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Giovani, violenza e crimini. P.S.Giorgio terreno di scontro: l’esasperazione e la rabbia crescono in attesa di provvedimenti davvero risolutivi

CRIMINALITA' - La costa bersagliata da reati che, spesso e volentieri, scuotono l'opinione pubblica. Ultimi in ordine di tempo la rissa e i colpi di pistola esplosi sabato scorso sul lungomare Gramsci. I cittadini chiedono risposte risolutive alle istituzioni, la politica in affanno e monta la rabbia tra commercianti e residenti per una situazione che non è affatto semplice da arginare

Una rissa, colpi di pistola (una semiautomatica 765 per la precisione), un ferito lieve. Il fuggi fuggi su un lungomare pieno di gente alle 23,45 di un sabato sera di inizio estate. Ed è subito clamore, anche se qualcuno (ogni opinione è lecita) preferirebbe toni molto più contenuti per evitare ripercussioni negative sull’immagine della città. Fatto sta che se ne parla, si discute dell’episodio che, soprattutto, dovrebbe far riflettere. Anzi no, i tempi  della riflessione sono bell’e superati ormai. La novità dov’è? Non si dica che è un fulmine a ciel sereno. La lista di episodi criminosi in città è già lunga, troppo. Basti citare gli accoltellamenti (come quello ricordato dalla mamma di un giovane ferito lo scorso luglio, che da un anno a questa parte non ha avuto le risposte che attendeva e che ora lancia un Comitato di Mamme per la sicurezza dei loro figli) o, in tempi più recenti, l’aggressione subìta da un residente nel parcheggio di viale della Vittoria. Sono fatti acclarati. Non stiamo a citarne altri ben noti altrimenti la lista sarebbe davvero lunga. Ma, costume tutto italiano, i toni si fanno veementi, perentori, roboanti solo in occasione del reato del momento. Poi, da lì a qualche ora, forse giorno, si torna nell’apatico silenzio quando invece il problema esiste e persiste. La politica promette il pugno di ferro pur non potendo vestire nemmeno una “cotta di maglia” dinanzi ai continui affronti della malamovida, si susseguono riunioni e summit che partoriscono “potenziamenti di controlli”. Si dichiara guerra al crimine senza eserciti. E poi crimine…ancor più grave è che, stando agli scambi di informazioni tra addetti ai lavori, a tenere sotto scacco la città sarebbero “sempre i soliti”, ovvero un gruppo di ragazzi, quasi tutti nordafricani, controllati e ricontrollati. Le forze dell’ordine sanno benissimo chi sono.

E poi c’è lo spaccio, quel fenomeno criminoso che da sempre serpeggia in città e che adesso oltre che sociale, sta diventando un problema anche di ordine pubblico. Si sa: la città è una “buona piazza”, da sempre circolano hashish, marijuana, ma anche cocaina, eroina, pasticche e droghe sintetiche. E allora? Anche qui il nulla, o quasi. Gli attori sociali lavorano per strappare i giovani dal mondo della droga, ma la missione non sembra dare grossi risultati. Le forze dell’ordine fanno i controlli, ma anche quelli non sembrano certo intimorire più di tanto i ragazzi e i loro coetanei spacciatori. La politica guarda. E l’appello a pene severe, esemplari, è un mantra che ormai riecheggia da anni. Intanto, tornando a casa nostra, il tragitto dal lungomare alla battigia per consumare la dose appena acquistata diventa un’autostrada. Sì sulla battigia, per la quale sono state scritte ordinanze di divieto di accesso nelle ore notturne, dove si era promesso (ma abortito praticamente subito dopo) un pattugliamento by night, e che i ragazzi, come successo sabato notte, sanno essere una via di fuga ottimale.

Certamente in questo quadretto non certo idilliaco, il “maranza” di turno, la baby gang, (li si chiami come meglio si crede) sguazza, anzi forse il dover far sentire la sua presenza diventa quasi una strategia, deridere o sbeffeggiare la “divisa” di turno rientra in uno schema ben preciso: in quella logica  significa mostrare controllo del territorio, significa gridare alla piazza di avere potere anche dinanzi alle forze dell’ordine che ci mettono anima e cuore ma che, allo stesso tempo, sanno bene, inutile negarlo, che l’opinione pubblica conta anche il pelo, la misura delle manette, ed è sempre pronta a sfoderare la telecamera di un telefonino. E allora in qualcuno la tentazione (fortunatamente a questo per ora ci si ferma) di limitarsi all’ordinario è lecito pensare che frulli in testa. E qualcun altro, sempre in divisa, attende rinforzi (perché servono le truppe), una speranza, un sogno che si va affievolendo. Non dimentichiamoci poi che la sfrontatezza dilaga e non è quasi più una notizia che le forze dell’ordine vengano aggredite, accerchiate, prese di mira. Il prefetto chiama sistematicamente i vertici delle forze dell’ordine e i sindaci all’adunata, al comitato ordine e sicurezza ma gli organici non sono adeguati, da anni si chiedono più poliziotti e carabinieri per il Fermano…lettera morta. L’iniezione di divise sul territorio arriva sempre su richiesta del questore (vedasi i reparti prevenzione crimine che provengono da fuori regione per poi ripartire) o del colonnello dei carabinieri (vedasi il battaglione). Ma sono interventi spot, seppur relativamente frequenti. Giocoforza non possono fare rima con la parola presidio. Che i casi “Porto San Giorgio” e “Porto Sant’Elpidio” siano conseguenza del giro di vite imposto su Lido Tre Archi? Difficile certificarlo. E se anzi ci fosse una qualche correlazione tra la casa madre e le propaggini territoriali? Materia per gli inquirenti. Guerra tra bande, tra opposte fazioni, ritorsioni, controlli delle piazze di spaccio? Anche questa, materia per gli investigatori. Alla gente comune interessa la sicurezza, sia quella reale che quella percepita.

E poi ci sono i sindaci: dichiarazioni muscolari. Ma poi? Si sa che un amministratore comunale può ben poco davanti alla criminalità diffusa, e che ha certamente cambiato volto e modus operandi in questi ultimi anni: i primi cittadini hanno in mano lo strumento dell’ordinanza sulla spiaggia (ma poi chi dovrebbe, e soprattutto come, farla rispettare? Chi si mette a pattugliare la spiaggia se mancano divise già per la città? Gli operatori balneari, nel loro piccolo,  provano a farlo ma non hanno titolo per intervenire, e a volte hanno anche rischiato grosso per tutelare le loro strutture da atti vandalici). Si pensa alla chiusura di qualche locale “a rischio”, un terreno minato anche perché spesso chi è dietro a un bancone non ha grosse responsabilità se non quella eventuale di servire alcolici a minori (questo è un altro bel problema) o di segnalare situazioni strane (ma il timore di subirne le ritorsioni è umanamente comprensibile). E poi l’ordinanza di chiusura (come avvenuto a Porto Sant’Elpidio dopo la morte del giovane Jeddi Osama) spesso arriva per mano del questore che, però, non può firmare “alla cieca” (servono uno storico e dati concreti che la giustifichino, altrimenti diventa uno provvedimento impugnabile da un qualsiasi avvocato). Ma a monte la domanda è un’altra: la chiusura (temporanea) è veramente uno strumento risolutivo o contribuisce solo a una migrazione di qualche giorno del fenomeno criminoso? Ci sono gli orari  di chiusura dei locali su cui un sindaco può lavorare ma anche in questo caso si rischia di limitare il lavoro di tutti per presunte responsabilità solo di qualcuno o per fatti che non sono direttamente imputabili al pubblico esercente di turno. Da ultimo, tutti ricordano le note ordinanze sulla limitazione nella vendita e dell’asporto di alcolici. Quante ne sono state firmate in questi anni, non si contano nemmeno più. La plastica al posto del vetro, vietato uscire dai locali con la bottiglia. E che si è risolto? Nulla. Si pensa davvero di combattere la criminalità a colpi di “restrizioni in pvc”?

Serve altro, ben altro. Allora, in questo scenario sconfortante, per non dire di peggio, è lecito pensare che il sistema Stato non sia più al passo con i tempi, che non ha strumenti e mezzi per fronteggiare la deriva criminale, a qualsiasi livello. Il tutto mentre per commercianti, residenti, mamme e neonati comitati, la misura è colma. La gente vuole risposte, i cittadini sono pronti ad andarsele a cercare e a prendere da soli (vedasi quelli scesi in strada a Porto Sant’Elpidio, torce e bastoni in mano, per fronteggiare i furti in appartamento con le istituzioni corse ai ripari cercando di riportare le azioni dei residenti nell’alveo della legalità con il controllo del vicinato). C’è poi l’opzione sicurezza e vigilanza privata che restano una difesa, una risposta del privato per un problema che è comunque di carattere sociale, dunque pubblico. Insomma siamo dinanzi a un braccio di ferro tra istituzioni e criminalità in cui però le regole del gioco sono diverse per i due competitor, in cui sono saltati tutti gli schemi e in cui è facile intuire chi è che dovrebbe adeguarsi e mettersi al passo con i tempi. O meglio, con “mala tempora”.

g.f.

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