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Fermo non è il lupo e Porto San Giorgio non è l’agnello: fusione o unione ormai necessarie

IL PUNTO - Mai come questa volta la polarizzazione dovrebbe lasciare spazio al confronto ed alla mediazione. Non serve arroccarsi su posizioni ormai vetuste ma che alimentano pregiudizi e contrapposizioni anche ideologiche. Dall'ultimo ed unico referendum voluto per saggiare l'opinione dei cittadini fermani e sangiorgesi sono trascorsi ormai 40 anni e in quattro decenni, superfluo ma necessario ricordarlo, il mondo è cambiato radicalmente. Tutto a portata di un click. Confini abbattuti, internet, maggiore consapevolezza, almeno si spera

di Sandro Renzi

Ci risiamo. Basta solo accennare all’ipotesi di unire Fermo a Porto San Giorgio per avere a che fare con l’ennesima polarizzazione. Il tema, in fondo, si presta. Favorevoli vs contrari, campanilisti vs visionari. Mai come questa volta, invece, la polarizzazione dovrebbe lasciare spazio al confronto ed alla mediazione. Non serve arroccarsi su posizioni ormai vetuste ma che alimentano pregiudizi e contrapposizioni anche ideologiche. Dall’ultimo ed unico referendum voluto per saggiare l’opinione dei cittadini fermani e sangiorgesi sono trascorsi ormai 40 anni e in quattro decenni, superfluo ma necessario ricordarlo, il mondo è cambiato radicalmente. Tutto a portata di un click. Confini abbattuti, internet, maggiore consapevolezza, almeno si spera.

Le ricadute di trasformazioni epocali in tutti i campi finiscono per riguardare anche il nostro infinitesimale territorio e la nostra quotidianità. Se l’esito di quel referendum (871 voti contrari) poteva, al limite, avere un suo senso in quegli anni, oggi, ovvero il presente, ma ancor più il futuro, richiedono un cambio di passo radicale. Che vuol dire, in sostanza, scrollarsi dalle spalle tutte quelle ipotesi complottiste che vorrebbero l’unione dei due Comuni trasformarsi in una annessione di Porto San Giorgio a Fermo. Allo stesso tempo abbandonare l’idea che a perderci sarebbe solo Porto San Giorgio e a guadagnarci solo Fermo. Accantonare definitivamente le accuse dei critici alla fusione, seppur legittime in un confronto democratico, quando sono ammantate solo di vacua retorica o, peggio, arricchite di valutazioni che poggiano la loro apparente fondatezza su campanili e considerazioni che la realtà dei fatti, a partire da altre esperienze analoghe, poi smentisce sistematicamente.

Da sin. Valerio Vesprini e Paolo Calcinaro

Ed allora, che si tratti di unione dei servizi o di fusione, che la nuova “entità” si chiami Fermo-Porto San Giorgio o viceversa, poco importa. Che ad amministrare i due Comuni sia un fermano o un sangiorgese (peraltro entrambi i due attuali primi cittadini si sono espressi più o meno indirettamente su questa ipotesi definendosi possibilisti) poco importa. Che la spazzatura a Salvano la raccolga l’Asite invece della Sgds o viceversa poco importa, anzi, importa se una modifica nella gestione può tradursi in economie di scala per le società e in risparmi per gli utenti. Importa assai di più che a pronunciarsi in maniera netta e coraggiosa su questa annosa questione non siano state tutte le forze politiche e civiche, temendo forse di perdere consenso, ma solo singoli esponenti. Importa che, troppo spesso, chi ha portato avanti la bandiera dell’unione/fusione sia stato lasciato solo lungo il cammino. Importa che tutte le iniziative avviate in tal senso abbiano dovuto scontrarsi contro muri di gomma. Importa che tante realtà associative e di categoria non abbiano mai preso posizione. Importa che non si sia fatto abbastanza per creare una diffusa opinione tra i cittadini sulle opportunità dello stare insieme. E non è un caso che la notizia dello stanziamento di 170 mila euro regionali per la manutenzione dei fossi Valloscura e Petronilla sia stata accompagnata da una foto che vede Vesprini accanto a Calcinaro. Obiettivi più ambiziosi, compresa la sopravvivenza economica di entrambe le due realtà cugine, costrette nel medio termine a fare i conti con complessi problemi socio-economici non appena finiranno i tempi delle vacche grasse che hanno portato milioni di fondi sui territori (e a paventarlo non sono uccelli del malaugurio ma più spesso funzionari ed economisti che già ora mettono in guardia i decisori politici) richiedono di giocare d’anticipo, avere una visione di lungo periodo e creare ora le condizioni perché i due Comuni siano insieme pronti ad affrontare le sfide future per non essere fagocitati definitivamente da altri contesti territoriali. Fermo non è il lupo cattivo e Porto San Giorgio non è l’agnello sacrificale. Non sarà certo un necessario salto di qualità a cancellare in un solo colpo tradizioni, passato, immagini, ricordi, in una sola parola la storia dei due Comuni che resta per sempre indelebile.

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