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Porto, Marconi e Renzi rilanciano: «Pronti ad investire ma nessun cenno dall’Amministrazione»

PORTO SAN GIORGIO - La società Marina ci mette la faccia ed all'hotel Timone incontra i diportisti per fare il punto sulle prospettive dell'approdo sangiorgese ma anche per rassicurare i clienti e dare spiegazioni su quello che è accaduto negli ultimi mesi, a partire dal provvedimento di revoca della concessione demaniale disposto dagli uffici di via Veneto motivandolo con il mancato pagamento dei canoni concessori per un importo di circa 970 mila euro.

di Sandro Renzi

La società Marina ci mette la faccia ed all’hotel Timone incontra i diportisti per fare il punto sulle prospettive dell’approdo sangiorgese ma anche per rassicurare i clienti e dare spiegazioni su quello che è accaduto negli ultimi mesi, a partire dal provvedimento di revoca della concessione demaniale disposto dagli uffici di via Veneto motivandolo con il mancato pagamento dei canoni concessori per un importo di circa 970 mila euro. Atto impugnato davanti al Tar Marche dalla società stessa che ha portato a casa il primo round ottenendo una sospensiva fino a luglio quando si discuterà, nel merito, la causa. Il Tar ha però imposto al concessionario di presentare una polizza fideiussoria a garanzia della somma di cui sopra e dei canoni 2023 e 2024.

La strada è lunga, e parliamo di quella legale, perché c’è sempre l’ulteriore passaggio al Consiglio di Stato. Dipenderà da quello che accadrà a luglio. Lo dice chiaramente ai diportisti l’Ad, Renato Marconi, affiancato per l’occasione da Paola Renzi, socia di riferimento del Marina. L’intervento di Marconi è stato sostanzialmente focalizzato su quattro questioni.

RAPPORTI CON IL COMUNE

«Abbiamo trovato una diffidenza fortissima e poca disponibilità in questa nuova Amministrazione. Ci siamo battuti contro un muro che ha portato alla fine alla revoca della concessione, un fatto gravissimo per chi come noi opera in questo settore, peraltro con delle motivazioni contestabili» ha subito chiarito l’Ad dopo aver ripercorso quanto avvenuto tra Comune e società negli ultimi mesi, rapporti sempre più tesi, sfociati nel ricorso di fronte al Tar. Marconi non ha dubbi sulla fondatezza delle istanze che arrivano dalla società. Soprattutto quando si parla della mancata realizzazione delle opere nelle aree a terra a causa di una pianificazione arrivata solo dopo 40 anni. «La nostra richiesta è legittima e la norma chiarisce che laddove il concessionario non sia riuscito a realizzare le opere per colpe di terzi si aprono due strade: o la concessione deve essere rivista contrattando la lunghezza temporale delle stessa (la scadenza per quella del porto sangiorgese è prevista nel 2032, ndr) oppure bisogna restituire al concessionario il mancato guadagno che abbiamo stimato in 48,2 milioni di euro che ora chiediamo al Comune». Va da sé che il tempo a disposizione, al netto del rilascio di permessi e quant’altro, ovvero meno di dieci anni, non è sufficiente per rientrare di eventuali investimenti che la società volesse fare sapendo di poter realizzare al massimo volumetrie su 13.500 mq. Come più volte sottolineato, Marconi e Renzi non chiudono le porte a nessuno. Men che meno al primo cittadino. «Siamo a disposizione degli uffici comunali, della Regione Marche, dell’Agenzia del demanio – dice ancora Marconi – una società che ha investito miliardi all’epoca non è disponibile a farsi sfilare così la concessione demaniale.  Ho sentito parlare anche, tra le ipotesi di gestione del porto alternativa alla nostra, del ricorso a cooperative che potrebbero gestire i singoli pontili. Noi andiamo avanti per la nostra strada. Abbiamo 13 milioni di euro di capitale sociale. Problemi economici non ne abbiamo. C’è anche una sentenza della Corte d’Appello che recentemente ha stabilito che il Comune deve rimborsare i costi delle opere di dragaggio fatte dalla società negli anni passati per un importo di oltre 350 mila euro ed è ciò che sostenevamo da sempre».

POLIZZA FIDEIUSSORIA

Capitolo polizza. Secondo Marconi quella presentata è valida a tutti gli effetti. Lo scorso 23 dicembre sono scaduti i 30 giorni dalla sua presentazione, come imponeva il Tar, e per il principio del silenzio-assenso «dobbiamo ritenere che sia stata accolta. Anche ad Ancona era andata bene» dice Marconi. Uno dei nodi che aveva visto il Comune contrapporsi alla società riguardava proprio la polizza fideiussoria. «Ne abbiamo abbiamo presentate di diversi tipi. Le ultime due erano di una società assicuratrice normalmente accettata in altre realtà portuali italiane con l’avallo di decine di enti locali. Alla terza richiesta abbiamo presentato una ulteriore fideiussione che però agli occhi del Comune ha fatto sollevare qualche perplessità per il fatto di essere di una società bulgara che peraltro è stata autorizzata ad esercitare questa attività anche in Italia dagli enti competenti». Polizza che, come noto, deve coprire i canoni non versati dal Marina. Ed anche in questo caso non mancano diversità di vedute. Ancora Marconi: «In passato pagavamo 290mila euro all’anno di canone, lo abbiamo contestato e siamo arrivati a 200 mila euro, ora stiamo chiedendo di arrivare ad un canone equo di 140 mila euro, importo al quale si arriverebbe sanando quelli che per noi sono alcuni errori nei calcoli. Scandalizzarsi perché la società ha reagito ad una posizione ostile del Comune? Quanto abbiamo fatto mi sembra il minimo per chi fa impresa ed investe».

DRAGAGGIO

Anche su questo argomento emerge una Marina piuttosto netta. I problemi dell’insabbiamento non si risolvono se non attraverso una manutenzione annuale importante. Tradotto, occorrerebbe che ogni anno si dragassero almeno 10 mila metri cubi di sabbia dai fondali. Costi che ricadono principalmente sulle casse pubbliche dal momento che la parte “incriminata” è quella dell’ingresso all’approdo dove occorre garantire una navigazione in sicurezza. «Per l’80% delle superfici, la competenza è della Regione per il tramite del Comune – spiega Marconi – questo è un porto misto, peschereccio e turistico, ma se non si draga prima il canale di accesso è meglio non dragare l’interno. Sappiamo che la Regione Marche ha finanziato un dragaggio importante, noi dragheremo di seguito al Comune nel nostro bacino anche se per ora la stragrande maggioranza delle imbarcazioni non ha problemi. Sia chiaro quindi: la Marina deve dragare il 20% di ciò che deve essere fatto, l’altro 80% lo deve fare il Comune e speriamo che si adoperi il prima possibile».

PROSPETTIVE

«Il porto è una occasione unica per il territorio. Quello di Porto San Giorgio è forse la più grande industria del comprensorio. Ad oggi, però, abbiamo 400 posti barca occupati su 800. Il nostro dovere è svilupparlo, farlo diventare luogo di attrazione, da parte della società non c’è nessun voglia di lasciarlo così ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di operare. In questi 3 anni di nuova gestione lo abbiamo messo in sesto dal punto di vista della sicurezza, adesso dobbiamo pensare al suo sviluppo che dipende dalle scelte urbanistiche.  Né Marinedì né la famiglia Renzi hanno bisogno della Marina di Porto San Giorgio per qualcosa di basso profilo, il porto deve essere invece un punto di riferimento per l’Adriatico. Stiamo perdendo tempo e risorse, ci sono persone che remano contro ma siamo coesi e resistenti». Dal canto suo Paola Renzi ha messo il dito nella piaga dei non certo idilliaci rapporti con l’Amministrazione Vesprini. «Non abbiamo ricevuto una risposta nonostante diverse pec e richieste di incontro e non siamo mai riusciti a metterci seduti con l’Amministrazione. E’ la prima volta che mi capita con mia grande meraviglia. Abbiamo sempre interloquito e siamo sempre stati sul tavolo delle trattative, ma questa volta non siamo riusciti neanche a spiegare le nostre ragioni. Che il porto sia il volano della provincia è sicuro, anche della Regione probabilmente e non dimentichiamo il basso impatto in termini di mq da realizzare, comprensivi peraltro della nuova Capitaneria. Vogliamo fare un porto di qualità pensando meno agli interessi economici ma di sicuro a realizzare un buon lavoro».

 


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