«Oramai sono otto gli anni trascorsi dal quel 24 agosto 2016 e, nel ricordo collettivo, nella memoria emergono i luoghi simbolo di quel tragico periodo che nel tempo ha svuotato la maggior parte dei piccoli paesi che rappresentavano il tessuto di quei territori. Solo la costanza del volontariato che, come tutti sanno, svolge una funzione culturale, è coscienza critica e punto di diffusione dei valori della tolleranza facendosi promotore, innanzitutto con la propria testimonianza, di stili di vita caratterizzati dal senso della responsabilità, dell’accoglienza, della solidarietà e della giustizia sociale ha permesso all’Avis “Sibillini” di continuare ad aiutare chi necessita di sangue per sopravvivere e quindi vivere». E’ quanto rimarcano proprio dall’Avis dei Sibillini.
«Otto anni di donazioni in un container, aggravato dal periodo pandemico, non hanno ridotto la risposta degli avisini dei “sibillini” che, vogliamo sempre ricordarlo, provengono da circa 11 Comuni dell’area picena e fermana percorrendo anche venti chilometri per raggiungere il centro di raccolta amandolese. Per questo non ci stancheremo mai di ringraziarli anche a nome di chi riesce a sopravvivere grazie a questa catena della vita. Dall’inizio dell’anno hanno chiesto di iniziare il percorso ben venti giovani. Cogliamo l’occasione per ringraziare la dottoressa Giuseppina Siracusa, direttore del Centro Trasfusionale di Fermo, che fin dall’inizio ha creduto in questo territorio consentendo di accreditare il container per continuare nell’attività tipica dell’Avis. Non possiamo dimenticare tutto il personale infermieristico e logistico che in tutto questo tempo, sisma compreso, non ha fatto mancare professionalità e amicizia. Colloquio, educazione, e fiducia nelle istituzioni aziendali – rimarcano dall’Avis dei Sibillini – hanno permesso di raggiungere l’obiettivo di poter ormai abbandonare il container entro quest’ultimo periodo dell’anno per essere ospitati nel nuovo ospedale dei Sibillini di Amandola. Infine, il ricordo e il ringraziamento, mai diminuito, va all’Avis provinciale di Vibo Valentia che fin da subito ci ha messo a disposizione un’autoemoteca perché la catena della solidarietà non fosse interrotta».
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