di Giuseppe Fedeli *
La polemica innescata dal match di boxe alle olimpiadi di Parigi: d(i)ritti e “rovesci”. Gli sport di combattimento alle Olimpiadi parigine continuano a far discutere. Dopo le polemiche riguardanti gli arbitraggi nei vari match, ora al centro della cronaca è finita l’ammissione ai Giochi di Imane Khelif (e Lin Yu-ting) nella boxe. È quanto scrivevano un po’ tutti i media alla vigilia dell’incontro tra la Khelif e Angela Carini, che ha tanto fatto discutere l’opinione pubblica, fino a creare un caso non soltanto mediatico, ma di rilevanza, come dire, “di genere”. Un’atleta, oggi donna (la pugile algerina Imane Khelif), esclusa in passato dai Mondiali di boxe, laddove a Parigi le è stato consentito di gareggiare. Netta, fra le tante, la posizione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Pina Castiello.
L’argomento non ha che fare con gli schieramenti, oggi tanto di moda, che inalberano il vessillo dell’lgbtq+ (pride), né con la tutela dei diritti delle donne; si tratta soltanto di regolamenti sportivi che, come tali, vanno rispettati, ma che dovrebbero obbedire a una logica (che riguarda anche il profilo etico) elementare, vale a dire la parità delle condizioni per così dire “di natura”.
In questo chiacchiericcio mediatico, che strumentalizza ad libitum una ideologia univocamente orientata, rendendola buona per ogni uso (e consumo), è veramente difficile esprimere un giudizio equilibrato. Potremmo stare qui a discutere per ore (veleni della disinformazione, propinati a piccole dosi, compresi) sui risvolti della vicenda, che vedono la platea divisa. Il fatto è che la risposta dovrebbe venire da chi è preposto a redigere, a riguardo delle varie discipline sportive, una normativa che metta scrupolosamente i puntini sulle ‘i’, attenta a disciplinare i punti di frizione. O, quantomeno, data la difficoltà dell’impegno, ci provi. Resta il fatto – è stato osservato da un quotidiano cattolico- che se una gara deve avere come fondamento l’equità tra i concorrenti, è da valutare come coniugare detta equità con l’inclusione.
* giudice
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