di Giorgio Fedeli
Lo scorso 18 luglio titolavamo «Quale futuro per quello “scheletro” a Capodarco?». Questo infatti è l’interrogativo che da tempo attanaglia alcuni residenti della frazione fermana. E l’oggetto del quesito è un immobile, in condizioni di stallo da anni, che si trova in via dell’Agricoltura, e per il quale forse si intravede una luce alla fine del tunnel. Sì perché in Comune è arrivata, sembra solo verbalmente dunque ufficiosamente, una proposta di donazione, da parte degli attuali proprietari, proprio all’ente di via Mazzini. Ma c’è un “ma”. E a spiegarlo è direttamente il sindaco Paolo Calcinaro: «Ho sentito anche io questa voce ma francamente ancora non c’è stato alcun approfondimento al riguardo anche perché se questo sta a significare passare il cerino al Comune…». Ossia? «Potrebbe esserci un’utilità per l’ente, e quindi per la collettività ma prima di esprimerci vorremmo capire a quanto ammonta l’impegno per dare a quella struttura una funzione pubblica».
Un deposito? Un magazzino? «In effetti lì non c’ abitabilità. Prima di intavolare un qualsiasi ragionamento non possiamo prescindere da una valutazione di quanto il Comune dovrebbe investire. In altri termini se arriva la donazione ma l’ente deve farsi carico, ad esempio, di 500mila euro per sistemarlo e renderlo fruibile, capite bene che è un’operazione non fattibile. Ergo chi lo ha in proprietà dovrà capire a cosa destinarlo, cosa farci». L’immobile è allo stato “embrionale”. Si vedono solo le colonne portanti e il tetto. Per di più vi è un traliccio a pochi metri. E probabilmente proprio quel traliccio è stata la causa dello stop sui lavori. Resta il fatto che lo “scheletro” non è sicuramente un bello spettacolo per chi passa da quelle parti. E sono comprensibili i malumori dei residenti. Altre strade non sembrano al momento percorribile. Il Comune, infatti, sul fronte della coattività può ben poco, anzi nulla. Come spiegato dall’assessore Maria Antonietta Di Felice già ai tempi del primo articolo: «L’ente comunale non può nulla per sbloccare la situazione».
Una licenza a costruire c’è, o meglio c’era. E, dopo anni, è verosimile credere che sia scaduta «e quando un permesso a costruire scade, scade. A quel punto il privato può presentare una nuova richiesta – aggiunge l’assessore – ma a me non ne risultano». Se si tratta di ultimare delle finiture può bastare anche una “Scia”. Ma di certo il Comune, in casi come questo, non ha discrezione o facoltà per emettere alcun atto impositivo nei confronti di un privato. Può invece far garantire lo stato in sicurezza dei luoghi, come con ordinanze contingibili e urgenti. Non resta, dunque, che rimettersi alla volontà del privato o, in alternativa, se di donazione si tratterà, capire se sia conveniente per il Comune.
«Quale futuro per quello “scheletro” a Capodarco?» Lo stand by e le mani legate del Comune
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