di Matteo Achilli
Ha messo i piedi sul tetto di una delle vette più imponenti e affascinanti del pianeta, il 28enne fermano Emanuele Santarelli, che lo scorso 16 agosto ha portato a termine l’impresa di raggiungere la vetta del Uhuru Peak, che con i suoi 5895 metri rappresenta la vetta del Kilimangiaro, montagna più alta del continente africano e tra le sette più imponenti del pianeta.
«Mia sorella sta lavorando qui in Tanzania, ho quindi colto l’occasione per venire a trovarla e visitare il paese. All’interno del nostro giro abbiamo inserito anche la scalata del Kilimangiaro. Si trattava della mia prima volta sopra un 5000m – racconta Santarelli – l’escursione doveva durare sette giorni con arrivo in vetta all’alba del sesto e due giorni pieni per la discesa. Mia sorella Prisca però è stata poco bene per via dell’altitudine, quindi la sera del quarto giorno ci siamo separati, avevamo un gruppo di supporto di 2 guide e 8 portatori, anche loro si sono separati. Dopo aver “dormito” nell’ultimo campo a 4700m, con la guida rimasta con me, siamo partiti nella notte tra il quarto e il quinto giorno alle 00:30 (16/8) e sono arrivato in vetta alle 5, dove sono rimasto solo due minuti, perché la temperatura si aggirava intorno ai -10 e la scarsità di ossigeno si faceva sentire. Abbiamo poi riunito i due gruppi durante la discesa».
Tanta preparazione, non solo fisica, ma anche psicologica, oltre all’aiuto di guide esperte, hanno permesso a Santarelli di portare a termine l’impresa. Archiviato il Kilimangiaro, Santarelli guarda già avanti ed alza ulteriormente l’asticella, puntando a superare quota 6.000m.
«Sicuramente serve una buona preparazione fisica, ma quello che fa veramente la differenza è un buon gruppo di supporto e guide esperte che conoscono bene la montagna. Abbiamo pensato di mollare quando Prisca si è sentita male, ma poi abbiamo valutato di avere le risorse sufficienti per dividerci. Bisogna sicuramente essere motivati per andare avanti, in un percorso così lungo la stanchezza e i problemi prima o poi si presentano. In vetta si è presi dalla stanchezza e dal freddo e si pensa solamente a come scendere, la consapevolezza di aver portato a termine un percorso difficile arriva più tardi – dichiara lo scalatore – ora la prossima sfida sarà quella di superare il muro dei 6.000m».
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