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«Codici rossi in aumento. Donne più coraggiose nel segnalare le violenze» Il punto della divisione Anticrimine

FERMO - La dirigente Maria Raffaella Abbate: «Ammonimenti e codici rossi strumenti efficaci contro la violenza domestica. Segnalate questi episodi perchè i provvedimenti per tutelare le vittime sono efficaci»

di Alessandro Luzi

«In questo primo semestre del 2024 abbiamo registrato un incremento di codici rossi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Ad annunciarlo è la dirigente della divisione anticrimine, Maria Raffaella Abbate. Durante la conferenza di questa mattina alla questura di Fermo, Abbate ha fatto il punto sui provvedimenti relativi alla violenza di genere e all’interno delle mura domestiche.

«Abbiamo rilevato 42 casi di codici rossi, 37 ammonimenti di cui 31 emessi per violenza domestica e 6 per stalking – prosegue la dirigente -. Questo incremento da un lato è preoccupante ma dall’altro testimonia una maggiore consapevolezza delle donne. Evidentemente si sentono più tutelate dalle forze di polizia e dalla legislazione. Invece in tutta la penisola abbiamo assistito a una diminuzione del numero degli omicidi in ambito domestico. Sono 141, di cui 49 donne e 44 uccise in un contesto familiare». I numeri, quindi, dicono che è importante segnalare subito i fenomeni di violenza. Aspettare che la situazione degeneri è pericoloso.

Ad oggi gli strumenti del legislatore ci sono e iniziano a mostrare la loro efficacia. Ma quali sono nello specifico? «Per quanto riguarda i codici rossi, sono dei procedimenti penali per reati di violenza domestica – ha spiegato Abbate -. Questi comprendono anche lesioni, maltrattamenti, percosse e minacce verbali. Con il codice rosso c’è una pattuglia che interviene e poi si instaurano delle procedure penali accelerate». Quindi una volta che la polizia giudiziaria acquisisce la notizia del reato, la riferisce al pubblico ministero. Quest’ultimo, entro tre giorni, deve assumere informazioni dalla vittima su quanto accaduto. Con il codice rosso si aggravano le sanzioni già previste dal codice penale.

Se chi ha subìto violenza decide di ritirare la querela, il questore può emettere un ammonimento: una procedura di prevenzione amministrativa. «Per attivarlo è sufficiente una semplice segnalazione, non serve sporgere denuncia – ha puntualizzato la dirigente -. Il questore può emetterlo di sua iniziativa, senza una specifica richiesta da parte della vittima. Una volta violato, il reato è procedibile d’ufficio. L’ammonimento nei confronti dell’aggressore è perpetuo. Viene annullato solo se chi commette il reato certifica di aver effettuato un percorso riabilitativo». Il questore può emettere l’ammonimento solo quando non viene presentata una querela o quando questa viene ritirata e di conseguenza si archivia il procedimento penale. «Quindi alle vittime non viene richiesto il coraggio di denunciare – ha sottolineato Abbate -. Basta soltanto che raccontino le vessazioni subite. Gli strumenti per far sì che le forze di polizia intervengano rapidamente ci sono. Le donne hanno più garanzie. Ricordo che sono stati introdotti anche i reati “spia”. Per esempio quando durante una lite l’uomo compie dei gesti per intimorire la vittima, come scagliare un oggetto a terra o danneggiare la tv, il questore può far scattare l’ammonimento. Questo provvedimento è una grande conquista e non vale soltanto per gli uomini. Vengono emessi anche per i reati commessi dalle donne».

Si può pensare che queste situazioni avvengano in contesti economici e sociali difficili. «Non è così – ha affermato la dirigente -. Ci sono delle differenze di atteggiamento a seconda delle situazioni. Per esempio chi vive in condizioni economiche e sociali più agiate può essere più restio a denunciare. Tuttavia sono fatti che si verificano in qualsiasi contesto».


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