Il canyon di Cupra Marittima, un tuffo nella wilderness a due passi dalla costa
SONO sempre più rari i luoghi dove i “cittadini” possono godere della wilderness, dell’insieme di alberi, felci, rocce senza il “contagio” dell’uomo, archetipi di quello che doveva essere l’ambiente primordiale, un mondo senza congetture sociali ed economiche, dove immergersi nel respiro della Natura. Uno di questi posti è a pochi chilometri dai formicai della costa adriatica
(ha collaborato Claudio Ricci – foto di Claudio Ricci e Nazzareno Cesari)
Cronache Picene ha ospitato più volte articoli dedicati al paesaggio ormai umanizzato delle colline picene. Rendiamo allora giustizia al “selvaggio” (la cosiddetta wilderness) ancora esistente nelle nostre zone. Con Claudio Ricci, infaticabile camminatore, andiamo alla scoperta di uno dei canyon delle colline cuprensi, una gola dal nome indimenticabile, il Fosso di Cacarabbia.
La forra, scavata nei banchi di arenaria dal torrente omonimo, è conosciuto anche come Canyon di Piazza di Coso (è un toponimo, il nome di una contrada esterna di Cupra Marittima) ed è un Sito di Interesse Comunitario (Sic) anche se in loco non sono presenti tabelle che confermino l’appartenenza alla Rete Natura 2000; d’altronde, non sono presenti tabellazioni al riguardo nemmeno ai Pantani di Accumoli, altro Sic, ben più conosciuto del nostro canyon.
Una breve digressione sulla Rete dei Sic che, “al termine della selezione e designazione”, diventano Zone Speciali di Conservazione (Zsc). Una delle immagini a corredo dell’articolo è la mappa della Regione Marche con evidenziate le zone Zsc/Sic.
Attraversamento del fosso su un ponte di assi di legno
Anche se molti vedono con fastidio le iniziative legate alla tutela dell’ambiente, probabilmente perché le confondono con proposte politiche non allineate alle proprie convinzioni, la creazione di una rete di aree protette “soddisfa un chiaro obbligo comunitario stabilito nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica”. Senza dilungarci sulla (lenta, spesso lentissima) creazione della rete di Siti di Interesse Comunitario, primo passo per la realizzazione di quanto esposto prima, ricordiamo che anche la Regione Marche partecipa a questa iniziativa e uno dei SIC regionali è proprio questa forra (compresa nell’habitat indicato come IT5340002 – Boschi tra Cupramarittima e Ripatransone) nei pressi di Cupra Marittima, argomento di questo articolo. Per inciso, con forra, un termine di origine longobarda, si intende uno spazio roccioso limitato da pareti verticali ravvicinate, creato dall’erosione regressiva (rimontante: attiva, cioè, verso monte) dovuta a un corso d’acqua.
Viandanti lungo il cammino
IL FOSSO – Dall’abitato di Cupra Marittima si percorre la Statale 16 (direzione Pedaso) per poi deviare verso Contrada San Michele, fino ad arrivare a una sterrata che in breve, conduce fino al punto di attacco dell’escursione, vicino a un casolare abbandonato. Si lascia la macchina di fronte a un capannone con la scritta “cinque lire” (!) e si scende per una sterrata che prima raggiunge il fosso e poi risale lungo la destra orografica per superare uno stagno. Qui, a pochi chilometri dalla congestionata arteria adriatica, si entra rapidamente in un mondo “altro”, persi in una fitta boscaglia di querce, carpini e altri alberi, tra felci e rami intricati: è il Canyon di Piazza di Coso, più conosciuto come Fosso Cacarabbia, dal nome del torrente che lo ha “scavato” nel corso del tempo. Prima dell’immersione totale nel folto della vegetazione, uno sguardo panoramico verso i vicini borghi collinari di Ripatransone (all’interno) e Massignano, verso settentrione.
Amenti di càrpino
La forra di Cupra è una gola scavata dal torrente nelle arenarie e nei depositi pelitici (v. foto a corredo dell’articolo); l’itinerario, breve e senza difficoltà, è interessante perché permette di addentrarsi in un ambiente inusuale, un’associazione vegetale simile al forteto mediterraneo, il regno dei grandi arbusti. In realtà, questa è un’intricata boscaglia: alberi con rovi, stracciabraghe (è la Smilax), edere, piante lianose (clemàtidi come la vitalba, che sale lungo i tronchi per arrivare alla luce) e il tossico tàmaro (è il Tamus) riconoscibile dai frutti color rosso vivo. A volte, lo sviluppo delle piante a fusto volubile è “esplosivo” e compromette (su superfici limitate) la transitabilità dei sentieri. A livello del terreno, umido, resti di tronchi caduti, muschi e felci (le caratteristiche del suolo, l’umidità e la scarsa luminosità ne favoriscono lo sviluppo; presenti il Polystichum e la più rara lingua cervina).
Una quinta verde nasconde il sentiero
Il sentiero, semplice da seguire, procede in ambiente selvaggio tra pareti di arenaria (lungo l’itinerario, dopo il fosso, c’è persino una piccola grotta “scavata” nei depositi pelitici) e si segue ignorando diverse tracce laterali (stradelli di servizio). Per raggiungere il tratto più interessante (la stretta forra di Cacarabbia) si prosegue lungo il fondo del fosso fino ad arrivare al già citato laghetto (in realtà, un grosso stagno) e, dopo un po’, si giunge alla gola vera e propria; all’uscita, si supera un ponte di assi di legno, un manufatto posizionato dall’associazione ciclistica “Anelli Piceni”. Una breve rampa conduce a una vigna e a campi incolti con piccole macchie di alberi; l’anello escursionistico si chiude sulla strada brecciata che riporta al punto di partenza; dalla strada, belle vedute sui borghi citati prima e su Montefiore dell’Aso.
Escursionisti si inoltrano nella boscaglia
Certo, non è un percorso aereo di cresta, con vedute panoramiche indimenticabili ma… lungo il percorso e alla fine della camminata in ambiente selvaggio su sterrate, sentieri e singletrack (per gli amanti della mountain bike), tornano in mente le parole scritte dal giornalista Paolo Rumiz, relative alla sensazione del «piacere clandestino dell’avventura dietro casa», a due passi dalla vita di tutti i giorni…
AVVERTENZE – Il fondo del Fosso è quasi sempre asciutto ma, come per tutti i percorsi di forra che seguono corsi d’acqua “intermittenti”, può diventare scivoloso: occorre fare attenzione in caso di pioggia ed è meglio evitarlo se le precipitazioni sono copiose. L’avventura si svolge in ambiente selvaggio e silenzioso, in vicinanza di case di abitazione e ai margini di campi coltivati. Si tratta di un facile anello ma, come tutti gli itinerari escursionistici non segnalati, presenta il rischio di “perdersi”. Quindi, se si decide di percorrerlo, occorre farlo in compagnia di un camminatore esperto che conosca il territorio e dopo aver effettuato una ricerca in rete (è possibile scaricare tracce Gps).
Chi fosse interessato al Piano di gestione del sito (regionale ma di competenza dell’Amministrazione provinciale) e agli aspetti tecnico-scientifici, può agevolmente trovare materiale con una semplice ricerca mirata in rete.
La mappa delle aree ZSC e SIC delle Marche (spiegazione nel testo, la seconda in basso a destra è quella che ci interessa)
Al canyon si arriva percorrendo un’ampia sterrata: dai punti più elevati è possibile apprezzare l’orizzonte marino dell’Adriatico
SE VI SIETE PERSI QUALCHE REPORTAGE DI GABRIELE VECCHIONI…..
Se possiamo camminare nel canyon Cacarabbia, e’ grazie ai volontari come me e altri bikers (io sono anche guida escursionistica) che lo tengono pulito: altrimenti i rovi lo richiuderebbero. E’ un percorso straordinario (c’e’ anche un muschio raro, oltre alle altre specie citate nell’articolo). Massimo rispetto quindi. Un luogo di rifugio per molti animali e quindi di grande importanza. Un percorso comunque mai banale, un vero labirinto di sentieri.
Se possiamo camminare nel canyon Cacarabbia, e’ grazie ai volontari come me e altri bikers (io sono anche guida escursionistica) che lo tengono pulito: altrimenti i rovi lo richiuderebbero. E’ un percorso straordinario (c’e’ anche un muschio raro, oltre alle altre specie citate nell’articolo). Massimo rispetto quindi. Un luogo di rifugio per molti animali e quindi di grande importanza. Un percorso comunque mai banale, un vero labirinto di sentieri.