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Asili nido e iscrizione al nuovo albo professionale, perplessità e timori tra le educatrici fermane

FERMO - A protestare sono alcune educatrici che potrebbero vedersi costrette all’iscrizione in un albo professionale di cui non si conoscono né gli oneri, né le tutele che ne deriverebbero. 

di Matteo Achilli

Un vero e proprio caos che a settembre rischia di mettere a rischio il ritorno all’asilo nido di migliaia di bambini quello scaturito dalla legge 55 del 15 aprile 2024, con la quale il governo ha sancito definitivamente l’istituzione dell’albo degli educatori professionali socio-pedagogici e l’albo dei pedagogisti.

A lanciare l’allarme per primo è stato l’Anci, visto che gran parte del personale educativo degli asili nidi è spesso composto da diplomati, che non avrebbero quindi titolo per l’iscrizione e non potrebbero quindi esercitare la professione, mettendo in difficoltà Comuni ed enti gestori.  A protestare però sono anche alcune educatrici, che potrebbero vedersi costrette all’iscrizione in un albo professionale di cui non si conoscono né gli oneri, né le tutele che ne deriverebbero. 

«I termini per l’iscrizione all’albo sono stati fissati per il prossimo 6 agosto, in un momento in cui molte educatrici sono già in ferie, scatenando confusione e apprensione tra le lavoratrici – ci racconta Carla G, Licia D, Antonella T educatrici del nido d’infanzia comunale di Fermo – nonostante l’imminente scadenza, la suddetta legge non risulta ancora chiara né esplicita circa gli oneri che l’Ordine comporterà a carico dei professionisti, né circa gli eventuali e auspicabili privilegi e tutele. Vorremmo poi sottolineare alcune contraddizioni come il controsenso di una legge che ci obbliga all’appartenenza ad un albo al fine di poter svolgere la nostra professione, pur avendone già i requisiti (laurea o diploma con più di venti anni di esperienza a tempo indeterminato), pena l’esercizio abusivo della professione, o il conseguimento di crediti formativi a carico delle lavoratrici, quando la formazione è già obbligatoria e pertanto già facente parte dell’orario lavorativo.  E poi il fatto di non poter escludere che l’Ordine, una volta costituito, possa imporre ulteriori spese come, ad esempio, quelle legate ad assicurazioni particolari di tutela sul lavoro. Questa condizione sarebbe già gravosa per un dipendente pubblico, ma andrebbe ad intaccare ulteriormente tutta la categoria delle educatrici, anche quelle dei nidi privati e delle cooperative, già penalizzata da stipendi inadeguati rispetto alla responsabilità e all’impegno che tale lavoro richiede. Ci auguriamo che il ruolo che le educatrici rivestono non sia riconosciuto solo tramite l’istituzione di un albo, che al momento comporta solo oneri e nessun onore, ma tramite misure legislative volte al miglioramento delle condizioni economiche e contrattuali delle lavoratrici ed alla tutela degli interessi di chi al momento appartiene a categorie più deboli» .

 


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