di Sandro Renzi
«Nel 2022 la spesa sanitaria out-of-pocket, ovvero quella sostenuta direttamente dalle famiglie, ammonta a quasi 37 miliardi di euro: in quell’anno oltre 25,2 milioni di famiglie italiane in media hanno speso per la salute 1.362 euro, oltre 64 euro in più rispetto al 2021». Così la fondazione Gimbe analizzando i dati Istat dai quali emerge un quadro non troppo roseo per il sistema sanitario nazionale e per le famiglie italiane, diverso peraltro in funzione dell’area geografica di appartenenza. «Preoccupante fenomeno» lo definisce Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, valutato tenendo conto del rilevante impatto sui bilanci familiari proprio della spesa sanitaria out-of-pocket e del «contesto caratterizzato dalla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e dall’aumento della povertà assoluta».
Secondo il sistema dei conti Istat-Sha, nel 2022 (ultimo anno disponibile) la spesa sanitaria totale in Italia ammonta a 171.867 milioni di euro: 130.364 milioni di spesa pubblica (75,9%) e 41.503 milioni di spesa privata, di cui 36.835 milioni (21,4%) out-of-pocket e 4.668 milioni (2,7%) intermediata da fondi sanitari e assicurazioni. Complessivamente, nel periodo 2012-2022 la spesa out-of-pocket è aumentata in media dell’1,6% annuo, per un totale di 5.326 milioni in 10 anni. Nelle Marche ci si è attestati, come spesa media, sotto ai mille euro, 957,48 euro nel 2022, (-0,3%) rispetto all’anno precedente. Questo è la spesa per le prestazioni sanitarie affrontata dalle famiglie marchigiane analizzando i dati Istat. La più bassa nel Paese insieme a quella registrata in Calabria (899,04 euro).
«Secondo l’indagine Istat sui consumi delle famiglie, nel 2022 la media nazionale delle spese per la salute è pari a 1.362,24 euro a famiglia, in aumento rispetto ai 1.298,04 euro del 2021. Ad eccezione del Nord-Ovest – spiega il presidente della Fondazione – dove si registra una lieve riduzione, l’aumento delle spese per la salute nel 2022 riguarda tutte le macro-aree del Paese: in particolare al Centro e al Sud si registrano aumenti di oltre 100 euro a famiglia». Sui dati regionali incidono in maniera differente diverse variabili: la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari pubblici, la capacità di spesa delle famiglie, il consumismo sanitario e, in misura minore, l’eventuale rimborso della spesa da parte di assicurazioni e fondi sanitari. Ad esempio, il fatto che nel 2022 la spesa per la salute delle famiglie calabresi e marchigiane rimanga al di sotto di 1.000 euro è verosimilmente imputabile a motivazioni differenti. «La spesa out-of-pocket non è un indicatore affidabile per valutare la riduzione delle tutele pubbliche; di conseguenza, lasciare che il dibattito pubblico si concentri solo su questo dato restituisce un quadro distorto della realtà, sia perché alcune famiglie spendono per servizi e prestazioni inutili, sia perché altre non riescono a spendere per bisogni reali di salute a causa di difficoltà economiche» spiegano ancora dalla Fondazione Gimbe.
Altri dati Istat sul cambiamento delle abitudini di spesa nel 2022 restituiscono un quadro più dettagliato dal quale emerge che il 16,7% delle famiglie dichiara di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e/o qualità. Se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra. I dati forniti dal Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) 2022, realizzato in collaborazione tra Istat e Cnel documentano che la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie, dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021), nel 2022 si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%). Si tratta di oltre 4,13 milioni di persone che, secondo la definizione Istat, spiega Cartabellotta «dichiarano di aver rinunciato nell’ultimo anno a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno, per uno o più motivi: problemi economici (impossibilità di pagare, costo eccessivo), difficoltà di accesso (struttura lontana, mancanza di trasporti, orari scomodi), lunghi tempi di attesa». In particolare, nel 2022 ha rinunciato alle cure per motivi economici il 3,2% della popolazione, ovvero quasi 1,9 milioni di persone. Nelle Marche il 7% della popolazione ha rinunciato a fare riferimento a prestazioni o cure mediche.
A pesare su questa situazione, secondo la fondazione Gimbe, anche il tasso di povertà assoluta. Tra il 2021 e il 2022 l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie in Italia, ovvero il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti, è salita infatti dal 7,7% al 8,3%, ovvero quasi 2,1 milioni di famiglie. Fattore che contribuirà ad aumentare «la rinuncia alle cure, condizionando il peggioramento della salute e la riduzione dell’aspettativa di vita delle persone più povere del Paese».
«Dalle nostre analisi – conclude Cartabellotta – emergono tre considerazioni. Innanzitutto l’entità della spesa out-of-pocket, seppur in lieve e costante aumento, sottostima le mancate tutele pubbliche perché viene arginata da fenomeni conseguenti alle difficoltà economiche delle famiglie: la limitazione delle spese per la salute, l’indisponibilità economica temporanea e la rinuncia alle cure. In secondo luogo, questi fenomeni sono molto più frequenti nelle regioni del Mezzogiorno, proprio quelle dove l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza è inadeguata: di conseguenza, l’insufficiente offerta pubblica di servizi sanitari associata alla minore capacità di spesa delle famiglie del Sud condiziona negativamente lo stato di salute e l’aspettativa di vita alla nascita, un indicatore che vede tutte le Regioni del Mezzogiorno al di sotto della media nazionale. Infine, lo status di povertà assoluta che coinvolge oggi più di due milioni di famiglie richiede urgenti politiche di contrasto alla povertà, non solo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutte le persone, ma anche perché le diseguaglianze sociali nell’accesso alle cure e l’impossibilità di far fronte ai bisogni di salute con risorse proprie rischiano di compromettere la salute e la vita dei più poveri, in particolare nel Mezzogiorno».
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