di Maria Nerina Galiè
Mucche al pascolo, allo stato brado come un tempo: potrebbe essere uno slogan accattivante per un marchio alimentare.
Ma dietro a quello che sta accadendo, ormai da un anno e mezzo, a Campolungo di Amandola non c’è una strategia aziendale, quanto piuttosto un potenziale problema di abbandono ed incuria di una mandria di bovini che vagano indisturbati per le frazioni, si avvicinano alle abitazioni e mangiano negli orti privati, distruggendo e sporcando con escrementi tutto quello che si trova sul loro percorso.
E lo sanno bene tutte le autorità investite del problema, dai Carabinieri Forestali (nella zona è competente la stazione di Montefortino) all’Ente Parco, passando per la Prefettura, l’Ast di Fermo ed il Comune di Amandola, che sono vicini a trovare una soluzione.
Forte il grido di allarme lanciato dai residenti della stessa Campolungo, di Garulla e Casalicchio, dove ci sono pure strutture ricettive.
Ce n’era una anche a Campolungo. Nel borgo immerso nei Sibillini e ricco di prati attrezzati per pic-nic e barbecue, per decenni luogo di scampagnate per gruppi e famiglie che arrivavano da tutta la regione, funzionava molto bene il “Rifugio Città di Amandola”, di proprietà del Comune che lo dava in gestione attraverso un bando pubblico.
Per 17 anni il rifugio è stato affidato al Cai che, a sua volta, lo ha dato in gestione all’amandolese Edgardo Giacomozzi.
Nel 2022 a vincere l’appalto comunale è stato un altro gruppo che però non ha potuto metterci piede perché, da gennaio del 2023 è stato impiantato il cantiere per lavori di ristrutturazione: cantiere, pascolo o rifugio, per le mucche non fa differenza.
Continuano ad essere le “padrone di casa” in autunno e in inverno, quando dovrebbero essere custodite, curate e sfamate in una stalla. D’estate tornano da sole ai pascoli della zona preposta, sopra l’ex rifugio, lasciando però la devastazione nei luoghi dove hanno svernato.
Si tratta al momento di una ventina di capi, tra mucche e tori, considerati ormai “inselvatichiti”, e nei confronti dei quali si stanno mettendo in atto misure adeguate da parte delle autorità, ma non è facile perché occorrono specifiche competenze per il recupero.
All’inizio si contavano circa 60 animali, acquistati da un imprenditore agricolo che aveva indicato il terreno dove farle pascolare come il luogo per farle svernare. Eppure, già dall’inverno successivo, nessun bovino è stato condotto nella stalla e, senza qualcuno che se ne occupasse o desse loro da mangiare, i bovini si sono avvicinati alle frazioni, rappresentando anche un pericolo per gli avventori dell’area montana, meta di escursioni.
Le autorità si sono mosse alle prime segnalazioni e diversi capi sono stati recuperati e messi, finalmente nella stalla. Due mucche sono state trovate uccise dai predatori.
Una ventina di capi sono rimasti allo stato brado. E’ nei confronti di questi che gli enti preposti stanno attivando il recupero, da parte di una ditta specializzata. Un’operazione complicata e che necessità di diverse autorizzazioni, vicine al reperimento.
Nel frattempo sono in corso le indagini per rilevare responsabilità, anche in merito alle conseguenze sul territorio, di cui qualcuno dovrà rispondere.
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