Marche, mostrano un preoccupante aumento del fenomeno».
Sono infatti stati «ben 7 i femminicidi avvenuti quest’anno, contro i 3 del 2022; e 478 i procedimenti penali per stalking, contro i 461 dell’annualità trascorsa. Appaiono indici – ha chiosato – di una tendenza che non si riesce ad invertire». «Non può non evidenziarsi – ha sottolineato preoccupato – il dato proveniente dalla procura per i minorenni, che ha aperto 16 procedimenti penali a carico di minori per violenza sessuale, anche di gruppo».
Il procuratore generale ha detto come questa sia la «prima volta che mi capita di vedere una simile situazione. E’ un’emergenza alla quale ovviamente rispondiamo con l’arma della repressione – ha tenuto a precisare – ma con un’arma che sappiamo già, e i dati ce lo dicono, non essere sufficiente. Occorre agire più in profondità, a livello culturale, dell’educazione. Serve – ha proseguito – educare le persone al rispetto degli altri, della donna e della sua libertà nonché di quella sentimentale. Vedere che molti giovani nascono poi già senza questa cultura, e che bisogna insegnargliela, è preoccupante».
Cosa fare allora? «Purtroppo, ormai, la scuola e le famiglie – ha riferito – temo abbiano un ruolo molto minore nell’educazione generale, nella formazione. Ormai i ragazzi, anche in giovanissima età, da 9 o 10 anni, cominciano ad avere un cellulare e si collegano a internet, ai social. Ormai – ha ribadito – l’educazione delle nuove generazioni è fatta dai social, dove si vede veramente di tutto. I loro ambiente e modelli sono quelli e, a loro volta, generano modelli non proprio dei migliori. Il lavoro a livello educativo che si vorrebbe fare – ha concluso – non ha una strada agevole e facile. E’ un’emergenza di cui non si vede la rapida soluzione».
al. big.
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