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Assunta Legnante incontra gli studenti di Monterubbiano: «Quando ho perso la vista ho avuto paura ma lo sport mi ha riacceso la luce»

MONTERUBBIANO – La pluricampionessa paralimpica ha avuto un confronto con i ragazzi del Calzecchi Onesti e ha raccontato la sua disabilità a cuore aperto, rispondendo alle domande dei giovani. L'appuntamento è stato organizzato dal comune in occasione della Giornata Mondiale della Disabilità

di Matteo Malaspina

Oltre alla tecnica e ad una buona coordinazione, per lanciare un peso di 4 kg ad oltre 15 metri ci vuole molta forza. E se sei alta 1 metro e 89 centimetri e pesi 122 kg, sicuramente sei avvantaggiata. Ma per superare le difficoltà di una disabilità improvvisa che arriva mentre sei in macchina e ad un certo punto inizi a non vederci più, beh, in quel caso la forza fisica non basta e devi avere tanto coraggio e anche un pizzico di ironia. E di coraggio e d’ironia, Assunta Legnante ne ha da vendere.

La pluricampionessa paralimpica ha incontrato ieri mattina i ragazzi della classe quinta della primaria e quelli della secondaria Calzecchi Onesti di Monterubbiano al teatro Pagani, in occasione di un appuntamento pensato dall’amministrazione comunale per la Giornata Mondiale della Disabilità. 

«Faccio sempre molti incontri con le scuole ed è sempre bello perché non solo accresce chi ascolta ma anche noi atleti che parliamo delle nostre storie – esordisce la Legnante, arrivata accompagnata dal suo allenatore Roberto Minnetti – Non ho un bastone né un cane guida ma mi affido alle persone che mi accompagnano e a loro è la responsabilità di portarmi in giro».

L’evento è stato un viaggio nella vita dell’atleta, dalla passione per la pallavolo in giovane età («ero stata presa in una squadra di serie B a Roma ma i miei non mi hanno mandato») fino all’amore per l’atletica, nato a scuola in occasione dei giochi della gioventù. «Arrivavo seconda alle comunali nel getto del peso, non ero nemmeno la più brava di Frattamaggiore – ha detto ironicamente Assunta -. Quando fui rifiutata all’Isef perché non avevo superato le visite mediche a causa del mio glaucoma congenito, ho deciso di fare dell’atletica il mio lavoro e mi sono trasferita ad Ascoli».

Una vita da atleta vera e propria, tra allenamenti e sacrifici che ha portato tante vittorie e ad altrettante sconfitte. «Da quel maledetto centimetro che mi ha negato la finale ai Mondiali di Osaka nel 2007 alla mancata partecipazione dell’Olimpiade di Atene 2004 perché un oculista del Coni mi disse che se avessi continuato a fare sport avrei potuto perdere la vista. Sapete? L’oculista aveva ragione ma avrei preferito scegliere io cosa fare, anche perché arrivavo a quell’appuntamento con la possibilità di giocarmi una medaglia. Alla cecità ci sono arrivata lo stesso ma l’ho fatto con consapevolezza, senza avere rimpianti e, soprattutto, senza nessuno che decidesse per me». Ma all’Olimpiade del 2008 a Pechino Assunta c’è a rappresentare i colori azzurri, arrivando però diciannovesima.

«Poi un giorno arrivò il buio, anche se io la bolletta l’avevo pagata» ha detto ridendo la Legnante, raccontando di quel viaggio in macchina verso un meeting di Padova dove credeva di aver perso una lente a contatto ma poi si rese conto che aveva perso, invece, la sua vista: «La paura più grande è stata quella di non avere più l’autonomia di prima – confessa la campionessa -, ma mi è arrivata una telefonata del Comitato Italiano Paralimpico che mi ha ridato la luce. Non sapevo nemmeno che un non vedente potesse lanciare il peso e la mia prima preoccupazione è stata quale fosse il record del mondo».

Tempo qualche mese e Assunta Legnante conquista l’oro nel getto del peso alla Paralimpiade di Londra 2012. Al termine della competizione il Cip potrà vantare una medaglia in più rispetto al Coni: «Una piccola rivincita» dice l’atleta che aggiunge: «Conoscevo poco del mondo paralimpico e per me è stata una novità completa. Fare una Paralimpiade è esattamente la stessa cosa di un’Olimpiade, con la differenza che noi ridiamo un po’ di più».

«Da quella spedizione è cominciato uno tsunami perché la gente ha capito che non siamo disabili che fanno sport per passare il tempo ma veniamo visti come atleti, che è la vittoria più grande – ha continuato -. Più vinci più vieni considerato atleta, e da lì in poi è iniziata una scalata per lo sport paralimpico italiano con le medaglie a Rio e Tokyo». All’età di 45 anni, la campionessa italiana di getto del peso però non ha intenzione di smettere: «Dovrò farlo prima o poi, ma non adesso. È difficile smettere perché è la mia vita, al momento ancora mi diverto e mi piace essere in competizione».

Incuriositi, i ragazzi hanno poi iniziato a fare molte domande all’atleta che ha risposto con molta disponibilità: dal numero di medaglie ai suoi record fino alla sua squadra del cuore (l’Inter). Un bel momento di confronto terminato con la consegna di un mazzo di fiori della sindaca Meri Marziali che ha aggiunto: «Un appuntamento importante per lanciare ai giovani il messaggio di andare sempre al di là e considerare le persone a prescindere da quelle che sono le loro specificità e le loro differenze. Dovremmo superare ogni differenza, nella consapevolezza che ogni persona ha grandi talenti e dobbiamo costruire una società inclusiva affinché le persone si sentano valorizzate a prescindere dalla condizione personale che vivono».

Intervenuta anche la dirigente scolastica Annalisa Bregliozzi: «Il tema dello sport è fondamentale. Abbiamo stretto un accordo con il Comitato Paralimpico di Fermo, in particolar modo con la scherma, e speriamo di fare cose belle anche in quel campo perché c’è da essere tutti più ricchi nello stare insieme».


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