di Maikol Di Stefano
Porto Sant’Elpidio apre la propria “stagione teatrale” col sold out di Federico Buffa. Una partenza a colpo sicuro quella di ieri sera al teatro delle Api, dove il noto storyteller sportivo italiano ha portato sul palco il racconto che l’ha consacrato al grande pubblico: la storia di Michael Jordan. Un viaggio negli States, passando per quattro decenni dagli anni ’60, fino alla fine degli anni ’90 attraverso la storia del più grande giocatore di basketball della storia, ma forse anche dell’icona sportiva più grande che il mondo abbia incontrato.
“Number 23, vita e splendori di Michael Jordan” il nome dello show che ha visto sul palco oltre a Buffa, Alessandro Nidi al piano (nome con cui Buffa viene spesso indicato), che seduto di spalle al pubblico ha accompagnato il racconto sulla vita di MJ spaziando dal jazz al “Nel blu dipinto di blu” di Modugno. La voglia di riscatto, l’ossessione per la vittoria e il bisogno spasmodico di essere il migliore di tutti. Questi i lati della vita del numero 23 più famoso del mondo che sono passati attraverso la ricostruzione di Buffa.
«Stiamo parlando di un uomo che ha reso iconico un numero, il quale prima di lui non aveva gran valore. Quando scelse il 23, Michael lo prese perché era il numero più vicino alla metà esatta del 45 numero indossato dal fratello – spiega Buffa in un passaggio – Da quel momento in poi dietro al 23 nasce qualcosa di mistico. Immaginate che prima non c’era la tecnologia di adesso, quando si scendeva in campo se l’allenatore avversario vedeva sul parquet un giocatore opposto indossare il 23 diceva: questo lo marchiamo con più attenzione. Michael ha cambiato per sempre l’iconicità del numero 23 anche in altri sport, abbiamo derby di Milano con al centro del campo Ambrosini e Materazzi svettare e lottare 23 contro 23».
Uno tra i più grandi sportivi della storia, che ha vissuto anche momenti bui enormi. «Tra 0 e i 13 anni, Michael è scampato alla morte non meno di venti volte, ma non si esclude siano state di più. – Racconta con grande flow Buffa – La prima volta che ha lasciato il basket è perché due giorni prima ha seppellito suo padre, per passare dal basket al baseball, lì indossa il numero 45 quello del fratello. Non è il suo sport, ma in una partita, prima di essere spedito nella lega secondaria, gioca un grande match e vince. Chi lo conosce dice che era più felice lì di mille altre vittorie e non fatico a credere sia vero».
Il tutto fino al momento iconico, alla giocata che ha reso leggenda la carriera di MJ. Quel tiro sulla sirena, in gara 6 contro Utah nell’anno del “last dance” nelle Finals 1998. In realtà la carriera di Jordan sarebbe proseguita, ma quegli anni successivi sono stati rimossi dall’immaginario di tutti perché come in ogni perfetta “leggenda” il momento più iconico è anche il finale perfetto.
Un rapporto quello tra Buffa e le Marche che va oltre lo spettacolo, l’avvocato infatti è rimasto in sala tra i seggiolini prima dell’inizio dello show. Si è donato per foto ricordo anche dopo, tornando sul palco anche a sipario chiuso. Continuando nel post con una cena in città, da Richard’s Bbq (dove si è anche spostato in zona spillatura) insieme al sindaco Massimiliano Ciarpella e ad alcuni esponenti della giunta. «Siamo felici di aver iniziato questa stagione con un numero uno come Federico» il commento del primo cittadino elpidiense, il quale poi ha omaggiato lo stesso Buffa con una targa ricordo della città.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati