di Sandro Renzi
La stato di salute del commercio sangiorgese non è dei migliori. Da troppi anni, infatti, i numeri restituiscono un quadro statico, all’interno del quale poco o nulla si muove. Fatto salvo, forse, il settore del food and beverage e quello legato alla cura della persona. Per il resto calma piatta. Si vocifera di almeno tre attività che chiuderanno i battenti in centro nelle prossime settimane. Sono solo la punta dell’iceberg. Altrove, lungo la costa provinciale, ma è una magra consolazione, le cose non è che vadano meglio. Il commercio soffre la concorrenza degli acquisti on line, in particolare nel settore dell’abbigliamento. E poi ci sono i costi degli affitti, troppo elevati, che contribuiscono a disegnare una realtà commerciale da grande città, cosa che Porto San Giorgio poteva vantare forse tre o quattro lustri fa.
Gli operatori sono legittimamente preoccupati. La politica comincia ad interrogarsi. Lo ha fatto nei giorni scorsi Stefano Cencetti, neo coordinatore provinciale di Base popolare, che ha invitato tutti, su questo tema, a voltare pagina. I commercianti tornano a chiedere un tavolo permanente di confronto. Il Comune, tramite gli assessori Marcattili e Senzacqua, risponde indirettamente convocandoli domani in municipio per illustrare il nuovo progetto “un mare di shopping” che punta a sostenere il comparto. Cosa dicono però i numeri? Gli ultimi disponibili si fermano ad agosto. Da allora sono state aperte 6 o 7 nuove attività a Porto San Giorgio dove il commercio in sede fissa è cresciuto, in un anno anno, ovvero dal 2022 al 2023, di un paio di unità passando da 677 e 679 (di cui 28 medie stretture).
I pubblici esercizi (bar, ristoranti, pizzerie) che nel 2022 erano 213, oggi sono 218 grazie alle recenti inaugurazioni. Boom invece di strutture ricettive tra il 2022 ed il 2023. Si è infatti passati da 102 a 145. Intendiamoci, sotto questa categoria rientrano alberghi, pensioni, b&b, appartamenti ammobiliati per uso turistico e così via, ma l’incremento registrato e che potrebbe far pensare ad una ripresa del turismo, non riguarda assolutamente la nascita di nuove strutture alberghiere quanto piuttosto il fiorire di b&b e, probabilmente, la regolarizzazione e registrazione di alcune case destinate all’affitto estivo. Nulla si muove, ovviamente, sul fronte degli stabilimenti balneari. Anzi, da 61 concessioni si è passati a 60, ma qui a pesare è l’effetto Bolkestein. In calo pure i rifornimenti di carburante, passati da 11 a 9. Crescono di poco acconciatori ed estetisti, da 93 a 95, i commercianti su aree pubbliche itineranti, da 85 a 87, e le agenzie di viaggio da 9 a 10. E se nulla cambia per il mercato settimanale (222 ambulanti che hanno scelto la piazza sangiorgese), per le due fiere tradizionali, vale a dire quella di San Giorgio e quella di Autunno, il numero degli espositori è drasticamente sceso in un anno da 381 a 329 (dato agosto 2023, fonte ufficio commercio). Sono forse meno attrattive rispetto al passato? Fin qui dunque la fotografia di un comparto essenziale per l’economia sangiorgese, insieme a quello del turismo, alle prese con un latente stato di crisi alimentato anche da un cambio di abitudini degli acquirenti, dalle conseguenze a lungo termine del Covid che hanno spinto a spendere di più per cene, viaggi, cura della persona e degli amici a quattro zampe, meno per abbigliamento (al quale non giova né la concorrenza on line né un clima meteorologico così incerto) o per la casa.
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