di Alessandro Luzi
‘Una rondine non fa primavera’ recita il noto detto popolare (ormai ripetuto fino alla noia). Significa allora che il fatto è isolato e non fa statistica. È un’eccezione circoscritta in sé stessa che non racconta nulla di un determinato contesto. Ecco, non si può dire lo stesso per gli episodi di violenza nel centro di Porto San Giorgio. Ormai sono sempre più frequenti e spesso riempiono le pagine della cronaca locale. E fanno ancora più clamore quando si verificano nei momenti in cui la zona è più frequentata, proprio come è accaduto nel weekend appena trascorso. Il cartellone di eventi per festeggiare il Santo Patrono ha portato nel centro cittadino tanti giovani e non solo. Complice anche il bel tempo e le temperature miti di sabato e domenica, via Oberdan, il lungomare e piazza Matteotti sono state letteralmente prese d’assalto. Tutto bello se non fosse che, come una sferzata d’aria gelida in una splendida giornata di primavera, il weekend è stato macchiato da un pestaggio e un atto vandalico che avrebbe potuto avere conseguenze peggiori.
Andiamo con ordine. Sabato notte un giovane è stato inseguito da un gruppetto di coetanei. Per scampare all’aggressione, il ragazzo si è rifugiato all’interno di un chalet del lungomare centro. Gli altri, rimasti all’esterno della struttura, hanno iniziato a scagliarsi con calci e pugni contro le porte, infrangendo così il vetro della veranda. Poi all’arrivo dei carabinieri sono se la sono data a gambe. Invece domenica pomeriggio, intorno alle 19 al parcheggio di viale della Vittoria all’altezza dell’arena Europa, un uomo è stato letteralmente picchiato a sangue sempre da un gruppetto di giovanissimi. Inutile poi andare indietro nei mesi, quando delle scorribande di ragazzi avevano messo a ferro e fuoco alcune vie del centro. Episodi da “I guerrieri della notte”. Qui però non c’è nulla di eroico o di adrenalinico come nel noto film. A scontrarsi non sono bande di giovani ma dei piccoli gruppi di adolescenti o ragazzi che si scagliano contro i passanti senza alcun motivo, se non quello di provocare per cercare la lite. Più che la pellicola di Walter Hill piuttosto ricorda ‘Arancia Meccanica’.
Questi episodi, più rari durante l’inverno, più frequenti in estate, sono diventati ormai una costante. Sale allora la paura e la rabbia tra i residenti: «La situazione è diventata insostenibile – si lamentano -. Quei ragazzi sono sempre gli stessi e si divertono a provocare i passanti. Andare avanti così non è possibile». Accanto ai residenti, anche i proprietari degli chalet certamente non dormono sonni tranquilli. E la stagione estiva non è ancora iniziata. Gli interventi repressivi delle forze dell’ordine sono sicuramente uno strumento efficace ma non basta. Una volta sedata una rissa ne scoppia un’altra a pochi passi e poi un’altra il weekend successivo. Le cronache raccontano questo.
A esprimersi su quanto accaduto è stato anche il primo cittadino, Valerio Vesprini: «Noi sindaci abbiamo le mani legate. Quello che posso dire è che aumenteremo le telecamere e verranno potenziati i passaggi delle forze dell’ordine che già monitorano la zona. In quel parcheggio nei pressi dell’Arena Europa, sono previsti ampliamenti della video sorveglianza. E’ una zona attenzionata, sia dai vigili della polizia municipale che dalle Forze dell’ordine». Sulla stessa linea è l’assessore Marco Tombolini. Bene l’aumento dei controlli e l’installazione delle telecamere ma non sono deterrenti. Il fenomeno rimane, magari i ragazzi si sposteranno in un’altra zona. Infatti questi episodi non riguardano solo Porto San Giorgio. Ma i sindaci, e qui vale un discorso generale non certamente circoscritto alla sola Porto San Giorgio, hanno davvero le mani legate? Se si parla di sicurezza probabilmente sì. C’è chi invita, per usare un eufemismo, al “pugno di ferro”, alla repressione di qualsiasi crimine o illecito con la forza. E c’è chi invece si domanda quanto spendono i Comuni per le politiche giovanili? Cosa offrono di stimolante ai ragazzi oltre agli eventi? Come vengono gestiti gli spazi urbani? Ecco, qui un amministratore può fare la sua parte per contenere episodi di violenza. Accanto alla repressione servono idee e progetti. Quando si parla di giovani, la prima cosa che viene in mente alla politica è l’organizzazione di eventi. Per lo svago già ci sono i locali. Piuttosto le amministrazioni sono chiamate a pensare a progetti e iniziative, magari in collaborazione con le scuole o le società sportive o le associazioni del territorio, per togliere i ragazzi dalla strada o da contesti sociali difficili. Va considerato il presupposto che nessuno nasce violento ma ci diventa perché, magari, le alternative che ha conosciuto (se le ha conosciute) erano meno interessanti. Sui social addirittura sono impazzati i commenti per chiedere metodi di repressione squadristi. Oltre che illegali, servono davvero? A ognuno la sua idea. Di certo, per ridurre questi episodi serve più che mai la politica (altro che mani legate). Ha tutte le facoltà di intervenire in un contesto sociale e, forse anche la responsabilità, insieme a scuola e famiglia, di dimostrare ai giovani che la violenza è noiosa rispetto ad altre attività.
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