facebook twitter rss

«Intelligenza artificiale e coscienza»

IL PUNTO - Illustri studiosi sostengono che l'intelligenza artificiale implica -così significandolo- il suo essere sempre più vicina all'ens dotato di coscienza, vale a dire l'uomo. A ben riflettere, dalla notte dei tempi la somiglianza turba più della alterità

Giuseppe Fedeli

di Giuseppe Fedeli *

Intelligenza artificiale e coscienza

«L’IA ha due obiettivi principali. Un obiettivo è tecnologico: usare i computer per fare cose utili (qualche volta impiegando metodi molto diversi da quelli usati dalle nostre menti). L’altro obiettivo è scientifico: usare i concetti e i modelli dell’IA per contribuire a rispondere a interrogativi che riguardo gli esseri umani e altri esseri viventi» – Margaret Boden

Illustri studiosi sostengono che l’intelligenza artificiale implica -così significandolo- il suo essere sempre più vicina all’ens dotato di coscienza, vale a dire l’uomo. A ben riflettere, dalla notte dei tempi la somiglianza turba più della alterità.  Lo specchio che riflette la propria immagine si incrina in quella oscurità torbida dove scorrazzano bradi i fantasmi dell’inconscio. Scriveva la grande Emily Dickinson: nulla di più spaventoso, che incontrare la propria “immagine”, faccia a faccia il proprio Sé. L’alterità, invece, implica un gioco dialettico, una dialogica (o una maieutica, per riprendere il linguaggio di Socrate), in cui ci si confronta con l’altro-da-sé, stabilendo le sorti della partita o, più semplicemente, replicare alle altrui ragioni. Viceversa, guardare dentro se stessi spaventa perché, nelle più intime pieghe del nostro io, si acquattano spettri che sopravvivono alle macerie del tempo, che è “vietato” affrontare per non restarne vittime. Fantasmi che, tutt’al contrario, andrebbero affrontati poiché, una volta tolta loro la veste, si manifestano per quel che “realmente” sono: fantasmi (dal greco phainesthai, apparire, da cui  “phantasmata”), larve, visioni, parti della psiche. Sulla scia del pensiero di Jean Baudrillard, per cui “La questione dell’IA, sembrerebbe giocarsi sulla “singolarità” in quanto possibilità di azzeramento della distanza tra soggetto e mondo, ovvero, tra identità e alterità(…)”: il dato per cui la Intelligenza Artificiale entra in competizione con la coscienza -per quanto le “macchine” non saranno mai capaci di un pensiero pensante- spaventa l’uom,o proprio perché lo pone al cospetto di se stesso, mettendo a nudo le sue più oscure regioni, nelle loro luci radenti e nelle fosforescente dell’anima. Così, quando si guarda un soggetto che non ci “somiglia”, se ne evita lo sguardo perché, rispecchiandosi in lui, l'”inspiciens” rischia di  annegare in una luce accecante, nerissima: che va a perforare gli spazi più intimi, talvolta inconfessabili, dell’ego. A meno che l’alterità non sia “guardata” attraverso lo specchio di Narciso, il quale, irresistibilmente attratto dal suo ego/immagine, patì la medesima sorte. implodendo nel non senso (della morte).

* giudice


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




Gli articoli più letti